Ci danno le cronache, al tempo
del “coronavirus”, conto della umana generosità che proviene da chi pur anche nell’intemperie
sia riuscito a metter piede sull’italica terra. Generosità di quella gente martoriata
proveniente dalle regioni anche le più remote che cercano e trovano modo per
rendere un grazie all’accoglienza loro accordata. Di quelli che al loro banco
ortofrutticolo offrono gratuitamente la merce a chi, nel terribile momento del
“coronavirus”, non potrebbe farne acquisto.
"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
martedì 31 marzo 2020
lunedì 30 marzo 2020
Leggereperché. 01 «La purificazione del linguaggio deve incominciare dentro di noi».
A proposito di “parole, parole,
parole”, tante, tantissime, il più delle volte sostituite dalle “immagini” - se
non da queste ultime, esclusivamente percepite come “i messaggi” dei media in
questi giorni turbolenti del “coronavirus” - ho osato chiedere sino a qual
punto potrà “reggere” la gente al profluvio di immagini e parole – quante? quali?
– che ci sta investendo al chiuso delle nostre segregazioni. Una preoccupazione
personale che ha trovato conforto nelle prese di posizione dei tanti
specialisti dai quali è stato utilizzato un termine: “infodemia”. Un
neologismo?
domenica 29 marzo 2020
Ifattinprima. 53 Marx: «“Se la lotta di classe non dà luogo a una civiltà superiore allora si giunge alla catastrofe”».
Ha
scritto Enrico Fierro in “Sanità
spolpata: prima si taglia, poi l’esercito arriva in strada” pubblicato su
“il Fatto Quotidiano” del 23 di marzo 2020: «(…). 37 miliardi, stampiamocela
in testa questa cifra, tanto in dieci anni hanno tagliato alla salute degli
italiani. (…). Oggi servono letti per la rianimazione. Li avete cancellati. Nel
1980 avevamo 922 posti per ogni centomila abitanti in questi reparti, nel 2010
sono diventati 300, nel 2015 275. Mancano medici e infermieri. Lo dite ora,
dove eravate quando in soli otto anni (dal 2009 al 2017) la sanità pubblica ne
perdeva 46.500? Ora volete un paese unito. Ed è giusto. Ma detto da voi,
artefici di quella che gli esperti chiamano la “salute diseguale”, fa rabbia.
Negli ultimi dieci anni il Sud ha perso 70mila posti letto, molte regioni non
sono in grado di assicurare i livelli minimi di assistenza. (…)». Tratto
da “Un virus anti-democratico e i
sacrifici li fa l’operaio”, intervista di Antonello Caporale a Fausto
Bertinotti pubblicata su “il Fatto Quotidiano” del 23 di marzo 2020: “Il
virus è una grande lente di ingrandimento sulla società. E conduce l’occhio nei
luoghi che non vedevamo più, impone l’attenzione sulle questioni che erano
state abbandonate in un cassetto, ci fa avanzare domande che fino a ieri
avevamo ritenute superate”.
(…). Ci voleva una catastrofe sanitaria per ricordarci
che il welfare non è spreco. “Non uso la parola catastrofe, meglio definire
quel che ci sta capitando «l’evento». E certo questo drammatico evento produce
ravvedimenti operosi che a un uomo di sinistra come me dovrebbero far
rallegrare. Eppure la strada è lunga e anche piuttosto incerta”.
Il virus almeno ci obbliga a capire che sanità e
assistenza sociale non sono voci di spesa inutile. “È una rivalutazione del
keynesismo, diciamo così. E questo dovrebbe far riflettere le politiche
sciagurate nel tempo di un capitalismo selvaggio che imponeva continue spending
review, e accreditava come buon governo quel salasso prodotto ai ceti deboli, a
coloro che nel Novecento chiamavamo la classe operaia, al proletariato, uso
volentieri questa parola antica”.
Dovevamo giungere a un punto così estremo? “Mi faccia
ricordare Marx che ci spiegava: “Se la lotta di classe
non dà luogo a una civiltà superiore allora si giunge alla catastrofe”. E
purtroppo dobbiamo notare, (ora uso le parole di De Rita), che in questa
società destrutturata vive il popolo della sabbia. Tanti individui come tanti
granelli che non riescono a formare un insieme solido”.
Il popolo è sabbia non mattone. “Iniziamo da una
considerazione sull’oggi: le politiche di austerity hanno pregiudicato le
capacità di reazione della società a un evento così misterioso e letale. Il
sistema sanitario non regge l’ondata della malattia, si piega nonostante sforzi
eroici del suo personale. Il virus è penetrato nel fondo dei nostri corpi, e
ogni giorno facciamo l’amara conta di chi lascia la vita, perché le difese
sociali sono state ridotte al lumicino. Quanto è grande la responsabilità delle
politiche governative, quanto è potente la denuncia, inascoltata, contro quelle
misure che devastavano, destrutturavano, liquefacevano i piloni che avrebbero
dovuto sorreggere uno sviluppo compatibile, sostenibile, gestibile della
produzione con il lavoro? Questo io chiedo”.
sabato 28 marzo 2020
Virusememorie. 05 «Ai livelli di diseguaglianza sociale su cui siamo attestati, nessuna comunità è una comunità».
Tratto
da “Virus, è arrivato il momento
dell'audacia” di Alessandro Baricco, pubblicato sul quotidiano “la
Repubblica” del 26 di marzo 2020: (…). Il mondo non finirà. Né ci ritroveremo
in una situazione di anarchia in cui comanderà quello che alle elementari stava
all'ultimo banco, non capiva una fava però era grosso e ci godeva a menarti.
