Oggi è come lasciare il sentiero
sicuro ed agevole tante volte fatto e rifatto. È come percorrere un sentiero
diverso e nuovo e scoprire che esso, percorrendolo, porta verso luoghi più
sicuri e più ameni. È che oggi lascio le cose lette e scritte di sempre per un
percorso nuovo. Non della “casta” oggi, non dell’”antipolitica”
oggi, non oggi delle solite orrende maschere di una tragi-commedia
della quale si sentirebbe il bisogno di disfarsene per sempre. È che sull’ultimo
numero del settimanale “Il Venerdì di repubblica” – del 5 di luglio - ho
rinvenuto un articolo di grandissimo interesse. Il titolo di esso mi è servito
per il titolo del post di oggi: “Piccolissimi
complici” di Alex Saragosa. L’ho letto e mi è sembrato naturale proporlo di
seguito nella sua interezza. Poiché lo scritto di Saragosa apre orizzonti
nuovi, inesplorati, la lettura del quale mi auguro induca i pochissimi
malcapitati in questo blog a provare a percorrere un sentiero nuovo che ha come
meta un diverso “ben-essere” psico-fisico. Di quel tanto di “ben-essere”
raggiungibile del quale, in tante occasioni della mia attività di educatore, mi
sono fatto umile portavoce e piccolo profeta. Di quel possibile “ben-essere”
raggiungibile al di fuori degli schematismi ricorrenti ed imperanti e del quale
ho avuto modo di sapere incontrando ed affidandomi alla scienza ed alla
sapienza del dottor A. R., incontrandolo in quel luogo boscoso situato sulle
primissime alture dell’altopiano silano, luogo che ha dato i natali al
celeberrimo pittore Mattia Preti. Devo al dottor A. R. le mie pochissime
conoscenze in fatto di omeopatia e di quant’altro afferente ad una medicina
millenaria ma relegata a fare da ancella povera e misconosciuta alla medicina
ufficiale. È che il dottor A. R. è, a tutti gli effetti di legge, un medico
della medicina ufficiale. Ma un medico speciale, poiché la “curiosità” non lo
ha abbandonato e pertanto pratica la medicina ufficiale ma al contempo esplora
con scienza e coscienza quanto di diverso possa esserci nelle medicine
considerate – a torto - minori. Devo al dottor A. R. se ho sentito parlare di “terreno”,
con riferimento al nostro apparato gastro-intestinale. E come dal “benessere”
di quell’apparato ne derivi il “ben-essere” del nostro organismo nel suo
complesso. E di come quel “terreno” andasse tenuto sempre
sotto controllo, “bonificato” se necessario, evitando che in esso si
instaurassero condizioni di mono-coltura che gravissimo danno concorrerebbero a
creare all’organismo tutto. È ciò che ho imparato incontrando il dottor A. R., ascoltando
le Sue meditate parole e che ho cercato di mettere in pratica scrupolosamente
attirandomi spesso l’ilarità ed i rimbrotti vari dei più. Nel testo di Saragosa
si parla di tutto ciò alla luce delle ultime scoperte fatte da quella che è ritenuta
la medicina ufficiale dominante. La “curiosità scientifica” del dottor A. R.
trova il giusto riconoscimento, un indiscutibile valore. Provate a percorrere
il sentiero nuovo che si dischiude con il testo di seguito proposto e che
potrebbe condurvi a conquistare quel “ben-essere” da sempre desiderato ma non
raggiunto.
I1 latte umano contiene 700
specie di batteri diversi: lo ha rivelato una ricerca pubblicata della
microbiologa María Carmen Collado, dell'Istituto di agrochimica spagnolo.
