Scriveva Charles Darwin, gigante
dell’umano pensiero: “(…). Si può giustificare il sentimento di orgoglio
che l’uomo prova per aver raggiunto, anche se non in virtù dei suoi sforzi, il
vertice della scala degli esseri viventi; il fatto di essersi tanto elevato,
pur non essendovi stato posto fin dall’inizio, può dargli la speranza di un
destino ancora migliore in un lontano futuro. Tuttavia noi non
ci dobbiamo occupare di speranze e paure, ma solo della verità, nei limiti in
cui il nostro intelletto ci consente di scoprirla, come io stesso ho cercato di
fare nell’ambito delle mie possibilità.
Mi sembra però che dobbiamo comunque riconoscere che l’uomo, con tutte le sue qualità positive, con la comprensione che dimostra verso i meno favoriti dalla sorte, con la benevolenza che prova non soltanto nei riguardi degli altri uomini ma delle più umili creature viventi, con il suo intelletto superiore che gli ha consentito di comprendere i moti e la costituzione del sistema solare, con tutti questi esaltanti poteri, reca ancora nel corpo l’impronta indelebile della sua modesta origine. (…)”. Un’impronta indelebile per l’appunto, al di sotto della quale riaffiora prepotente, nell’era della globalizzazione più sfrenata, l’avidità del guadagno, avidità che è compagna della umana cecità, cecità foriera di destini nefasti per l’intero pianeta chiamato Terra. Ha scritto solamente tre giorni addietro - il 12 di maggio - Michele Serra in “Rispettare la tigre” sul quotidiano “la Repubblica”: (…). La necessità di una visione olistica del pianeta (tutto si tiene, tutto è connesso, compresi l'alberello e l'uccellino) esce brutalmente rafforzata dalla pandemia. Uomini di scienza ci avvertono che la deforestazione espone l'umanità a un rischio epidemico sempre più alto, perché "scoperchia" un serbatoio immenso di virus sconosciuti, il cui vettore sono specie animali in buona parte sconosciute anch'esse. Non è dunque il sentimentalismo, è la pura ragione a suggerire il rispetto di ecosistemi che hanno molta più esperienza di noi, nel senso che precedono l'avvento di homo sapiens di milioni di anni. Non ricordo chi lo ha scritto (Pollan? Foer?), ma "la natura è un esperimento scientifico che dura da quattro miliardi di anni". Un esperimento scientifico. Non uno sfizio di anime belle. Essendo animali molto più evoluti degli altri, possiamo (forse) cavalcare la tigre: ma conoscendola e rispettandola. Altrimenti siamo fottuti. Le ultime notizie dall'Amazzonia sono dunque devastanti. Per almeno due ragioni: la prima è che Jair Bolsonaro, che di foresta pluviale capisce quanto io capisco di fisica quantistica, e dunque di Brasile non capisce niente, è il presidente del Brasile. La seconda è che è stato democraticamente eletto dai brasiliani. Questo significa che la difesa della ragione e della scienza è una battaglia che parte quasi da zero. La classica guerra di trincea, che va combattuta persona per persona, essere umano per essere umano. Ha scritto l’ambientalista e scrittrice Vandana Shiva in “La grande pattumiera del mondo” pubblicato sul quotidiano “l’Unità” del 30 di novembre dell’anno 2012 (attenzione alla data! n.d.r.): L’India è stata letteralmente inondata di granate e razzi inesplosi ed esplosi provenienti dall’Iraq e dall’Afghanistan e destinati al riciclaggio come rottami metallici nel momento stesso in cui la sua industria del ferro e dell’acciaio viene distrutta dalle politiche di liberalizzazione e privatizzazione dei commerci. Quanto è accaduto nel settore del ferro e dell’acciaio sta accadendo anche nel settore dell’agricoltura. Il governo sta rapidamente attuando politiche volte a liberalizzare il commercio agricolo e che stanno uccidendo i nostri agricoltori e distruggendo la nostra agricoltura. Oltre 25.000 contadini si sono tolti la vita quando si sono trovati preda dei debiti a seguito del lievitare dei costi di produzione e del crollo dei prezzi dei prodotti agricoli. E nel momento stesso in cui le granate vengono importate come rottami metallici mentre l’industria del ferro e dell’acciaio viene deliberatamente distrutta, gli organismi