Sveglia, quelli sono romanzi. Torniamo in noi. E noi - noi umani - siamo una
specie di agghiacciante pazienza, intelligenza e forza: siamo gente che è
riuscita a convertire il creato nel proprio parco di divertimenti grazie a una
delle operazioni più violente e ciniche che si potessero immaginare; non solo,
ne siamo anche consapevoli: abbiamo dato un nome al bottino di una simile
razzia, antropocene, e siamo arrivati ad essere talmente sicuri di noi stessi
da iniziare a pensare recentemente di restituire a parte del creato una sua
libertà. Siamo quelli lì. Da sempre combattiamo con i virus. Spesso ci hanno
messo in ginocchio. Si dà il caso però che in quella posizione scomoda
diventiamo ancora più pazienti, cocciuti e furbi. (…). Chiunque si è accorto di
come gli manchino terribilmente, in questi giorni, i rapporti umani non
digitali. Capovolgete questa certezza: vuol dire che ne avevamo un sacco, di
rapporti umani. Mentre dicevamo cose tipo "ormai la nostra vita passa
tutta dai device digitali", quello che facevamo era ammassare una quantità
indicibile di rapporti umani. Ce ne accorgiamo adesso, ed è come un risveglio
da un piccolo passaggio a vuoto dell'intelligenza. Non dimenticate la lezione,
per favore. Anzi, aggiungetene un'altra: tutto questo ci sta insegnando che più
lasceremo srotolare la civiltà digitale più assumerà valore, bellezza,
importanza e perfino valore economico tutto ciò che ci manterrà umani: corpi,
voci naturali, sporcizie fisiche, imperfezioni, abilità delle mani, contatti,
fatiche, vicinanze, carezze, temperature, risate e lacrime vere, parole non
scritte, e potrei andare avanti per righe e righe. L'umanesimo diventerà la
nostra prassi quotidiana e l'unica vera ricchezza: non sarà una disciplina di
studi, sarà uno spazio del fare che non ci lasceremo mai rubare. Guardate la
furia con cui lo desideriamo ora che un virus l'ha preso in ostaggio, e vi
passerà ogni dubbio. (…). Una crepa che sembrava essersi aperta come una
voragine, e che ci stava facendo soffrire, si è chiusa in una settimana: quella
che aveva separato la gente dalle élites. In pochi giorni, la gente si è
allineata, a prezzo di sacrifici inimmaginabili e in fondo con grande
disciplina, alle indicazioni date da una classe politica in cui non riponeva
alcuna fiducia e in una classe di medici a cui fino al giorno prima stentava a
riconoscere una vera autorità anche su questioni più semplici, tipo quella dei
vaccini. Una classe dirigente che non sarebbe mai riuscita a fare una riforma
della scuola è riuscita a chiudere in casa un intero Paese. Cosa diavolo è
successo? La paura, si dirà: e va bene.
venerdì 27 marzo 2020
Letturedeigiornipassati. 100 «“Dov’è finito il bosco? Scomparso. Dov’è finita l’aquila? Scomparsa. È la fine della vita e l’inizio della sopravvivenza”».
Ha scritto Federico Rampini “nei
cupi giorni” del “coronavirus” sul settimanale “D” del quotidiano “la
Repubblica” del 21 di marzo ultimo: “(…). …le nostre
religioni monoteiste ci hanno ispirato un malsano senso di superiorità.
Fatti a immagine e somiglianza di Dio, abbiamo ricevuto da Lui il
diritto-dovere di dominare la natura.
giovedì 26 marzo 2020
Letturedeigiornipassati. 99 «“Cristiani o no siate giusti”».
Tratto da “Cristiani o no siate giusti e sarete salvi”
del teologo Vito Mancuso, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 26 di marzo
dell’anno 2016: (…). la salvezza come redenzione operata da Cristo. Il concetto di
redenzione è sconosciuto alle altre religioni: Mosè, Buddha, Confucio,
Maometto sono legislatori, maestri, profeti, saggi, non redentori, non sono cioé
essi a dare la salvezza, che è invece ottenuta dai fedeli seguendo i loro
insegnamenti. Il cristianesimo si distingue perché ritiene l’umanità corrotta
dal peccato originale e incapace di meriti spirituali, e quindi annuncia la
salvezza come operata gratuitamente da Dio mediante la redenzione ottenuta da
Cristo …
mercoledì 25 marzo 2020
Letturedeigiornipassati. 98 «“Roma ladrona! Roma Ladrona! La Lega non perdona”».
Tratto da "Dormire
come se fossi un terrone" di Aldo Nove – al secolo Antonio Centanin
(Viggiù, 12 di luglio dell’anno 1967), scrittore e poeta italiano -, pubblicato
sul settimanale “L’Espresso” del 25 di marzo dell’anno 2018: Ore
6.10 del mattino, un giorno di fine marzo 2018. Mi piace questo cielo di ghisa
al risveglio. Potente come la persona più simpatica che conosca, possente come
il più abile politico di sempre che abbia conosciuto e che guardo allo specchio
mentre mi faccio un po’ di barba, giusto per non sembrare un mussulmano.
Guardalo lì, il capo. Apro le finestre. Mi esalta questo odore di lamiere e
bulloni, di cemento di qualità certificata della mia Milano. Però… Questo
continuo girare per l’Italia mi ha sfiancato e un po’ li rimpiango, i tempi del
vecchio Umberto, quando sotto il Po c’era la linea gotica e volevamo fare la
secessione ogni quindici minuti. Eravamo i barbari sognanti, Poi ci siamo
svegliati, come me questa mattina. E non è stato mica un bel risveglio.
