"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 7 luglio 2015

Cosecosì. 99 “Daniel Cabrera e la signora Christine Lagarde”.



Voi. Voi, che il provvidenziale, canicolare arrivo del buon “Fetonte” - che nello antico straordinario mondo delle leggende nate in un certo pittoresco angolo del vecchio continente è stato figlio del dio Sole e di Merope e che precipitò col suo carro del sole per castigo di Zeus annegando nell’Eridano – voi che, dicevo giustappunto, “Fetonte” ha strappato ai vostri sicuri, confortevoli “romitaggi” sottraendovi così alla completa lobotomizzazione alla quale sareste destinati stante l’imperversare della perfida comunicazione di massa costruita e controllata da chi può; voi che andate ciabattando per i litorali assolati nei vostri colorati “pinocchietti”; e voi che correte come abitatori degli inferi poiché condannati a correre pur di perdere l’eccesso pingue dei vostri corpi infelpati nei vostri tessuti tecnologici che ne limitino la traspirazione onde assicurare una abbondante sudorazione che sciolga l’adipe prominente; voi che state per posare i vostri occhi sulla immagine posta a lato e con pazienza e senza fretta – lo spero, almeno per un istante - osserverete quel bimbo che al lume di un lampione svolge i suoi compiti di scolaro, chiedetevi, per un istante solo, se il mondo (economico-finanziario) al quale appartenete e quel bimbo appartiene sia da salvare o no. Sembra che tutto il web abbia guardato quella foto. Guardata fuggevolmente ma non vista forse. La storia di quel bimbo filippino ci è stata raccontata da Adriano Sofri sul quotidiano la Repubblica del 3 di luglio – “Daniel che studia alla luce di un lampione” -:
(…). Il protagonista ha 9 anni, si chiama Daniel Cabrera, il cognome è quello di un padre che la madre non sposò, e si ammalò e morì in galera a Mindanao. La madre, Maria Christina Espinosa, sbriga qualche lavoretto e chiede la mancia alla “carinderia” McDonald’s di Mandaue City (quasi 400 mila abitanti). (…). La signora Espinosa arrotonda facendo la lavandaia. Guadagna il minimo indispensabile, (…), per tirare avanti con Daniel e il suo fratellino Gabriel, 7 anni, scolaro anche lui: 60 piso, l’equivalente, se ho calcolato bene il cambio, di 1 euro e 20. Altri 4 figli sono rimasti coi parenti a Mindanao. Daniel fa la terza. Possiede una sola matita, ne aveva un’altra, dice, gliel’ha rubata un compagno, e perciò ha messo nella cartella un rosario, che scongiuri un altro furto. Non gli manca niente, dice, tranne l’album per disegnare. Sua madre glielo comprerà, ha promesso, appena potrà. (…). La famiglia di Daniel dorme pressoché all’addiaccio sotto il muricciolo di recinzione del Mc-Donald’s, accatastando qualche panca per proteggersi dal freddo e la pioggia. La luce Daniel la trova dov’è, e anche i quattro legni inchiodati che gli fanno da scrittoio. Quando era più piccolo, il “Barangay Captain”, il capo della circoscrizione di Subangdaku, Ernie Manatad, raccolse lui e altri 31 bambini in una scuola domenicale di recupero, per toglierli da una strada rischiosa per la criminalità e il traffico di camion. “Ne valeva la pena”, dice ora. (…). Il dottor Giomen Probert Ladra Alayon, (…), spiega che il compito a casa che Daniel stava svolgendo consisteva nell’identificare gli animali illustrati nel suo libro. Molti commenti alla foto hanno lodato la determinazione con cui il bambino si prepara un futuro. Forse. Ma sarebbe bello che Daniel si stia contentando dei suoi 9 anni, e del piacere gratuito di riconoscere gli animali e trascriverne i nomi in inglese. Succede che i bambini non abbiano affatto pensato a chi e che cosa vogliono diventare da grandi, e che rispondano — “il poliziotto, il medico…” — perché sono indulgenti, e risarciscono i grandi che già non sono diventati quello che avrebbero voluto. Da grande, forse, Daniel verrà in Italia. Ci sono 170 mila filippine e filippini in Italia, molti hanno un prestigioso titolo di studio, e fanno una quantità di cose, per così dire, insperate. Ecco, cosa vi abbia ispirato o vi ispiri solamente ora la vista di quella foto nel mentre che nella Grecia affamata si è chiesto alla gente stremata – pistola fumante alla tempia - la disponibilità a sopportare – con pazienza - altre infinite ristrettezze imposte da quelle entità straniere – ché tali sono o possono essere considerate l’FMI, la BCE, l’Europa stessa, che non si fanno punto carico delle sofferenze di una piccola parte di cittadini – entità che definire sorde a cieche dinnanzi alla povertà dilagante è dir poco, non riesco proprio a pensare. Ho pensato, alla vista di quella foto, al piccolo Daniel Cabrera sì - che ha l’età del mio nipote “maggiore” – ma anche ai milioni e milioni di altri Daniel Cabrera che abitano questo “porco” mondo globalizzato all’interno del quale le disuguaglianze crescono senza freno alcuno poiché una parte della politica, che della cura dei tanti Daniel Cabrera ha fatto motivo in passato della sua stessa esistenza, ha cessato di accostarsi ad essi lasciandoli soli al loro miserrimo destino. Ritrovo nel mio archivio un reportage che Federico Rampini scrisse il 26 di aprile dell’anno 2014 dopo l’ascesa alla più alta carica del “Fondo Monetario Internazionale” della signora Christine Lagarde – sul settimanale “D” del quotidiano la