Da “Il
governo Gentiloni, una presa in giro per 20 milioni di italiani”,
intervista di Marco Travaglio al professor Gustavo Zagrebelsky pubblicata su
“il Fatto Quotidiano" del 13 di gennaio 2017: (…). Cosa hanno voluto dire i 20
milioni di elettori del No? - Voltiamo pagina dalle politiche neoliberiste e
dalla svendita del patrimonio pubblico che monopolizzano il dibattito
culturale, accademico, giornalistico e politico da 30 anni e hanno prodotto
tanti disastri sociali. Operazione completata con la riforma costituzionale
dell’articolo 81, cioè dell’equilibrio di bilancio sotto l’egida della
Commissione europea, approvata in fretta e furia sotto il governo Monti da
centrodestra e centrosinistra nel silenzio generale. Ecco: proponeteci un’altra
politica -.
Che c’è di male nell’imporre bilanci in ordine? - L’equilibrio di bilancio comporta di fatto la rinuncia alla politica keynesiana di investimenti pubblici per creare sviluppo e lavoro, cioè la pura e semplice rinuncia alla politica. In nome del primato assoluto dell’economia finanziarizzata. Come in Grecia, dove la democrazia è stata azzerata. Nei miei incontri per il No, ho colto una gran fame di politica, cioè di una sana competizione fra politica ed economia, senza il predominio della seconda sulla prima -.
Che c’è di male nell’imporre bilanci in ordine? - L’equilibrio di bilancio comporta di fatto la rinuncia alla politica keynesiana di investimenti pubblici per creare sviluppo e lavoro, cioè la pura e semplice rinuncia alla politica. In nome del primato assoluto dell’economia finanziarizzata. Come in Grecia, dove la democrazia è stata azzerata. Nei miei incontri per il No, ho colto una gran fame di politica, cioè di una sana competizione fra politica ed economia, senza il predominio della seconda sulla prima -.
Si spieghi meglio. - Fare politica significa
scegliere liberamente tra opzioni: se tutto è obbligato da istituzioni esterne,
grandi banche e fondi d’investimento, la politica sparisce. È la dittatura del
presente, un presente repulsivo per molte persone. Nella dittatura del presente
la politica sparisce e la democrazia diventa una farsa. Le elezioni diventano
un intralcio, a meno che le oligarchie non siano sicure del risultato. Il sale
della democrazia è l’incertezza del responso popolare. Invece si preferisce uno
sciapo regime del consenso -.
E, dopo il referendum, ecco il
governo-fotocopia. – (…). Uno statista deve dire che il futuro non è oggi, ma
va costruito da oggi con enormi sacrifici, e che i sacrifici devono
distribuirsi tra coloro che possono sopportarli e, spesso, hanno vissuto finora
da parassiti alle spalle degli altri -.
Vedo che Renzi lei non lo nomina proprio… E
del governo Gentiloni che dice? - È il rifiuto di guardare la realtà, una
riprova dell’autoreferenzialità del politicantismo. Quasi uno sberleffo dopo il
4 dicembre. Era troppo sperare che si prendesse atto dell’enorme significato
politico del referendum, del colossale voto di sfiducia che l’elettorato ha
espresso nei confronti degli autori della tentata “riforma”? Non è una
questione personale: saranno tutte ottime persone. Ma è una questione politica.
Invece, Maria Elena Boschi, la madrina della “riforma”, è stata promossa in un
ruolo-chiave nel governo e la coautrice e relatrice, Anna Finocchiaro, è
diventata ministro. Mah! L’unica novità è la ministra dell’Istruzione, subito
caduta sul suo titolo di studio. Per il resto, uno scambio di posti. Ma per i
nostri politici, forse perché sospettano di contare poco o nulla, chiunque può
fare qualunque cosa -.
Non hanno capito o fingono di non capire tutti quei No? - Con i sondaggi che danno la fiducia nei partiti avviata verso il sottozero, verrebbe da credere che Dio acceca chi vuol perdere -.
Che si voti ora o nel 2018, siamo comunque a
fine legislatura. - Lei ne è così sicuro? Io un po’ meno. Si dice che occorre
armonizzare le leggi elettorali di Camera e Senato. È giusto. Ma, se non le
armonizzano entro il 2018, cioè alla naturale scadenza della legislatura, che
succede? Si dirà che, per forza maggiore, per il momento, non si può ancora
andare al voto? -.
Pensa seriamente che potrebbero farlo? - Non
mi stupisco più di nulla. La continuità, ribattezzata stabilità, sembra essere
diventata la super-norma costituzionale. Il governo Gentiloni non ne è una
dimostrazione, in attesa che si ritorni al prima del referendum? -.
Dicono: non si può votare subito perché il
No ha mantenuto il Senato elettivo con una legge elettorale diversa da quella
della Camera. - La colpa sarebbe dunque degli elettori? E non di coloro che
hanno scritto leggi con la sicumera di chi ha creduto che l’esito scontato del
referendum sarebbe stato un bel Sì? Così, la riforma delle Province della legge
del 2014 è stata scritta “in attesa della riforma del Titolo V della
Costituzione” e l’Italicum è nato sul presupposto dell’abolizione del Senato
elettivo. Si può legiferare, tanto più in materia costituzionale, “nell’attesa
di…”? Che presunzione! E la colpa sarebbe dei soliti cattivi che deludono le
rosee attese… Suvvia…-.