L’Umberto aveva tradito, con tutto quell’oro in Africa. Ma proprio in Africa
poi. “Roma ladrona! Roma Ladrona! La Lega non perdona”. Non ha mica fatto bene
a rubare in Africa. Noi siamo gente perbene, gente con i tombini di ghisa
appesi fuori dalla porta di casa. E quel Trota, che sbausciava dietro alla Minetti
e si faceva comprare le caramelle e le lauree con i soldi di via Bellerio. Ora
per chi non se lo ricordasse, la Minetti era quel gran pezzo, con tutto
rispetto, di Minetti, che il Berlusca aveva mandato a Palazzo Lombardia per
quella storia della Ruby, e lì c’era anche il Trota. Io gli dicevo “Umberto,
guarda che quello perde la testa” e l’Umberto diceva “Ma cosa vuoi che perde la
testa, non ce l’ha mica”. Allora siamo andati a comprargli una laurea in
Albania, c’era il tre per due, le altre due le abbiamo messe da qualche parte,
non mi ricordo, roba passata. Però la botta è stata forte, è venuto fuori un
casino che neanche il Berlusca. Tutta colpa della Marrone, la moglie
dell’Umberto, siciliana ovviamente, che si era fissata con la magia, e voleva che
l’Umberto diventasse il capo dell’Universo, imperatore della Lombardia e tutto
il resto terrone, tutto il sistema solare, specialmente quel sole così
meridionale e fancazzista al centro di tutto come una Roma universale. Il sole
lavora? Mercurio lavora? Il sole e Mercurio sono come la Campania, il Lazio,
vanno a zonzo senza mettere mai su un’impresa, non sanno i problemi reali della
gente… Certe volte al mattino, tipo oggi, mi sento un po’ annebbiato. È una
roba nostra padana. Ma se sono annebbiato troppo faccio pensieri che mi sento
quasi uno del Pd. Che ne so, Franceschini, che legge tanti libri: poi fai
confusione, si riempie la testa di costellazioni. Deve essere la nebbia. Del
resto, siamo in Val Padania. Faccio pensieri un po’ fuori posto, certe volte,
ma poi doccia, felpa e via, come un razzo. Adesso tutto è cambiato. Adesso sono
il leader del partito che ha preso più volti nella coalizione di maggioranza in
tutta Italia, per cui amo l’Italia, ogni italiano è mio fratello, anche ogni
immigrato, se c’ha il lavoro a tempo indeterminato, la Porsche e la villetta a
Bergamo con i nanetti di ghisa è mio fratello, non mi interessa più se è nero,
ce l’ho qua nel cuore. Poi dicono che Salvini è cattivo. Cattiva è la Fornero.
Ma non la legge con quel nome, quella è pessima. Proprio la Fornero donna. Il
Berlusca si è fatto proprio fregare da quella. Sempre a pensare
all’interessante situazione fisiologica del femminile dove alla fine delle cene
andava un po’ a buttare l’occhio: stordito com’era, si è fatto soffiare via il
tutto da Mario Monti, che non sarà un meridionale, non sarà un naufrago, ma ci
ha fatti naufragare tutti quanti. Oddio, non è che noi allora fossimo messi
bene.
martedì 24 marzo 2020
Virusememorie. 04 «Le “morti inevitabili”, le “morti inaccettabili”».
Tratto
da “Lasciar morire i nostri anziani?”
di Barbara Spinelli, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 23 di marzo 2020: Chi
ancora avesse dubbi sulle misure adottate dal governo – obbligo di
auto-isolarsi, non uscire di casa neanche per passeggiate, evitare ogni
contatto con persone esterne – farebbe bene a valutare la condizione in cui ci
troviamo, in Italia e nei paesi europei: tracollo dei sistemi sanitari,
mancanza acuta di posti letto e attrezzature per terapie intensive e
ventilazione dei polmoni, carenza di infermieri, rianimatori, anestesisti. È il
risultato di anni di tagli alla sanità e di privatizzazioni. Gli anziani in
prima linea farebbero bene a non muoversi di casa in alcuna circostanza, dai 70
e anche 65 anni in su. Per loro i tracolli e le mancanze hanno un significato
evidente: non ci sono né letti a sufficienza né attrezzature per ospitarli. Non
saranno nemmeno ammessi agli ospedali, se questi sono veramente “allo stremo”
come si annuncia da settimane. Nel migliore dei casi, se affetti da difficoltà
respiratorie verranno convogliati in ospizi medicalizzati. Nel peggiore e più
frequente moriranno in casa: soli, senza medico che ti attacchi al ventilatore
se ti manca l’aria, senza un parente che sia vicino.
lunedì 23 marzo 2020
Storiedallitalia. 83 «A proposito, era una giornata particolare quel 27 gennaio 1994».
Lo
capisco, è lunghissima la bellissima – come sempre - narrazione di Enrico
Deaglio che ha per titolo “Inchiesta sul
lago più misterioso d’Italia”, pubblicata sul settimanale “il Venerdì di
Repubblica” del 20 di marzo appena trascorso, ma ho l’improntitudine di
proporla poiché essa cade al tempo del “coronavirus”, tempo orribile e
terribile al contempo, tempo nel quale avviene di tutto.
domenica 22 marzo 2020
Virusememorie. 03 «Gli alberi più alti portano lo sguardo fino al cielo».
