Ieri mi sono concesso un “riposino”. La cosa non è
sfuggita alla carissima amica Agnese A. che in un Suo premuroso messaggio su Whatsapp
mi scrive: “…ieri sera ho sentito la mancanza di un tuo nuovo post…”. Come
non esserLe grato per la considerazione e l’attenzione accordatemi. Uno stimolo
in più per continuare in questa impresa. Ma oggi, in questa ripresa, mi corre l’obbligo
di ricordare un Maestro ieri scomparso. Chi di noi non ha avuto nella propria vita
un qualcuno che lo si potrebbe definire la personale “cometa”, che illumini e
indichi la via? Franco Cordero, ieri scomparso, è stato una guida nel mio bisogno
di ricerca della umanità vilipesa. Lo è stato “cometa” al pari di Umberto Eco;
è per questo motivo che mi ritengo particolarmente fortunato, non una, bensì
due “comete” hanno illuminato il mio incerto cammino. Franco Cordero - che è
stato valente giurista - mi ha avvinto per la maestria somma profusa a piene mani
nella nobilissima arte della scrittura.
Non posso che citare della Sua vastissima produzione letteraria i volumi che hanno concorso a riempire – e non solo fisicamente – gli scaffali della mia biblioteca: “Aspettando la cometa” edito da Bollati-Boringhieri, “Fiabe d'entropia” edito da Garzanti, il “Il brodo delle undici” sempre per Bollati-Boringhieri, come lavori di saggistica, e per la narrativa “L'armatura”, opera somma per le edizioni Garzanti. Ma come non ricordare oggi, in un Paese immemore, il Suo indefesso impegno profuso per allertare le libere coscienze a seguito dell’avvento di quel pastrocchio di tempo storico-politico contrassegnato dalla “discesa in campo” dell’uomo venuto da Arcore? Un pronunciamento il Suo asperrimo, incessante, generoso, pronunciamento che ha fatto da guida a tutti coloro che avvertivano l’incongruenza e la pericolosità di quella “discesa in campo” a fronte degli enormi problemi sociali che attanagliavano il Paese. Franco Cordero se ne fece carico da generoso, illuminando la via affinché si imboccasse il giusto sentiero della ripulsa di una esperienza politica miserevolmente poi conclusa. Resta ad imperitura memoria il Suo stile di Uomo, di giurista, e perché no, di letterato, con uno stile tutto personale, inconfondibile, di grande fascinazione capace di rendere vive le storie pervenuteci dai tempi più lontani. Ancor oggi resta l’obbligo di leggerlo per conoscerlo ed apprezzarne lo stile e la profondità del pensiero. Ritrovo nella mia emeroteca una Sua intervista concessa a Silvia Truzzi che ha per titolo “Il labirinto del minotauro”, intervista pubblicata su “il Fatto Quotidiano” del 15 di gennaio dell’anno 2011. Ri-trovarla, fresca ancor oggi, e ri-proporla è il mio personale omaggio a Franco Cordero che ci ha lasciati privi “di tanto spiro”: (…). Molto rumore per nulla. - Questi macchinisti del diritto hanno mani rudi, mai che rabbercino una legge resistente al vaglio di costituzionalità; siamo alla quarta débâcle, dopo l'inappellabilità dei proscioglimenti e i due lodi. Il bello è che ogni volta il difetto era evidentissimo e pubblicamente denunciato -.
Non posso che citare della Sua vastissima produzione letteraria i volumi che hanno concorso a riempire – e non solo fisicamente – gli scaffali della mia biblioteca: “Aspettando la cometa” edito da Bollati-Boringhieri, “Fiabe d'entropia” edito da Garzanti, il “Il brodo delle undici” sempre per Bollati-Boringhieri, come lavori di saggistica, e per la narrativa “L'armatura”, opera somma per le edizioni Garzanti. Ma come non ricordare oggi, in un Paese immemore, il Suo indefesso impegno profuso per allertare le libere coscienze a seguito dell’avvento di quel pastrocchio di tempo storico-politico contrassegnato dalla “discesa in campo” dell’uomo venuto da Arcore? Un pronunciamento il Suo asperrimo, incessante, generoso, pronunciamento che ha fatto da guida a tutti coloro che avvertivano l’incongruenza e la pericolosità di quella “discesa in campo” a fronte degli enormi problemi sociali che attanagliavano il Paese. Franco Cordero se ne fece carico da generoso, illuminando la via affinché si imboccasse il giusto sentiero della ripulsa di una esperienza politica miserevolmente poi conclusa. Resta ad imperitura memoria il Suo stile di Uomo, di giurista, e perché no, di letterato, con uno stile tutto personale, inconfondibile, di grande fascinazione capace di rendere vive le storie pervenuteci dai tempi più lontani. Ancor oggi resta l’obbligo di leggerlo per conoscerlo ed apprezzarne lo stile e la profondità del pensiero. Ritrovo nella mia emeroteca una Sua intervista concessa a Silvia Truzzi che ha per titolo “Il labirinto del minotauro”, intervista pubblicata su “il Fatto Quotidiano” del 15 di gennaio dell’anno 2011. Ri-trovarla, fresca ancor oggi, e ri-proporla è il mio personale omaggio a Franco Cordero che ci ha lasciati privi “di tanto spiro”: (…). Molto rumore per nulla. - Questi macchinisti del diritto hanno mani rudi, mai che rabbercino una legge resistente al vaglio di costituzionalità; siamo alla quarta débâcle, dopo l'inappellabilità dei proscioglimenti e i due lodi. Il bello è che ogni volta il difetto era evidentissimo e pubblicamente denunciato -.
