Da “Il
fantasma tedesco che bussa a casa nostra” di Ezio Mauro, sul quotidiano la
Repubblica del 6 di settembre 2016: (…). Guerre, fame, carestie e povertà
mettono in marcia e per mare milioni di persone che cercano una sponda di
libertà dove appoggiare il futuro dei loro figli. L'Europa è la terra promessa
naturale, geograficamente ma anche politicamente perché è un insieme di Paesi
cristiani (la fraternità) che credono nella democrazia dei diritti
(l'uguaglianza) e nella democrazia delle istituzioni (la libertà). Investita da
quest'onda migratoria l'Europa non riesce a conciliare i suoi doveri morali di
accoglienza con i suoi doveri politici, la sicurezza da garantire ai cittadini.
Se aggiungiamo la sfida di morte che il terrorismo islamista ha dichiarato alla
democrazia europea, con omicidi rituali nel cuore delle nostre città,
comprendiamo facilmente che il riflesso d'insicurezza è ai livelli di guardia.
Se pensiamo che la più lunga crisi economica del secolo si sta trasformando in
una crisi permanente del lavoro, concludiamo che la misura è colma. Sia
l'elemento simbolico - fortissimo - sia l'elemento reale, concreto, di queste
tre crisi congiunte si scaricano soprattutto sulla fascia più debole della
nostra popolazione. Gli anziani, le persone sole che vivono nei piccoli centri
e con l'immigrazione si trovano sotto casa un mondo rovesciato che non avevano
mai avuto modo di conoscere, e temono di perdere il filo identitario di
esperienze condivise, smarrendosi in un'incertezza di comunità che li rende
egoisti di futuro, esclusivi nel lavoro, gelosi del welfare, nato come
strumento di solidarietà e oggi rovesciato nel suo contrario. Questi soggetti
infragiliti dalle tre crisi tornano come all'inizio dello Stato moderno a
chiedere protezione al potere pubblico, pronti a barattare quote di libertà (i
muri che escludono, ma ci rinchiudono) in cambio di quote di sicurezza. Il
problema è che la loro libertà in vendita non vale nulla al fixing degli spazi
sovranazionali dove corrono i flussi delle informazioni e della finanza, e dove
il potere non è un'entità afferrabile, riconoscibile e riconosciuta con cui
negoziare. E il buon vecchio Stato nazionale, se anche fosse interessato allo
scambio, non potrebbe garantire la sicurezza che gli viene richiesta, perché le
tre crisi superano le sue dimensioni e la sua potestà di governance. La domanda
- politica - di tutela e rassicurazione rimane dunque senza risposta. Ed ecco
nello spazio vuoto il sentimento generale che oggi unifica l'Europa: la
sensazione che il mondo sia fuori controllo, che i fenomeni siano più forti di
chi li dovrebbe governare, ormai autonomi, che la politica e le istituzioni
siano fuori gioco.
Tutto questo aumenta la nuova solitudine repubblicana in cui
vive il cittadino che non si sente più tale, perché avverte che per i suoi interessi
vitali la posta politica in gioco è comunque bassa, le offerte promettono ciò
che non possono oggettivamente mantenere. È uno smarrimento democratico che fa
saltare il vincolo di interdipendenza tra il singolo e il potere pubblico,
perché non si cercano più risposte collettive a problemi ormai vissuti come
individuali. Lo Stato e il cittadino diventano così la nuova coppia malata
della post-democrazia, costretti a vivere insieme ma indifferenti l'uno
all'altro, con ogni passione civile ormai spenta. Tutto questo dovrebbe creare
un problema enorme alla sinistra, visto che riguarda la fascia più debole della
popolazione. Dovrebbe creare un problema gigantesco a tutte le forze
democratiche, visto che si erode sotto i nostri occhi il perimetro della rappresentanza,
su cui si fonda proprio la democrazia nella forma che abbiamo scelto. E invece,
nella consunzione dei partiti, delle ideologie e delle culture, una sola
presenza politica resiste in quel mondo smarrito e infragilito di
post-cittadini che cercano tutela e risposta ai loro timori. È il populismo
senza storia e senza cultura che si fa semplice specchio delle paure sparse,
alimentandole invece di risolverle, inventando soluzioni paramilitari (muri,
affondamenti, respingimenti, marchi, filo spinato) che già nella concezione
ribadiscono e fissano psicologicamente lo stato d'assedio che vorrebbero
risolvere. Sono risposte primitive e propagandistiche a problemi complessi.
Parlano ad una paura spesso irrazionale, però esasperata, che non vede più un "conduttore"
politico moderato e si rivolge a quel che trova, comprese le incitazioni a
seguire gli istinti più bassi, lanciate dalle forze xenofobe di destra e della
pseudosinistra. (…). Chiamiamo le cose con il loro nome: masse popolari
fuoriescono dal "sistema" dello Stato-benessere, dal
"sistema" dell'economia sociale di mercato, dal "sistema"
della democrazia occidentale articolata su una destra e una sinistra, dai nomi
diversi ma dal carattere condiviso, dal "sistema" dei conflitti
sociali auto-controllati. Questa è la novità, il problema che abbiamo davanti.
Per ora, il populismo-specchio trasforma quel sentimento di smarrimento di
cittadinanza in un risentimento da cui trarre semplici e proficui dividendi
elettorali: non in politica, perché non ha gli strumenti culturali per farlo, e
perché vive nel presente titanico di una rappresentazione dannata, a cui per
definizione non c'è futuro, se non il crollo. È la negazione della politica, il
moderno nichilismo. Ma il moderno spazio per una vera politica di governo
europeo dell'emergenza esiste, per garantire l'accoglienza ai profughi e la
sicurezza ai cittadini: ricostruire il sistema coniugando i diritti degli
ultimi con quelli dei penultimi.
Nessun commento:
Posta un commento