“Memoria” del mercoledì 30 di agosto
dell’anno 2006 tratta da “Gli alberi? Moneta ecologica”, intervista
allo neuropsichiatra infantile Giovanni Bollea (5 di dicembre dell’anno 1913 – 6
di febbraio dell’anno 2011) pubblicata sul quotidiano “l’Unità” del 28 di marzo
dell’anno 2006: I. Professore Bollea, lei ha fondato l’Alvi,
associazione per il rimboschimento del suolo italiano, nata dall’esigenza di
riflettere e agire sul rapporto indissolubile e vitale che lega ogni individuo
agli alberi. Cosa intende per rapporto indissolubile fra il bambino e l’albero?
B. Basti soltanto vedere i bambini quando sono nei giardini con gli
alberi e con le piante o quando entrano nel bosco. Alzano subito la testa per
vedere le cime degli alberi, gli occhi si allargano. Gli
alberi più alti portano lo sguardo fino al cielo e i bambini cominciano a
sognare. L’albero è un segno di vita e raccoglie in sé il concetto di crescita.
sabato 21 marzo 2020
Letturedeigiornipassati. 97 «Emancipati dalla religione ed approdati alla laicità della ragione».
Tratto da “La
libertà è un diritto, la bestemmia no” di Umberto Galimberti, pubblicato
sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 21 di marzo dell’anno
2015: La premessa sempre necessaria è che nessuna offesa autorizza la
violenza. Detto questo, si deve distinguere tra la laicità, che è un valore, e
l'offesa alle credenze altrui. No, non è assolutamente superfluo dire e
ripetere che la violenza non è mai la risposta giusta, neppure quando è
motivata da un'offesa vera o presunta. Questa affermazione viene prima,
assolutamente prima di ogni considerazione relativa non dico all'opportunità,
ma soprattutto alla legittimità, di fare dell'ironia in ambito religioso, in
nome della libertà di pensiero, di parola e di espressione. E le ragioni sono
facilmente intuibili. La religione è un fenomeno pre-razionale che investe
sentimenti ed emozioni molto radicati in coloro che credono, perché nella
religione essi trovano il fondamento e la radice della propria identità e della
propria appartenenza. La libertà di pensiero, di parola e di espressione sono
conquiste che la cultura occidentale ha guadagnato con grande fatica
emancipandosi, con la Rivoluzione francese, proprio dalla religione che fino
allora aveva governato la vita anche di noi occidentali.
venerdì 20 marzo 2020
Ifattinprima. 52 «Trump equipara il benessere dell'economia con quello della Borsa».
Tratto
da “Solo lo Stato ci può salvare” di
Riccardo Staglianò, intervista al premio Nobel per l'Economia Joseph Stiglitz
pubblicata sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 13 di marzo 2020: (…).
Tra le altre pessime cose, il coronavirus può essere letto anche come parabola
avvelenata della globalizzazione? "Senz'altro. Intanto perché i virus,
come il riscaldamento globale, non hanno bisogno di passaporto per fare il giro
del mondo. Sono globali per definizione. (…). …quando la gente ha bisogno di
essere protetta da rischi seri, si rivolge allo Stato, non certo ai
privati".
Per poi scoprire che Donald Trump ha ridotto dell'80
per cento il budget dei Centres for disease control che dovrebbero fronteggiare
l'emergenza... "Esattamente nel capitolo sulla prevenzione di epidemie
globali. Ci voleva della geniale preveggenza per intaccare proprio quella
spesa, e lui l'ha avuta. Aggiungo che questa vicenda fa risaltare anche i
rischi di una presidenza mai così profondamente antiscientifica, basti pensare
alla negazione del climate change. Mentre qui l'unica cosa che ci può salvare è
la scienza e i fondi pubblici di cui ha bisogno".
La Banca centrale americana ha tagliato i tassi, ma
non sembra essere bastato. Quali conseguenze prevede per l'economia mondiale?
"È difficile dirlo. Lo scenario peggiore è quello con il 30-70 per cento
della popolazione contagiata e con un tasso di mortalità dell'1-3 per cento.
Significherebbe, nelle ipotesi migliori, due miliardi e rotti di contagiati e
oltre venti milioni di morti. Ciò che si vede già, invece, è la rottura della
catena dell'offerta di merci e anche di quella della domanda, in un'economia
sempre più interconnessa che non può fare a meno della Cina. Se uno, come fa
Trump, equipara il benessere dell'economia con quello della Borsa, allora si
illude che la politica monetaria possa bastare, ma per la gente normale non è
così. E se uno ha deciso di chiudere la fabbrica perché non ha più fornitori,
non è che cambia idea per i tagli dei tassi".
Siete messi meglio o peggio del resto del mondo quanto
a capacità di reazione? "Purtroppo peggio. Qui milioni di persone non
hanno reti di salvataggio. Se un cameriere è malato e non può restare a casa
perché altrimenti non guadagna, moltiplicherà il contagio. Idem per molte
persone che non faranno i test per paura di doverli pagare o di far aumentare
il premio dell'assicurazione".
Come succedeva da noi con gli immigrati clandestini,
vittime di altre politiche autolesioniste. Ma entriamo nel vivo del libro. Nel
sottotitolo lei parla di capitalismo progressista: è un eufemismo per
socialdemocrazia? "(…). Tutto il lessico che ha a che fare con il
socialismo da noi fa più paura. Ma socialismo significa una cosa precisa,
ovvero proprietà pubblica dei mezzi di produzione e neppure Sanders se l'è mai
lontanamente sognato. Quello che lui, io e la maggior parte dei candidati
democratici intendiamo è offrire gli elementi di base di una vita decente: sanità,
istruzione, casa, pensione".