geneticamente modificati (Ogm) – l’equivalente in agricoltura delle granate inesplose – vengono introdotti malgrado il loro costo elevato per i contadini e gli alti rischi per l’ambiente. Nei due anni in cui è stata piantata la prima coltura geneticamente modificata, il cotone Bt (cotone geneticamente modificato con il Bacillus thuringiensis, ndt), la resa è stata inferiore alla norma. Non di meno il governo – il Partito del Congresso al pari del BJP (Bharatiya Janata Party, ndt) prima di lui – ripete il ritornello falso dei raccolti elevati e del fatto che gli Ogm sono necessari per risolvere il problema della fame. Sono appena tornata da un viaggio nell’Uttaranchal, in zone nelle quali si conservano i semi e si pratica l’agricoltura organica. Aziende agricole a input zero producono oltre tre tonnellate di riso greggio o oltre cinque tonnellate di amaranto, di dagussa e di caiano o oltre 15 tonnellate di frutta – guaiavi, banane, aranci, limette, pompelmi, manghi – per acro. Al contrario, per quanto riguarda il cotone Bt, a fronte di un raccolto promesso di una tonnellata e mezzo, la resa è stata di appena 200 chilogrammi. E i contadini invece di vedere incrementato il loro reddito di 220 dollari per acro hanno subito perdite per 130 dollari l’acro. Al cospetto del crescente numero di suicidi tra i contadini indebitati e del fallimento sempre più marcato delle colture a causa di semi non sperimentati, inadatti e non necessari venduti dalle multinazionali il cui solo obiettivo è quello di metterci in una situazione di dipendenza per quanto riguarda le sementi, il governo – qualunque governo responsabile – dovrebbe porre fine alla vendita di semi geneticamente modificati. Gli Ogm sono un modo sicuro per distruggere la nostra sovranità e democrazia in materia di semi. Invece delle migliaia di colture di cui ci nutriamo, la nostra agricoltura verrà ridotta ai soli quattro raccolti geneticamente modificati attualmente commercializzati su scala significativa: soia, mais, cotone e canola. Invece delle caratteristiche di resistenza alla siccità, di resistenza alle inondazioni, di resistenza alla salinità, invece dell’aroma e del gusto, invece delle caratteristiche nutrizionali e sanitarie per le quali i nostri contadini hanno selezionato centinaia di migliaia di varietà, gli Ogm hanno solamente due caratteristiche: resistenza agli erbicidi e presenza delle tossine Bt. Entrambe le caratteristiche incrementano i livelli di tossine nei nostri alimenti e nell’agricoltura. Entrambe non sono sostenibili in quanto invece di controllare le erbacce e gli insetti nocivi, creano “super erbacce” e “super insetti nocivi”.
Invece di 600 milioni di donne indiane che tenendo i semi nelle loro mani li risparmiano e li selezionano con cura e intelligenza, una multinazionale, la Monsanto, diventa “proprietaria” dei nostri semi, spesso tramite la bio-pirateria – come nel caso del brevetto EP 445929 su una varietà di frumento indiana concesso dall’Ufficio Europeo Brevetti ma revocato lo scorso ottobre come era già accaduto in precedenti casi di bio-pirateria con il neem e il basmati – impoverendo contadini già poveri che si vedono costretti a pagare i diritti per i semi o minacciando di multarli per furto di proprietà intellettuale dopo che la Monsanto ha diffuso i suoi geni tossici mediante impollinazione – come è accaduto a Percy Schemiser, un agricoltore canadese citato in giudizio dalla Monsanto per violazione di brevetto quando il suo campo è stato contaminato con la canola della Monsanto “pronta al raccolto” che ha rovinato la purezza della sua coltivazione. La dittatura dei semi e l’imperialismo genetico sono stati respinti dalla maggior parte dei Paesi. In appena quattro Paesi si trova il 94% di tutti i semi geneticamente modificati piantati. Ha affermato Michele Serra che “la difesa della ragione e della scienza è una battaglia che parte quasi da zero”. Siamo ancora, per l’appunto, all’anno zero della Storia della Terra. O ritornati all’anno zero proprio per quella “impronta indelebile della sua modesta origine” intravista e denunciata dal grande Darwin.