Repubblica, “Lagarde la signora dei soldi” -. Scriveva nell’occasione l’illustre opinionista: (…). Deflazione: strano termine che per molti di noi ha un suono positivo, amichevole. Perché anzitutto sta a significare il contrario dell'inflazione: un calo prolungato dei prezzi. Siamo vissuti per decenni in un'economia inflazionistica, perciò siamo sensibili al pericolo opposto. Se i prezzi aumentano il nostro potere d'acquisto si riduce, il nostro reddito "compra meno cose". Gli italiani ancora non hanno perdonato all'euro quello shock inflazionistico, misteriosamente assente dalle statistiche, che "arrotondò" molti prezzi al rialzo nel passaggio dalla lira. Una parte del risentimento anti-euro di oggi è ancora legato a quella sensazione di essere stati impoveriti. Tutto questo spiega ma non giustifica la disattenzione verso il pericolo opposto. Un'inflazione a zero non è una buona cosa. Proviamo a immaginare un paragone col corpo umano. Se abbiamo la febbre a 40 gradi, è segno che siamo malati e bisogna farla scendere in fretta. Ma la temperatura corporea deve comunque rimanere positiva, l'aspirina ce la deve ridurre al livello normale di 37 gradi, non al di sotto dei 35 gradi (saremmo in piena crisi di ipotermìa e a rischio di assideramento), certamente non a zero gradi: quella è la temperatura di un cadavere all'obitorio. In un'economia sana un po' d'inflazione ci dev'essere, come la temperatura positiva nel corpo umano. L'inflazione zero è un pessimo segnale, anche perché facilmente si scivola sotto lo zero. Prezzi declinanti inducono i consumatori a rinviare le spese aspettando ulteriori ribassi; le imprese sono danneggiate nelle vendite e nei profitti; con i prezzi scendono anche occupazione e salari. Questa catena di conseguenze non è teoria: è accaduto in Giappone nell'ultimo ventennio, la deflazione è l'anticamera di una depressione. È questo il “drago” contro il quale Christine Lagarde vorrebbe Draghi più determinato e combattivo. In questo senso si può dire che sooto la sua leadership il Fmi sta pungolando “da sinistra” gli europei, li esorta a essere più audaci nelle terapie per la creazione di lavoro. (…). Lagarde non si è convertita politicamente, non è affatto una donna di sinistra. Ma da brava avvocata d’affari, è una mediatrice, una che sa interpretare bene i rapporti di forza. A differenza di Strauss-Kan (che in questi giorni ha pubblicamente riconosciuto gli enormi errori compiuti dall’FMI nella vicenda della Grecia n.d.r.) lei non ha una profonda competenza economica, e tuttavia intuisce al volo quale è la posta in gioco nei grandi dibattiti sulle politiche economiche. Si chiama fiuto politico, quella dote che la porta a fare gesti innovativi. “Sento che molti si stupiscono – dice – perché sotto la mia direzione il Fmi studia le disuguaglianze sociali. Non fa parte della nostra missione principale, mi obiettano alcuni. Certo, la missione istituzionale del Fmi è garantire la stabilità finanziaria. Ma di conseguenza tutto ciò che può destabilizzare le economie, ci riguarda e fa parte del nostro mandato. Le diseguaglianze sono tornate a crescere enormemente dopo l’ultima crisi, e questo è un problema rilevante”. (…). Orbene, dov’è finita quella signora Christine Lagarde tanto sensibile a quelle “diseguaglianze (che) sono tornate a crescere enormemente” ancor di più da quando la sua azzimata persona si è assisa sull’alto scranno dell’FMI? È tornata, purtroppo per la Grecia e per tutti i Daniel Cabrera di questo disastrato mondo globalizzato, ad essere la “brava avvocata d’affari, (…) una mediatrice, una che sa interpretare bene i rapporti di forza”, poiché a renderle più facile quel suo lavoro ci ha pensato la cosiddetta politica della “sinistra” che con sorprendente arrendevolezza si è schierata tout-court dalla parte “giusta” dei tanto declamati “rapporti di forza”. Ha scritto Enrico Deaglio sull’ultimo numero (3 di luglio) del settimanale “il Venerdì di Repubblica” – “Se si fanno due conti, i soldi di Veronica risanerebbero la Grecia” -: (…). Strano mondo, quello dell’economia internazionale. Nel 2012 l’Italia era come oggi la Grecia, sull’orlo del default, con i nostri titoli di stato diventati spazzatura (…). Mario Monti (…) risolse la questione velocemente e senza drammi. Solo adesso, con due inaspettate sentenze della Corte Costituzionale, si è appreso come: bloccando l’indicizzazione delle pensioni e i contratti degli statali. Pensionati e mezze maniche quasi senza neanche accorgersene (…) risanarono il buco italiano versando complessivamente qualcosa come 50 miliardi di euro. Che sono poi circa sette volte l’export di Reggio Emilia o, se preferite, della Grecia. Mi rendo conto che queste cifre e questi paragoni sono strampalati: forse però sono un’indicazione della pazzia e dell’ingiustizia del mondo moderno. Dove Veronica Lario (…) incasserà nei prossimi trent’anni quasi 500 milioni di euro, cioè circa metà della tranche su cui si sta intignando Christine Lagarde. Ricordano gli annali che 70 anni fa, esattamente il 14 di luglio 1945, le donne lavoratrici di Torino scioperarono e occuparono l’Unione Industriale, chiedendo la “contingenza” uguale a quella degli uomini. E l’ottennero. Altri tempi, altre donne, altro dopo guerra. 

      

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