È anche un libro dichiaratamente più politico del
solito, perché? "Perché l'economia non vive in un vuoto. Una volta i
repubblicani avevano una soluzione per tutto: abbassare le tasse ai ricchi. Ora
ne hanno aggiunta un'altra: abbassare i tassi di interesse (facendo sempre
contenti i ricchi che investono). Sono tutte opzioni politiche, con conseguenze
economiche".
giovedì 19 marzo 2020
Virusememorie. 02 «Il Sabato, è scritto, non appartiene all’Adàm: il Sabato appartiene alla terra».
Tratto
da “Perché la natura ci soffoca” di
Erri De Luca – scrittore, biblista, scalatore, esponente NoTAV – pubblicato sul
quotidiano “la Repubblica” del 18 di marzo 2020: (…). Natura è spazio totalmente
indifferente a noi, in cui percepire la propria misura minima e intrusa.
mercoledì 18 marzo 2020
Letturedeigiornipassati. 96 Michel Foucault : «Non si muore perché ci si ammala, ma ci si ammala perché dobbiamo morire».
Lontanissimi a quel tempo dalla “peste” che ammorba
oggigiorno le nostre vite questo testo - “La
paura di morire in realtà è quella di perdere l'amore” - di Umberto
Galimberti è stato pubblicato sul settimanale “D di Repubblica” del 18 di marzo
dell’anno 2017:
martedì 17 marzo 2020
Virusememorie. 01 «Non disponiamo di un'etica che si faccia carico degli enti di natura».
Ha scritto Elwyn Brooks
White (Mount Vernon, 11 di luglio dell’anno1899 – Brooklin, 1º di ottobre dell’anno
1985): “Sono pessimista sulla sorte della razza umana perché essa ha
troppo più ingegno di quanto ne occorra al suo benessere”. La “memoria”,
del martedì 29 di agosto dell’anno 2006, è tratta da “Etica per una
foglia” di Umberto Galimberti pubblicata per “Arianna Editrice” il 14
di ottobre dell’anno 2005: (…). Purtroppo la città degli uomini, che un
tempo era uno spazio recintato nel mondo naturale, oggi ha preso il posto della
natura ridotta a spazio recintato nel mondo artificiale della città, dove la
natura può vivere solo grazie all'assistenza tecnica, la stessa che un giorno
l'ha compromessa come paesaggio abituale, modificando l'esistenza dell'uomo e
quello che Marx chiamava "il suo ricambio organico con la natura".
Se guardiamo la monotonia di distese di cereali solcate da mietitrici
solitarie e irrorate da antiparassitari erogati in volo, abbiamo un esempio
elementare ma indicativo di come la tecnica, anche quando soccorre la natura,
in realtà la "denaturalizza", perché crea un paesaggio così poco
ospitale e così poco comunicativo che persino una fabbrica offre un volto più
umano.
lunedì 16 marzo 2020
Ifattinprima. 51 «Stavolta è facile dire: right or wrong, my country».
Tratto
da “I due stili strategici di gestione
dell’epidemia a confronto” di Roberto Buffagni, eletto alla Camera dei
deputati - nelle file del M5S - alle elezioni politiche del 4 di marzo dell’anno
2018 e nominato sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio dei Ministri
del Governo Conte, testo rinvenibile sul sito “Sinistrainrete”: Propongo una ipotesi in merito ai diversi
stili strategici di gestione dell’epidemia adottati in Europa e altrove. Sottolineo
che si tratta di una pura ipotesi, perché per sostanziarla ci vogliono
competenze e informazioni statistiche, epidemiologiche, economiche che non
possiedo e non si improvvisano. Sono benvenute le critiche e le obiezioni anche
radicali. L’ipotesi è la seguente: lo stile strategico di gestione dell’epidemia
rispecchia fedelmente l’etica e il modo di intendere interesse nazionale e
priorità politiche degli Stati e, in misura minore, anche delle nazioni e dei
popoli. La scelta dello stile strategico di gestione è squisitamente politica.
Gli
stili strategici di gestione sono essenzialmente due:
- Non si contrasta il contagio, si punta tutto sulla
cura dei malati (modello tedesco, britannico, parzialmente francese)
- Si contrasta il contagio contenendolo il più
possibile con provvedimenti emergenziali di isolamento della popolazione
(modello cinese, italiano, sudcoreano).
Chi sceglie il modello 1 fa un calcolo costi/benefici,
e sceglie consapevolmente di sacrificare una quota della propria popolazione.