Mi sembra però che dobbiamo comunque riconoscere che l’uomo, con tutte le sue qualità positive, con la comprensione che dimostra verso i meno favoriti dalla sorte, con la benevolenza che prova non soltanto nei riguardi degli altri uomini ma delle più umili creature viventi, con il suo intelletto superiore che gli ha consentito di comprendere i moti e la costituzione del sistema solare, con tutti questi esaltanti poteri, reca ancora nel corpo l’impronta indelebile della sua modesta origine. (…)”. Un’impronta indelebile per l’appunto, al di sotto della quale riaffiora prepotente, nell’era della globalizzazione più sfrenata, l’avidità del guadagno, avidità che è compagna della umana cecità, cecità foriera di destini nefasti per l’intero pianeta chiamato Terra. Ha scritto solamente tre giorni addietro - il 12 di maggio - Michele Serra in “Rispettare la tigre” sul quotidiano “la Repubblica”: (…). La necessità di una visione olistica del pianeta (tutto si tiene, tutto è connesso, compresi l'alberello e l'uccellino) esce brutalmente rafforzata dalla pandemia. Uomini di scienza ci avvertono che la deforestazione espone l'umanità a un rischio epidemico sempre più alto, perché "scoperchia" un serbatoio immenso di virus sconosciuti, il cui vettore sono specie animali in buona parte sconosciute anch'esse. Non è dunque il sentimentalismo, è la pura ragione a suggerire il rispetto di ecosistemi che hanno molta più esperienza di noi, nel senso che precedono l'avvento di homo sapiens di milioni di anni. Non ricordo chi lo ha scritto (Pollan? Foer?), ma "la natura è un esperimento scientifico che dura da quattro miliardi di anni". Un esperimento scientifico. Non uno sfizio di anime belle. Essendo animali molto più evoluti degli altri, possiamo (forse) cavalcare la tigre: ma conoscendola e rispettandola. Altrimenti siamo fottuti. Le ultime notizie dall'Amazzonia sono dunque devastanti. Per almeno due ragioni: la prima è che Jair Bolsonaro, che di foresta pluviale capisce quanto io capisco di fisica quantistica, e dunque di Brasile non capisce niente, è il presidente del Brasile. La seconda è che è stato democraticamente eletto dai brasiliani. Questo significa che la difesa della ragione e della scienza è una battaglia che parte quasi da zero. La classica guerra di trincea, che va combattuta persona per persona, essere umano per essere umano. Ha scritto l’ambientalista e scrittrice Vandana Shiva in “La grande pattumiera del mondo” pubblicato sul quotidiano “l’Unità” del 30 di novembre dell’anno 2012 (attenzione alla data! n.d.r.): L’India è stata letteralmente inondata di granate e razzi inesplosi ed esplosi provenienti dall’Iraq e dall’Afghanistan e destinati al riciclaggio come rottami metallici nel momento stesso in cui la sua industria del ferro e dell’acciaio viene distrutta dalle politiche di liberalizzazione e privatizzazione dei commerci. Quanto è accaduto nel settore del ferro e dell’acciaio sta accadendo anche nel settore dell’agricoltura. Il governo sta rapidamente attuando politiche volte a liberalizzare il commercio agricolo e che stanno uccidendo i nostri agricoltori e distruggendo la nostra agricoltura. Oltre 25.000 contadini si sono tolti la vita quando si sono trovati preda dei debiti a seguito del lievitare dei costi di produzione e del crollo dei prezzi dei prodotti agricoli. E nel momento stesso in cui le granate vengono importate come rottami metallici mentre l’industria del ferro e dell’acciaio viene deliberatamente distrutta, gli organismi geneticamente modificati (Ogm) – l’equivalente in agricoltura delle granate inesplose – vengono introdotti malgrado il loro costo elevato per i contadini e gli alti rischi per l’ambiente. Nei due anni in cui è stata piantata la prima coltura geneticamente modificata, il cotone Bt (cotone geneticamente modificato con il Bacillus