Napolitano e Mattarella dovevano respingere
le due leggi? – (…). Che cos’è l’ideologia, se non la presunzione di spiegare
il mondo a venire tramite le proprie granitiche convinzioni e di tacitare i
dissenzienti come eretici? Quelli del No tante volte, in questi due anni
perduti, si sono sentiti bollare d’eresia. La verità erano le riforme e i
garanti delle istituzioni, se non sono stati essi stessi tra i promotori di
quella verità, come il presidente Napolitano, l’hanno probabilmente subita,
come il presidente Mattarella, insieme allo stuolo di commentatori e
costituzionalisti che non hanno guardato le cose con il distacco che avrebbe
fatto vedere loro entrambi i lati delle possibilità. Se lei mi chiede se i
garanti avrebbero dovuto aprire gli occhi e moderare l’arroganza e la vanità
dei “riformatori”, la risposta è sì. Ora il peccato originale di questa
legislatura presenta il conto -.
Peccato originale? - Nel 2014, dopo la
sentenza della Consulta sul Porcellum che delegittimava il Parlamento, pur
lasciandolo provvisoriamente in vita, si sarebbe dovuto, appena possibile,
tornare alle urne. Una legge uniforme per le due Camere, allora, c’era: quella
uscita dalla sentenza, il cosiddetto “Consultellum”. Ma anche su questo s’è
fatto finta di niente, contando sul fatto che i buoni risultati – su tutti la
magica riforma costituzionale – avrebbero fatto aggio sul difetto di
legittimità originaria, di cui nessuno avrebbe più parlato. Buoni risultati? Il
giudizio l’ha appena dato il corpo elettorale -.
Cosa si aspetta ora dalla Consulta, che il
24 si pronuncerà sull’Italicum? - Se valgono le ragioni scritte nei precedenti
costituzionali, e non ragioni d’altro tipo, pare di capire che è
incostituzionale anche l’Italicum: per i capilista bloccati cioè nominati, per
il premio abnorme di maggioranza e per la difformità fra il sistema
ipermaggioritario della Camera e il Consultellum proporzionale del Senato -.
E sulla bocciatura del referendum della Cgil
sull’abolizione dell’articolo 18? - Da ex giudice costituzionale, ho un obbligo
di discrezione. Una sola osservazione: sono sconcertato dal fatto che escano
notizie, fondate o infondate che siano, sugli schieramenti con nomi e cognomi
formatisi nella camera di consiglio, dove dovrebbe regnare il riserbo assoluto
-.
Cosa si augura di qui alle elezioni? - Che
si ricominci a fare politica, non con manovre di palazzo ma con progetti per
l’avvenire che ci facciano uscire da questo tempo esecutivo che ha bandito la
politica, se non come mera lotta per l’occupazione dei posti di potere. Tolto
di mezzo il referendum, che è stato un fattore di congelamento anche delle
idee, mi auguro un periodo di disgelo. Spero che si ricominci a progettare
politicamente e, attorno ai progetti, si raccolgano le forze sociali disposte a
partecipare. Il Pd, così come è stato negli ultimi tempi, è uno dei problemi.
Il congelamento della politica è dipeso anche da quel partito che è apparso
finora come incantato o inceppato dal suo presunto salvatore. Mi augurerei una
terapia di disincantamento. Si sente l’esigenza di qualcuno che alzi gli occhi
e guardi oltre il giorno per giorno -.
(…). Anche a giornali e tv si perdonano
bugie e falsità, mentre per il Web s’è perfino coniato il neologismo della
“post-verità”. - Come se, prima del Web, l’informazione fosse il regno della
verità! Da sempre la menzogna è un’arma del potere, lo teorizzava già
Machiavelli. Il che non significa che la si debba accettare. Anzi, occorre
combatterla, perché la verità è, invece, l’arma dei senza potere contro i
prepotenti. La Verità non esiste, ma la verità sì. Almeno sui dati e sui fatti
oggettivi. Poi le interpretazioni sono libere -.
Si dice che il successo di Trump, della
Brexit e dei 5Stelle contro gli establishment è colpa delle fake news sul Web.
- Troppo facile. Le bufale del Web sono così dozzinali che chi ha un minimo di
conoscenza può facilmente respingerle, perché quella è una comunicazione
orizzontale: verità e bugie, spesso anonime o firmate da ignoti, non hanno
autorevolezza e si elidono reciprocamente. Invece la somma delle bugie o delle
reticenze diffuse dalla stampa e dalle tv sono firmate, dunque più autorevoli,
ergo meno smentibili, perché quella è una comunicazione verticale. Occorrerebbe
bloccare gli interventi anonimi sul Web, così sarebbe più facile distinguere
chi è credibile e chi no. Se poi qualcuno diffama, si creino procedure
giudiziarie rapide. La difesa della reputazione delle vittime è inconciliabile
con i tempi lunghi. Ma le fake news diffuse per turbare l’ordine pubblico sono
già ora materia penale. Per il resto, questa storia della post-verità mi pare
un discorso falso: come se, prima, non esistesse e vivessimo nel paradiso della
verità -.
Che intende dire? - Da quando gli elettori
disobbediscono regolarmente agli establishment, questi cercano scuse per
giustificare le proprie sconfitte e per mettere le mani sull’unico medium che
ancora non controllano: la Rete. Si sentono voci autorevoli domandare: ma non
vorremo mica far votare gli ignoranti, anzi i “populisti”? Se lo chiedeva già
Gramsci: è giusto che il voto di Benedetto Croce valga quanto quello di un
pastore transumante del Gennargentu? La risposta, di Gramsci ieri e di ogni
democratico oggi, è semplice: se il pastore vota senza consapevolezze, è colpa
di chi l’ha lasciato nell’ignoranza; e se tanta gente vota a casaccio, è perché
la politica non gli ha fornito motivazioni adeguate. Questi signori pensino a
come hanno ridotto la scuola, la cultura e l’informazione: altro che il Web! -.
Grazie, professore.
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