Questa quota è più o meno ampia a seconda delle capacità di risposta del
servizio sanitario nazionale, in particolare del numero di posti disponibili in
terapia intensiva. A quanto riesco a capire, infatti, il Coronavirus presenta
le seguenti caratteristiche: alta contagiosità, percentuale limitata di esiti
fatali (diretti o per complicanze), ma percentuale relativamente alta (intorno
al 10%, mi pare) di malati che abbisognano di cure nei reparti di terapia
intensiva. Se così stanno le cose, in caso di contagio massiccio della
popolazione – in Germania, ad esempio, Angela Merkel prevede un 60-70% di
contagiati – nessun servizio sanitario nazionale sarà in grado di prestare le
cure necessarie a tutta la percentuale di malati da ricoverarsi in T.I., una
quota dei quali viene così condannata a morte in anticipo. La quota di
pre-condannati a morte sarà più o meno ampia a seconda delle capacità del
sistema sanitario, della composizione demografica della popolazione (rischiano
di più i vecchi), e di altri fattori imprevedibili quali eventuali mutazioni
del virus. La ratio di questa decisione sembra la seguente: L’adozione del
modello 2 (contenimento dell’infezione) ha costi economici devastanti. La quota
di popolazione che viene pre-condannata a morte è in larga misura composta di
persone anziane e/o già malate, e pertanto la sua scomparsa non soltanto non
compromette la funzionalità del sistema economico ma semmai la favorisce,
alleviando i costi del sistema pensionistico e dell’assistenza sanitaria e
sociale nel medio periodo, per di più innescando un processo economicamente
espansivo grazie alle eredità che, come già avvenuto nelle grandi epidemie del
passato, accresceranno liquidità e patrimonio di giovani con più alta
propensione al consumo e all’investimento rispetto ai loro maggiori. Soprattutto,
la scelta del modello 1 accresce la potenza economico-politica relativa dei
paesi che lo adottano rispetto ai loro concorrenti che adottano il modello 2, e
devono scontare il danno economico devastante che comporta. Approfittando delle
difficoltà dei loro concorrenti 2, le imprese dei paesi 1 potranno rapidamente
sostituirsi ad essi, conquistando significative quote di mercato e imponendo
loro, nel medio periodo, la propria egemonia economica e politica.
domenica 15 marzo 2020
Cosedaleggere. 33 «Ce ne eravamo dimenticati, eccome se ce ne eravamo dimenticati».
Ci ha lasciato scritto Albert
Schweitzer (1875-1965): “L’uomo ha perduto la capacità di prevedere e di
prevenire. Andrà a finire che distruggerà la terra”. Ci
ha lasciato scritto José Saramago (1922-2010) in “Quel
vecchio uomo che abbracciava gli alberi”, pubblicato sul quotidiano
“la Repubblica” del 17 di giugno dell’anno 2006:
sabato 14 marzo 2020
Letturedeigiornipassati. 95 «Come fare un salto dal paese surreale al paese reale».
Tratto da “Sempre
meno uguali, sempre più poveri: la vera analisi del voto” di Alessandro
Robecchi, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 14 di marzo dell’anno 2018: È un
vero peccato che le pagine dell’economia, sui quotidiani italiani, siano così
lontane da quelle della politica.
venerdì 13 marzo 2020
Lalinguabatte. 97 «La categoria della crescita è diventata una forma mentis, uno stato d'animo, un rimedio all'angoscia».
Rileggere “Se la crescita è zero” - che è stata una corrispondenza di
Umberto Galimberti apparsa su di un supplemento del quotidiano “la Repubblica”
(del maggio 2008?) - al tempo della pandemia da “coronavirus” finalmente riconosciuta
dalla OMS? Perché no. Potrebbe servire nell’occasione tragica che si sta
vivendo.
giovedì 12 marzo 2020
Cosedaleggere. 32 «Un cartello gigante che sovrasti i nostri cieli: attenzione valori in corso».
Tratto
da “Cerchiamo la cura per restare umani”
di Alessandro Bergonzoni, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 4 di marzo
2020: Quanto costa mantenere la calma in questo momento? Ma soprattutto
mantenere controllo, lucidità, equilibrio? Di più o di meno che mantenere un
figlio o una famiglia? Abbiamo più tempo per pensare perché molte cose non le
possiamo più o ancora fare. Allora meditiamo, cominciamo in silenzio a pensare
in largo a collegarci e a collegare i casi o, meglio ancora, il caso come se
esistesse, perché tutto ha un senso, anche questa “epidemia”.
mercoledì 11 marzo 2020
Ifattinprima. 50 «Quanto è triste stare lontani un metro».
Tratto
da
“Mettersi in ascolto” di Michele Serra, pubblicato sul quotidiano “la
Repubblica” dell’11 di marzo 2020: Quando parliamo del virus non stiamo
parlando del virus, che è appena un pallino infinitesimo e fragile, molto più
mortale di noi, e destinato allo sterminio grazie al vaccino. Quando parliamo
del virus stiamo parlando di noi. Nostri sono gli errori di sottovalutazione (…),
nostra l’angoscia, nostro l’orgoglio della scienza, nostra la speranza.
martedì 10 marzo 2020
Lalinguabatte. 96 «Far leva sulla paura è però puro cinismo politico».
Scriveva l’indimenticata Margherita
Hack su il “Corriere della Sera” del 17 di maggio dell’anno 2008: «Tutti
sappiamo che se venissero a mancare loro, non ce la faremmo. All’ospedale, dove
hanno curato mio marito e me se non ci fossero stati gli infermieri polacchi,
serbi, ucraini tutto si sarebbe fermato. Per questo è vergognosa questa spinta
ad aizzare i peggiori istinti umani». Si era soltanto all’anno 2008,
anno d’inizio della “grande crisi”
tuttora imperante – “coronavirus” al tempo incolpevole ma distrattamente non
segnalato riguardando esso piccoli focolai d’infezione lontani dal mondo ricco
e “civilizzato” -, ché ancora non si eran visti i gagliardi governi della “rottamazione”
prima e del “cambiamento” poi. Oggigiorno ne raccogliamo ancora gli sparsi cocci.
