Nel ciarpame televisivo imperante
un raggio di luce è spuntato ieri sera, 26 di gennaio, sulla televisione
deputata a servizio pubblico. Si proponeva alle ore 20.30, su Rai5-Tv, “Serata colorata”. Ove si narrava del
campo di Ferramonti sito nel comune di Tarsia in provincia di Cosenza. Un “evento”
che straordinario è dir poco, considerato l’inesistente spessore culturale al
quale le televisioni – tutte - si sono votate in massa e da tempo. Poiché in
quel campo, si è narrato, aveva trovato trionfo l’umanità, ovvero l’umanità più
vera, senza particolarismi che siano di religione o di appartenenza a supposte,
inventate “razze” umane. In quel campo lì – che rende onore ad una terra che
continua ad accogliere il “diverso”, lo “straniero” - furono rinchiusi, negli
anni successivi alla entrata in guerra dell’Italia “fascista”, il fior fiore
della intelligenza europea, intelligenza viva e creatrice soprattutto nel campo
musicale. E la serata proposta prendeva a titolo quello di una composizione musicale
ritrovata, alla fine di quella guerra, in quel campo, “Serata colorata” per l’appunto.
Ne è venuta fuori, dalle letture
di Peppe Servillo, la rappresentazione di una umanità autoctona – contadini,
braccianti, sacerdoti, guardie carcerarie, burocrati, medici - che in barba ad
un ventennio di soffocante indottrinamento è stata, pur nelle sue miserevoli
condizioni economiche e sociali, dalla parte dei reclusi, musicisti, ingegneri
e quant’altro l’intelligenza europea era a quel tempo riuscita a far nascere. Un
appuntamento straordinario, dicevo, che di certo non avrà goduto della presenza
del grande pubblico televisivo indirizzato ed attratto per e da ben altro
intrattenimento. Sol che si pensi all’atto eroico ultimo compiuto dal direttore
di quel campo che, all’approssimarsi delle colonne tedesche in disordinata risalita
lungo lo stivale d’Italia, esponeva una bandiera gialla ad indicare una
inesistente epidemia di colera, atto che consentì di salvare il “campo
Ferramonti” ed i suoi preziosissimi, amatissimi “ospiti”. Una straordinaria
storia di varia umanità, nel dilagare dell’orrore e della morte che, nella
giornata odierna, ricordiamo come “Giornata Della Memoria”, “giornata”
che dobbiamo alla tenace azione di Furio Colombo, allora deputato, affinché il
27 di gennaio divenisse momento di attenzione e di necessaria riflessiva “memoria”.
Una testimonianza di quanto lugubre sia stato quel tempo che oggi si ricorda ci
viene da “Milano-Auschwitz” di Furio
Colombo, pubblicata su “il Fatto Quotidiano“ del 27 di gennaio dell’anno 2010:
“(…).
Noi siamo su un lastrone di cemento al binario 21. Siamo testimoni di un
delitto italiano di cui sono restati tutti i segni e tutte le impronte. Dal
binario 21 partivano i treni, mentre Milano viveva la sua difficile vita di
guerra, la borsa nera, lo sfollamento, il treno per venire al lavoro e tornare
in campagna per essere più al sicuro, quel tanto di solidarietà che nasce
sempre nei momenti difficili. Non per tutti. Una bambina che è passata sul
marciapiede buio del binario 21, in quel misterioso piano di sotto racconta: -
Dopo l’arresto ci avevano rinchiuso a San Vittore, con ladri e malfattori.
