Da “Giuda e l'autonomia della politica” di Eugenio Scalfari, sul
quotidiano la Repubblica del 6 di settembre dell’anno 2012: (…).
…due versi d'un sonetto di Gioacchino Belli, scritto a difesa degli ebrei
accusati da secoli di deicidio: "Se Cristo era venuto pè morì /
quarcheduno l'aveva da ammazzà". Se la nostra vita è dominata dal destino,
cioè è già scritta, l'enigma rappresentato da Giuda è irrisolvibile. O meglio,
sancisce la non punibilità e l'irrilevanza delle opere ai fini della salvezza
nel regno dei cieli. Dio ha già deciso tutto prima ancora che il tutto avvenga;
ha deciso anche come dispensare la grazia e sarà la grazia a consentire alle
anime prescelte di bearsi nella luce del Signore. È vero che insieme alla
grazia riservata ai prescelti il Dio cristiano ha dato a tutti la libertà di
decidere i propri comportamenti. Dio, ovviamente, sa già quale sarà la
decisione, ma consente che i figli di Adamo la prendano assumendone la
responsabilità. Attenzione: non Adamo. Adamo aveva ricevuto l'ordine di non
mangiare i frutti dell'albero. La libertà di scelta non l'aveva. Trasgredì
cedendo alla tentazione di Eva e del serpente. Fu scacciato dagli angeli e
balzò nella storia insieme alla sua compagna; da meraviglioso animale diventò
persona dotata di pensiero con tutto che ne seguì a cominciare da Caino e
Abele. (…). Allora: Adamo come Giuda, anzi Giuda come Adamo? Due prescelti a
farsi strumento necessario del disegno divino? Chi mai può dire - tra quanti
credono nel Dio cristiano - se quei prescelti sono stati puniti o accolti nella
grazia del Dio misericordioso? Adamo sicuramente sì: il Figlio di Dio diventa
figlio dell'uomo proprio per assumere su di sé il peccato commesso all'origine
dei tempi e ripristinare l'alleanza di Dio con le sue creature. A condizione
che cessino di peccare. In che modo possono adempiere a questa condizione? Lo
dicono i Vangeli che raccontano il discorso della Montagna: scegliendo la
"carità" come canone primario della nuova morale. La carità, cioè
l'amore del prossimo, l'amore per gli altri è il solo modo d'amare il Dio
cristiano infinitamente misericordioso. Ma Giuda non ha amore per gli altri.
Giuda ha una visione "politica", appartiene ad una setta
nazionalista, vuole cacciare i Romani, disprezza i membri del Sinedrio, spera
che Gesù si metta alla testa di quel movimento. Quando vede che il presunto
Messia persegue tutt'altra strada, allora lo tradisce. Non c'è carità
nell'animo politico di Giuda. Quindi è punibile e forse punito. (…).
La visione
politica introduce una variante di grande importanza e cioè l'autonomia della
politica e qui il discorso riguarda sia i credenti che i non credenti. Per
questi ultimi Giuda ha tradito un rapporto di amicizia profonda e quindi è
moralmente squalificabile; ma non ha commesso alcun reato poiché ha denunciato
alle autorità religiose e civili un sovversivo che sta turbando la pace
pubblica. Da questo punto di vista dunque Giuda è una sorta di
"pentito" che accusa un terrorista. Ma qual è invece la posizione dei
teorici dell'autonomia della politica? La politica, per i pensatori che hanno
fondato la filosofia come scienza del sapere, è e dev'essere al vertice
dell'attività umana perché riguarda le regole di convivenza della società,
quello che si dice il bene comune. (…). …la politica ha come fine dichiarato la
conquista del potere per attuare quella visione del bene comune. Alla lontana
(molto alla lontana) il bene comune ricorda la "carità", cioè l'amore
per gli altri; ma la carità non ha bisogno del potere, è e dev'essere il
contenuto d'una vita. Il bene comune invece ha la conquista del potere come obiettivo
irrinunciabile. (…). Da questo punto di vista Giuda non è un traditore e
neppure un "pentito" che denuncia un sovversivo, bensì uno
"zelota" che ha una visione precisa di quello che per la sua parte è
il bene comune del popolo di Israele, così come gli "esseni" avevano
una loro visione e le tante altre sette che in quell'epoca di presagi
pullulavano in Palestina. Giudicato come combattente politico, nelle azioni di
Giuda non c'è nulla di condannevole anche perché non è affatto sicuro che
volesse la condanna a morte del "maestro". Voleva probabilmente che
scoppiasse uno scandalo, che il processo che gli fu intentato mobilitasse le
varie sette politiche; che si formasse un'opinione pubblica, che in parte
infatti si formò nel momento di scegliere la libertà tra Gesù e Barabba. Da
notare che il Sinedrio non voleva processare Gesù, tanto meno lo voleva Erode e
neppure Pilato. Alla fine fu il procuratore romano a rompere gli indugi: lo
interrogò, lo fece suppliziare, lo sottopose al referendum popolare e invitò
(ordinò) al Sinedrio di confermare la condanna. Così avvenne e furono i
legionari romani ad eseguirla. Il potere romano in sostanza ne uscì rafforzato.
(…). …la condanna di Gesù fu per lo zelota Giuda un fiasco colossale. Forse
proprio per questo si impiccò, se le fonti che lo raccontano dicono il vero.
(…). …un Giuda, cioè un potenziale traditore, c'è probabilmente in ciascuno di
noi, è il nostro "doppio" che contrasta l'autenticità della persona.
(…). …ciascuno di noi ama se stesso ed è perfettamente fisiologico che ciò
avvenga, ma ama anche gli altri, il suo prossimo. La nostra vita individuale e
sociale nasce dalla continua dialettica tra queste due polarità. Oggi stiamo
attraversando una fase in cui l'amore di sé predomina e le regole del bene
comune giacciono dimenticate in qualche sudicio scantinato. (…).
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