Il giorno successivo all’articolo del “Corriere della Sera” Vittorio Emiliani in
“Sbatti i Rom in prima pagina”, pubblicato
sull’allora vivente quotidiano “l’Unità”, scriveva: (…). Siamo sempre più un Paese
spaesato, senza coordinate, spaventato e come ripiegato su sé stesso. (…).
Abbiamo mandato per il mondo, fra le Americhe, l’Australia e il vecchio
Continente, circa 30 milioni di connazionali affamati e senza lavoro, da metà
Ottocento a tutti gli anni Sessanta del Novecento, e ci siamo totalmente
dimenticati di questo enorme esodo forzoso. Ci stiamo dimenticando persino
della gigantesca emigrazione da Sud a Nord, dalla montagna alla pianura, alle
coste, avvenuta nemmeno mezzo secolo fa. La gente, si sottolinea, ha paura. Far
leva sulla paura è però puro cinismo politico. Una classe dirigente che si
rispetti deve anche spiegare che la situazione italiana è, più o meno, la
stessa degli altri Paesi sviluppati. - Una nazione che chieda al suo governo il
solo mantenimento dell’ordine è già schiava in fondo al cuore, schiava del suo
benessere e da un momento all’altro può presentarsi l’uomo destinato ad
asservirla _. Sono parole, lucide e taglienti, di uno dei più autentici e schietti
pensatori e politici liberali, Charles-Alexis Clérel de Tocqueville nel volume “La
democrazia in America”, anno 1840. Siamo in Europa. Vediamo di starci, in tutti
i sensi. Ragionando e capendo. Migranti di ieri, migranti dell’oggi. Si
è migranti per bisogno, per fame. Si è migranti spesso per sfuggire alle
guerre, per sfuggire alle tirannie. Non si hanno, in questi ultimi casi,
migrazioni bibliche, giusto per utilizzare un termine abusato. Ma stiamo
assistendo, in questo ventunesimo secolo, a nuove migrazioni bibliche.
Difficile capirne le ragioni? O forse non si vogliono semplicemente cercare le
ragioni che inducono a migrare, da ogni angolo di questo pianeta, milioni di
uomini e donne e bambini. Cosa cercano questi disperati del ventunesimo secolo?
Forse di delinquere in massa? Anche i nostri migranti di un tempo migravano per
sfuggire il più delle volte alla più nera delle miserie; migravano con la
speranza dei disperati di creare un futuro diverso alle famiglie rimaste nella
terra d’origine. E le responsabilità proprie delle nazioni cosiddette
progredite, oramai abbastanza scristianizzate? Responsabilità per un
impoverimento colonialistico di tante zone della Terra sfruttate per le loro ricerche
affannose delle risorse di materie prime; responsabilità per l’ineguale distribuzione
delle ricchezze prodotte. Ma anche noi, delle cosiddette terre progredite,
possiamo considerarci moderni “migranti” della globalizzazione: nel senso che
ci sfugge il significato di questa epocale trasformazione nelle produzioni e
nei consumi e di fronte all’incertezza di un futuro senza prospettive certe
induriamo il nostro cuore e le nostre menti, pronti a difendere quel che resta,
ed è tanto assai, dei nostri beni, delle nostre comodità, e perché non dirlo,
delle nostre futilità di sfrenati consumatori. È questo il punto: non siamo più
disposti ad “aggiungere un posto a tavola”, non siamo più aperti a vedere
nei migranti che si aggirano nelle nostre affollate contrade quegli stessi
esseri umani che un tempo, con le valigie di cartone trattenute da un robusto
spago, lasciavano con infinita tristezza le proprie case per un futuro da
nessuno garantito. E la paura di perdere quel poco, o quel tanto che si
possiede, ci spinge a dare ascolto alle peggiori profezie, ci spinge ad essere
lusingati dalle promesse di una sicurezza ottenuta con la robusta politica
delle cannoniere. Non è una risposta umana a cambiamenti d’epoca e che
riguardano il mondo tutto globalizzato!
lunedì 9 marzo 2020
Cosedaleggere. 31 «Nel processo di globalizzazione c’è stato il divorzio fra potere e politica».
Tratto
da “Contaminati dunque umani” di Wlodek
Goldkorn, pubblicato sul settimanale “L’Espresso” del primo di marzo 2020: (…). …nel
processo di globalizzazione c’è stato il divorzio fra potere e politica. Noi
tutti, ci sentiamo smarriti perché oggi chi governa non può prendere decisioni,
può solo promettere di essere in grado di decidere. Ma sappiamo che si tratta
di promesse che non potranno essere mantenute.
domenica 8 marzo 2020
Cosedaleggere. 30 «La democrazia non è la figlia stupida della matematica».
Tratto
da “L’illusione del potere in mano a
tutti” di Ezio Mauro, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 7 di marzo
2020: (…). La stagione del disincanto ha sostituito la rabbia alla critica,
la rottamazione al cambiamento, la ruspa alla politica, lo slogan alle idee, ma
la qualità democratica del Paese non è cambiata, l’efficienza del meccanismo di
governance nemmeno.
sabato 7 marzo 2020
Cronachebarbare. 72 «"Che tu sia saggio, sapiente, così vivrai a lungo!"».
