Domani è il 25 di luglio. 70 anni
dopo il 25 di luglio dell’anno 1943, quello del “Gran Consiglio”. Rossella
Cantoni, presidente dell’”Istituto Alcide Cervi”, lo ricordava così, quel 25 di
luglio, sul quotidiano l’Unità di sabato 24 di luglio dell’anno 2010 – “La pastasciutta in bianco del 25 luglio”
-: Il
25 luglio del 1943, il Gran consiglio del Fascismo vota la sfiducia a Benito
Mussolini e il re lo fa arrestare. Cade il regime. A Campegine, in provincia di
Reggio Emilia, si fa festa. Una famiglia di contadini un po’ particolari per
l'ingegno e la passione che mettono nel lavorare la terra e nell'opporsi alla
dittatura, fa il più bel funerale del Fascismo, per dirla con le loro parole.
Decide di offrire al paese un piatto di pasta asciutta. Sono i sette fratelli
Cervi con il padre Alcide, la madre Genoeffa e tante altre famiglie della zona.
Tempi di fame e povertà, anche nella bassa reggiana, c'è la guerra combattuta e
c'è la voglia di sperare. I Cervi ricreano la piazza, la riprendono dopo anni
di adunate pilotate, offrendo pastasciutta a tutti i compaesani, una pasta
frutto della farina e delle braccia di più persone che non avevano molto. Al
massimo potevano fare una pasta in bianco, con burro e parmigiano, ma quella la
fecero. Il 25 luglio è una data storicamente nodale, analizzata da storici e
giornalisti nella sua ufficialità, ma troppo spesso si è tralasciato di
raccontare la gioia che investì la popolazione, il carattere pacifico delle
manifestazioni spontanee che si improvvisarono, espressione di un antifascismo
diffuso, spesso nemmeno consapevole, che voleva la fine della guerra, della
fame e della paura. La Liberazione arriverà solo venti mesi dopo e costerà
ancora tanta sofferenza, ma quel 25 luglio il primo istinto fu di festeggiare
insieme. Quello spirito, quell'ottimismo, rivive ancora nella casa che fu dei
Fratelli Cervi, oggi Museo, ogni 25 luglio. (…). Non bisogna cancellare
quella Memoria. È dalla Memoria che si trae la linfa necessaria alla vita
futura. Ha scritto Massimo Recalcati, psicoterapeuta lacaniano, sul quotidiano
la Repubblica di ieri, 23 di luglio – “Rimozione
e pacificazione” -: In psicoanalisi esiste una legge del
funzionamento mentale che vale la pena oggi ricordare perché si presta a
leggere anche i fenomeni della vita collettiva: quello che si vuole cancellare
dalla memoria – (…) – ritorna sempre nella realtà e ha spesso la forma
dell’incubo. Per generare cambiamento autentico, nella vita individuale come in
quella collettiva, è necessaria innanzitutto la memoria della nostra
provenienza. Non è un caso che tutti i
tiranni tendano a cancellare il rapporto con la memoria e a falsificare i libri
di storia. In 1984 il Grande Fratello orwelliano rende come prima cosa
impossibile il pensiero storico perché sa che quel pensiero è sempre pensiero
critico, pensiero che sa fare obiezione alla falsificazione. (…).
Salviamo la Memoria. Non “scarnifichiamo” il pensiero.
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