thuringiensis, ndt), la resa è stata inferiore alla norma. Non di meno il governo – il Partito del Congresso al pari del BJP (Bharatiya Janata Party, ndt) prima di lui – ripete il ritornello falso dei raccolti elevati e del fatto che gli Ogm sono necessari per risolvere il problema della fame. Sono appena tornata da un viaggio nell’Uttaranchal, in zone nelle quali si conservano i semi e si pratica l’agricoltura organica. Aziende agricole a input zero producono oltre tre tonnellate di riso greggio o oltre cinque tonnellate di amaranto, di dagussa e di caiano o oltre 15 tonnellate di frutta – guaiavi, banane, aranci, limette, pompelmi, manghi – per acro. Al contrario, per quanto riguarda il cotone Bt, a fronte di un raccolto promesso di una tonnellata e mezzo, la resa è stata di appena 200 chilogrammi. E i contadini invece di vedere incrementato il loro reddito di 220 dollari per acro hanno subito perdite per 130 dollari l’acro. Al cospetto del crescente numero di suicidi tra i contadini indebitati e del fallimento sempre più marcato delle colture a causa di semi non sperimentati, inadatti e non necessari venduti dalle multinazionali il cui solo obiettivo è quello di metterci in una situazione di dipendenza per quanto riguarda le sementi, il governo – qualunque governo responsabile – dovrebbe porre fine alla vendita di semi geneticamente modificati. Gli Ogm sono un modo sicuro per distruggere la nostra sovranità e democrazia in materia di semi. Invece delle migliaia di colture di cui ci nutriamo, la nostra agricoltura verrà ridotta ai soli quattro raccolti geneticamente modificati attualmente commercializzati su scala significativa: soia, mais, cotone e canola. Invece delle caratteristiche di resistenza alla siccità, di resistenza alle inondazioni, di resistenza alla salinità, invece dell’aroma e del gusto, invece delle caratteristiche nutrizionali e sanitarie per le quali i nostri contadini hanno selezionato centinaia di migliaia di varietà, gli Ogm hanno solamente due caratteristiche: resistenza agli erbicidi e presenza delle tossine Bt. Entrambe le caratteristiche incrementano i livelli di tossine nei nostri alimenti e nell’agricoltura. Entrambe non sono sostenibili in quanto invece di controllare le erbacce e gli insetti nocivi, creano “super erbacce” e “super insetti nocivi”.
Invece di 600 milioni di donne indiane che tenendo i semi nelle loro mani li risparmiano e li selezionano con cura e intelligenza, una multinazionale, la Monsanto, diventa “proprietaria” dei nostri semi, spesso tramite la bio-pirateria – come nel caso del brevetto EP 445929 su una varietà di frumento indiana concesso dall’Ufficio Europeo Brevetti ma revocato lo scorso ottobre come era già accaduto in precedenti casi di bio-pirateria con il neem e il basmati – impoverendo contadini già poveri che si vedono costretti a pagare i diritti per i semi o minacciando di multarli per furto di proprietà intellettuale dopo che la Monsanto ha diffuso i suoi geni tossici mediante impollinazione – come è accaduto a Percy Schemiser, un agricoltore canadese citato in giudizio dalla Monsanto per violazione di brevetto quando il suo campo è stato contaminato con la canola della Monsanto “pronta al raccolto” che ha rovinato la purezza della sua coltivazione. La dittatura dei semi e l’imperialismo genetico sono stati respinti dalla maggior parte dei Paesi. In appena quattro Paesi si trova il 94% di tutti i semi geneticamente modificati piantati. Ha affermato Michele Serra che “la difesa della ragione e della scienza è una battaglia che parte quasi da zero”. Siamo ancora, per l’appunto, all’anno zero della Storia della Terra. O ritornati all’anno zero proprio per quella “impronta indelebile della sua modesta origine” intravista e denunciata dal grande Darwin.
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