Ha
lasciato scritto a noi che gli siamo sopravvissuti e che sopravviveremo anche
al “coronavirus”
Andrea Camilleri (riportato alla pagina 83 del volume “Segnali di fumo”, UTET 2019): “Compio ottantotto anni. Francamente, per il
mondo di oggi, sono troppi. Proprio ieri, un cinquantenne in moto, sfiorando il
mio incerto passo, mi ha gridato: «Che cazzo campi ancora a fa’?». Il problema
è proprio questo: alla mia età che cazzo si campa ancora a fa’?”. Titola
Alessandro Robecchi – o chi per Lui - il Suo “pezzo” pubblicato su “il Fatto
Quotidiano” del 4 di marzo: «È la legge
dei mercati: quanti “nonni” siamo disposti a sacrificare?». Puro cinismo? In
quel titolo per sollevare una questione nuova?
venerdì 6 marzo 2020
Ifattinprima. 49 «Il cancro è “meno rischioso”. Mancando cure risolutive “il pool dei malati resta stabile”».
A lato. Giuseppe Bertini: "La peste a Milano".
Tratto
da “La cecità di stato: il virus
spiegato da Goldman Sachs” di Barbara Spinelli, pubblicato su “il Fatto
Quotidiano” del 5 di marzo 2020:
giovedì 5 marzo 2020
Letturedeigiornipassati. 94 Joseph Stiglitz: «I mercati non hanno funzionato».
Una
“profezia” che si avvera? Tratto dalla “prefazione” al volume “Il prezzo della disuguaglianza” –
Einaudi Editore (2013) - di Joseph Stiglitz
riportato sul quotidiano “la Repubblica” del 5 di marzo dell’anno 2013 con il titolo “Fuori mercato perché l'economia ha bisogno della politica”: Vi
sono momenti, nella storia, in cui sembra che tutti i cittadini del mondo
insorgano per dire che c'è qualcosa di sbagliato, per chiedere un cambiamento.
È accaduto con i tumulti del 1848 e del 1968, quando la sollevazione segnò
l'inizio di una nuova era. E il 2011 potrebbe rivelarsi un altro di tali
momenti.
mercoledì 4 marzo 2020
Letturedeigiornipassati. 93 «Il trionfo dell'ignoranza, mascherata da diplomi».
Prima della “letturadeigiornipassati”
di oggi, lettura pubblicata il 4 di marzo dell’anno 2017 ed è tratta da “I tanti colpevoli del fallimento
dell'istruzione” a firma di Umberto Galimberti – sul settimanale “D” del
quotidiano “la Repubblica” - mi garba assai anticiparVi una graziosissima e
gustosissima lettura tratta da “La
gallina volante” – Ugo Guanda editore (2000) – di Paola Mastrocola che è
scrittrice di valore ed è stata insegnante nella scuola pubblica italiana. La
lettura di Paola Mastrocola è stata riportata nel mio volume “I Professori” – AndreaOppureEditore
(2006) – al capitolo VIII che ha per titolo “Ove tanto spesso si ha la sfrenata voglia di fuggirne”, dalla
“scuola” tanto per essere chiari. Ha scritto Paola Mastrocola:
martedì 3 marzo 2020
Ifattinprima. 48 “Coronavirus”&Pil.
Tratto
da "È come lo shock petrolifero del
'73: al 50% sarà recessione globale", intervista di Eugenio Occorsio a
Kenneth Rogoff – economista ad Harvard – pubblicata sul settimanale “A&F”
del quotidiano “la Repubblica” del 2 di marzo 2020:
lunedì 2 marzo 2020
Lalinguabatte. 95 «La cultura usa-e-getta della gratificazione istantanea».
Che si abbandoni, seppur per
poco, la vicenda del “coronavirus”, perfetta “macchina
di distrazione di massa”, per approdare su lidi più ospitali ed agevoli
ove si parla dell’”umana sessualità” e delle sue più recenti manifestazioni. Difficile
in verità addentrarsi in una materia tanto ostica e dai mille risvolti e
significati più o meno palesi. Roba da psicoanalisti. Io non ne posseggo le
competenze. Lascio parlare il sociologo Zygmunt Bauman in una delle Sue fatiche
scritte per un supplemento del quotidiano “la Repubblica” – del 6 di dicembre dell’anno
2008 - che ha per titolo “Veloce non è
sexy”, che in parte di seguito trascrivo.
domenica 1 marzo 2020
Cosedaleggere. 29 «Il bibliofilo è esposto all’insidia dell’imbecille».
Lo riconosco. Devo un immenso “grazie”
che non finirà mai e poi mai al grande, indimenticabile Umberto Eco. Lo devo
per lo spunto iniziale, per la battuta facile, che in tante occasioni, dovendo
parlare del leggere e/o dei libri, ho potuto avere utilizzando il Suo
straordinario neologismo “libridinoso”, ovvero di chi ha un
rapporto particolare con i libri, quasi a volerne essere una loro parte nel
profondo anche della loro struttura fisica più intima, tanto da desiderarne
sempre il fisico contatto e desiderosi alquanto e sempre d’inalare quell’odore
particolare che da essi si espande, come sublime delicato olezzo, allorquando
si proceda alla loro prima sfogliatura. Sarà pure una deviazione della mente, ché
le vie della mente umana sono sempre impreviste ed imprevedibili, ma il
possesso dei libri, la loro custodia, il piacere intimo di saperli riposti in
quel tal luogo, su quel preciso scaffale, ha un profondo effetto di
soddisfazione nel “libridinoso” conclamato e riconosciuto. Devo purtroppo
ammettere di fare parte della schiera, ritengo ben nutrita, dei “libridinosi”.
Si era certamente già capito. E quante volte mi sono visto costretto
all’acquisto di un altro volume dello stesso titolo da dare in prestito a
seguito di una imprudente richiesta di lettura. Tale è la condizione umana del “libridinoso”.
Iscriviti a:
Post (Atom)