Dobbiamo preoccuparci e pastorizzare anche il latte della mamma? No, al
contrario, dobbiamo essere lieti nello scoprire come questo latte contribuisca
a costruire nel neonato quel complesso mix di microrganismi che gli permetterà
di sopravvivere. È sempre più evidente infatti che non siamo individui, ma ecosistemi,
e riusciamo a mantenerci in salute grazie al microbioma, ovvero alla patina di
batteri, funghi e lieviti che ricopre le parti del nostro corpo in contatto o
con scambi con l'esterno (dalla pelle all'intestino, dai bronchi all'uretra) impedendo
che vengano colonizzate da varietà patogene. Una persona di 70 chili si porta
dietro un numero di cellule estranee 10 volte superiori alle sue, circa 2 chili
di microrganismi che, da potenziali nemici, in milioni di anni di evoluzione
sono diventati preziosi alleati. «Il micro bioma è come un altro organo del
nostro corpo, le cui funzioni stiamo cominciando a capire solo ora» dice la
microbiologa Carlotta De Filippo, che studia il microbioma alla fondazione
trentina Edmund Mach. Dal 2008 il consorzio internazionale Human Microbiome
Project, promosso dal National Health Institute americano, censisce i microrganismi
che convivono con l'umanità: per ora ne hanno individuato oltre 10 mila specie.
Fra le centinaia di persone di cui hanno analizzato il microbioma, c'è anche il
giornalista Michael Pollan, che ha raccontato sul magazine del New York i risultati
del suo esame: possiede un ottimo microrganismi, tra i quali figurano quelli
della famiglia Prevotella, che digeriscono fibre vegetali, frutto probabilmente
della sua dieta largamente vegetariana. Nelle popolazioni dei Paesi avanzati,
invece, questi batteri stanno diventando relativamente scarsi, sostituiti da
altri, come i Firmicutes, più a loro agio in un ambiente ricco di zuccheri e
proteine, ma che non sembrano altrettanto utili al nostro benessere. «In realtà
non sappiamo quale sia il microbioma "perfetto"» dice il microbiologo
Rob Knights, dell'Università del Colorado a Boulders, ricercatore di punta dello
Human Microbiome Project, «anche perché l'ideale varia con la dieta e l'ambiente
in cui si vive. Per esempio nell'intestino dei giapponesi, e solo nel loro, è
presente un batterio specializzato nella digestione delle alghe. Pensiamo però
che più il microbioma è diversificato meglio sia. Infatti, se l'uomo ha 27 mila
geni nel suo Dna, il Dna del suo microbioma ne contiene milioni, e più è grande
la varietà più è probabile che abbia una soluzione pronta per rispondere a
variazioni nella dieta o alla presenza di patogeni». La costruzione di un
microbioma vario ed equilibrato inizia dai primi secondi di vita. «Nasciamo
sterili» dice Duccio Cavalieri, biologo, che lavora con De Filippo nello studio
del microbioma delle aree alpine, «ma già il passaggio attraverso il canale
materno ci conferisce una carica batterica in grado di "addestrare"
il nostro sistema immunitario a distinguere gli "amici" presenti nel
corpo materno dai batteri estranei. Una ricerca del febbraio scorso, condotta
dalla pediatra Christine Cole Johnson, ha mostrato come la mancanza di questo
imprinting batterico nei bambini nati per parto cesareo possa portarli a
sviluppare cinque volte più allergie di quelli nati con parto naturale». A
completare il nuovo micro bioma pensa poi l'allattamento al seno, sia con i batteri
presenti nel latte, sia con quelli di ceppo bifidus che prosperano sui
capezzoli materni. Addirittura si potrebbe dire che la madre allatti il
microbioma: certi zuccheri contenuti nel latte non sono infatti digeribili per
il piccolo, ma solo per i suoi bifidus. «II microbioma del bambino» continua
Cavalieri «si perfeziona entro i primi quattro anni di vita, assumendo altre specie
sia dal cibo solido che dall'ambiente dove vive, animali domestici compresi, fino