Quando ci hanno messi in marcia verso la stazione donne, uomini, vecchi,
bambini, in uno strano corteo, soltanto i detenuti di San Vittore hanno gridato
coraggio, hanno capito l’assurdo, ci hanno dato quel che avevano da mangiare e
per stare caldi. Nelle strade di Milano non se ne è accorto nessuno, nessuno si
è voltato -. È la voce di Liliana Segre … Ecco il binario 21. Da qui, dalla
stazione italiana, con personale italiano e scorta italiana, partivano i treni
Milano-Auschwitz. Qui spingevano sui vagoni gli ebrei italiani destinati a
morire. (…)”. Scriveva Federica Belli Paci figlia di Liliana Segre, tra
i pochi sopravvissuti dei 600 ebrei deportati ad Auschwitz dal “Binario 21”
della stazione di Milano il 30 gennaio dell’anno 1944, una lettera pubblicata
sul quotidiano “Corriere della sera” del 7 di novembre 2013 col titolo “Le nostre ferite si riaprono”: Caro
direttore, leggo, dal sito del Corriere della Sera, l’affermazione di Silvio
Berlusconi e rabbrividisco: «I miei figli come gli ebrei sotto Hitler». Sono la
figlia di Liliana Segre e mi rivolgo all’Associazione Figli della Shoah per
sapere come intende agire, congiuntamente con tutte le Comunità Ebraiche
Italiane, al Memoriale della Shoah e alle altre associazioni, per rispondere a
queste farneticanti e inaccettabili dichiarazioni. Ricordo che il giorno
dell’inaugurazione del Memoriale alla Stazione Centrale di Milano Silvio
Berlusconi si è presentato, inatteso e non invitato, ha preso posto in
primissima fila, offrendo l’osceno spettacolo della sua testa reclinata
all’indietro e della sua bocca aperta, accasciato e addormentato proprio
durante le parole di mia madre. Parole strazianti, sofferte, dolenti,
accompagnate dal rumore del passaggio dei treni sopra di noi. Da quella
stazione mia madre era partita bambina, su un carro merci, con suo padre e i
suoi nonni, verso ignota destinazione. Perché è questo il destino che Hitler
riservava agli ebrei sotto di lui. Mia madre è tornata, ha vissuto, ha avuto 3
figli e 3 nipoti. Oggi è una splendida donna di 83 anni, che ha trascorso la
sua esistenza cercando di uscire da Auschwitz e nonostante sia meravigliosamente
attaccata alla vita, chissà che ancora oggi ci sia davvero riuscita. Tutti noi
figli, profondamente segnati dall’identificazione con lei, affrontiamo ogni
giorno nel fondo della nostra anima un dolore che si avvicina pudicamente al
suo, abbiamo ferite incurabili, traumi che nessuno psicanalista potrà mai
guarire. Siamo cresciuti con insegnamenti un po’ speciali, con passaporti
sempre pronti, con cassetti traboccanti di foto di scheletri, con la paura
delle ciminiere e l’impossibilità di tenere lo sguardo su un treno merci, non
ci permettiamo di rifiutare il cibo neanche se scaduto e maleodorante, non
riusciamo a pronunciare la parola forno nemmeno per calcolare il tempo di
cottura di una torta di mele, mentre doccia ha un che di sinistro e il suono della
lingua tedesca ci fa trasalire, se poi è urlata ci spezza il respiro in gola,
proviamo un brivido ad ogni sforbiciata del parrucchiere che fa cadere a terra
una ciocca dei nostri capelli, ci spaventa il latrato di un cane, le
cancellate, il filo spinato e guardiamo ogni giorno il braccio che ci ha
stretto mentre venivamo al mondo, sporcato e offeso da un orrendo tatuaggio.
Sono tanto fiera di essere figlia di questa madre, quanto disgustata da Silvio
Berlusconi e dalle sue parole. Resto a disposizione di Marina, Piersilvio,
Barbara, Eleonora e Luigi Berlusconi per un confronto sulle nostre reciproche
vite. Questa sera – per la “Giornata della Memoria” - Rai5-Tv propone
alle ore 21.15 “Songs for eternity” con
la presenza di Moni Ovadia. Un appuntamento da non mancare. Per non dire, poi, “non
sapevo”.
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