Il legittimo impedimento è stato
presentato come una prassi condivisa da tutte le democrazie occidentali. - Solo
gli italiani hanno un presidente del Consiglio dal sangue blu, quindi
intoccabile -.
Anche perché in un altro Paese è
impensabile che una persona con tutti questi guai giudiziari possa fare il
premier. - Altro fenomeno tipicamente italiano -.
A molti osservatori sembra che
l'accanimento nell'affermazione dello scudo giudiziario sia più una questione
di principio che di utilità: i processi di Berlusconi andranno quasi certamente
in prescrizione. - Quando uscirà prosciolto con la formula del reato estinto
sarà libero dal fastidio giudiziario. Ma non è il modo più onorevole d'uscirne
-.
Allora perché questa caparbietà?
- Perché deve mantenere l'immagine d'un lottatore erculeo e non è nel suo stile
abbassare i toni, parlando ragionevolmente. Predilige le iperboli, in una delle
quali, parlando d'alcuni magistrati, tirava in ballo quelli della Uno bianca. E
rilevava un difetto antropologico nel magistrato -.
Ha definito “famigerato” Fabio De
Pasquale, il pubblico ministero del processo Mills (Mills, inglese, commercialista,
corrotto dall’uomo di Arcore con il quale era in “affari” n.d.r.). - È
un violento. La maschera sorridente non inganna nessuno. Appena può esplode. E
un certo pubblico lo vuole così. D'altra parte se l'è educato in trent'anni
d'assuefazione ipnotica. Sono le conseguenze della politica corrotta degli anni
Ottanta: il pirata delle televisioni commerciali sfidava norme e decisioni
della Corte costituzionale sulla concorrenza tra gli utenti dell'etere. Così
nasceva il suo impero economico -.
Il presidente del Consiglio di
quegli anni è morto da latitante. - Nell'85 Craxi aveva varato un decreto, la
cui “necessità e urgenza” Dio sa dove fosse, per salvare Berlusconi dal finto
oscuramento delle antenne: finto perché quei pretori non avevano affatto
inibito le trasmissioni ma, applicando una decisione della Consulta, esigevano
che il segnale non eccedesse l'area locale. Ha oscurato lui le televisioni per
scatenare la piazza.
Poi arrivò Mani Pulite. - Craxi è
una figura dolente nella storia italiana, finito in quello che lui chiamava
esilio mentre il suo protetto raccoglieva l'eredità, fingendosi uomo nuovo -.
Altre similitudini? - Craxi era
cinico e molto poco sensibile alle istanze morali, ma in primo luogo era un
politico: i mezzi erano rovinosi, Milano da bere, il Psi ridotto ad agenzia
d'affari, però il disegno sapeva d'intelligenza politica; l'immoralità craxiana
era accidentale. Berlusconi appare molto diverso e non sa cosa sia la politica,
dove sfoga appetiti smisurati e gusto del dominio assoluto -.
La discesa in campo è stata un
modo di sfuggire ai giudici? Lo hanno anche dichiarato pubblicamente. - La
frase è famosa: “Se non fossimo scesi in politica saremmo sotto un ponte o in galera”;
“le leggi ad personam bisogna farle perché altrimenti si va in carcere” -.
Adesso si scatenerà una campagna
contro Ilda Boccassini, quasi fosse il poliziotto Javert che, nei Miserabili di
Hugo, passa la vita a inseguire Jean Valjean. Ma dell'azione penale
obbligatoria non si ricorda mai nessuno? - L'hanno dipinta come una
persecutrice, una sorta d'Erinni: vogliono l'azione penale discrezionale,
libera, esercitabile o meno secondo lune politiche. Ossia un pubblico ministero
con il collare governativo, la cui carriera dipenda dal potere esecutivo. Tale
è il senso del discorso sulla separazione delle carriere -.
La riforma della Giustizia era
uno dei cinque punti di Berlusconi. Ora forse i buoi sono già scappati. - Per
fortuna non hanno messo mano all'Ordinamento giudiziario -.
Dobbiamo ringraziare Fini? - L'avvenimento
politico più rilevante degli ultimi anni è la scissione nel Pdl, vista la
timidezza degli oppositori e le loro idee confuse -.
Sembra che i processi del premier
non riescano mai ad arrivare a una sentenza. Crede che almeno la brutta figura
con l'opinione pubblica sia una “pena accessoria”? - Forse no: nello stato attuale dei costumi italiani l'impunità
proterva è titolo eminente, molto spendibile nelle campagne elettorali.
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