ad arrivare ad averne uno simile a quello dei propri genitori. «C'è il forte
sospetto» dice De Filippo «che far crescere i bambini in una bolla di igiene
eccessiva, dando loro solo cibi sterilizzati, non facendoli giocare cori animali
o per terra, curandoli con antibiotici a ogni raffreddore, impoverisca il loro
microbioma, creando le premesse per le allergie». In età adulta, poi, è
fondamentale la presenza nel microbioma di batteri che digeriscono le fibre
vegetali. «Il colon» dice De Filippo «ospita i batteri che digeriscono le
fibre, producendo butirrato, che le cellule dell'epitelio intestinale, isolate dal
flusso sanguigno, usano come nutrimento. Se quei batteri scarseggiano, le cellule
dell'epitelio si diradano, rendendo l'intestino permeabile al passaggio di
mi-crorganismi, tossine e proteine non digerite, e innescando uno stato di
costante infiammazione nell'organismo. E questa potrebbe essere una delle cause
di patologie "moderne" come la sindrome metabolica, il diabete di
tipo 2, le infiammazioni croniche intestinali, l'obesità». Uno studio condotto
da Stanley Hazen, della Cleveland Clinic, ha rivelato che un microbioma
squilibrato potrebbe essere anche il nesso fra consumo di carne e malattie
cardiocircolatorie. Hazel aveva già dimostrato nel 2011 che i batteri
intestinali trasformano alcune proteine della carne in Tmao, una sostanza che promuove
l'arteriosclerosi. Ora ha misurato i livelli di Tmao in volontari che seguivano
diete diverse dopo avergli fatto mangiare una bistecca: la scoperto che nei
vegetariani i livelli di Tmao restavano molto più bassi rispetto a quelli di
chi mangiava carne abitualmente. Sarebbe perciò il microbioma predominante a
rendere la carne un alimento più o meno pericoloso per le arterie. La
farmacologa Patrizia Brigidi, dell'Università di Bologna, ha invece esplorato
con un gruppo di colleghi il cambiamento del microbioma negli anziani, rilevando
una perdita di biodiversità e un aumento in specie patogene, forse dovuto all'invecchiamento
del sistema inununitario. Questa modifica della nella flora intestinale apre la
strada a uno stato di infiam-mazione permanente, deleterio per la salute, ma
che potrebbe essere ridotto con l'assunzione quotidiana di probiotici. Ripristinare
il corretto microbioma, però, non è semplice. «Anzitutto spesso l'organismo
deve abituarsi fin dalla fase di sviluppo alla presenza di un microrganismo, per
accettarlo come ospite» dice Cavalieri, «poi la dieta va adattata al nuovo microbioma:
se aggiungo batteri che si nutrono di fibre vegetali, devo arricchire la mia
dieta di fibre, per mantenerli. In terzo luogo, più che un singolo microrganismo,
come i Famosi bifidus delle pubblicità, sarebbero più utili un mix di varie specie,
ancora dla studiare nel dettaglio. Infine assumere integratori
"probiotici" per bocca non garantisce che arrivino vivi all'intestino,
a causa dell'acidità dello stomaco». In alcuni casi gravi, come le infezioni
intestinali da Clostricliurn difficilis, batterio molto difficile da curare, si
ricorre però già al trapianto di microbioma da una persona sana a una malata: è
già avvenuto anche in Italia, al Policlinico Gemelli di Roma (prelevando flora
batterica da un intestino e innestandola in un altro). Se il microbioma è tanto
prezioso, allora bisogna impegnarsi per proteggerlo. «Meglio evitare
antibiotici inutili e un eccesso di zuccheri, consumare vegetali vari e
alimenti fermentati» suggerisce Knights. «Un approccio che può aiutare anche a
rilanciare i nostri prodotti tipici»dice Cavalieri, che con De Filippo studia
quelli del Trentino. «Dalla birra ai formaggi, al vino agli yogurt, la nostra
industria alimentare potrebbe proporre nuovi prodotti che mantengano un
equilibrio salutare del microbioma intestinale».
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