Voi. Voi, che il provvidenziale, canicolare
arrivo del buon “Fetonte” - che nello antico straordinario mondo delle leggende
nate in un certo pittoresco angolo del vecchio continente è stato figlio del
dio Sole e di Merope e che precipitò col suo carro del sole per castigo di Zeus
annegando nell’Eridano – voi che, dicevo giustappunto, “Fetonte” ha strappato ai
vostri sicuri, confortevoli “romitaggi” sottraendovi così alla completa
lobotomizzazione alla quale sareste destinati stante l’imperversare della
perfida comunicazione di massa costruita e controllata da chi può; voi che
andate ciabattando per i litorali assolati nei vostri colorati “pinocchietti”;
e voi che correte come abitatori degli inferi poiché condannati a correre pur
di perdere l’eccesso pingue dei vostri corpi infelpati nei vostri tessuti tecnologici
che ne limitino la traspirazione onde assicurare una abbondante sudorazione che
sciolga l’adipe prominente; voi che state per posare i vostri occhi sulla
immagine posta a lato e con pazienza e senza fretta – lo spero, almeno per un
istante - osserverete quel bimbo che al lume di un lampione svolge i suoi
compiti di scolaro, chiedetevi, per un istante solo, se il mondo (economico-finanziario)
al quale appartenete e quel bimbo appartiene sia da salvare o no. Sembra che
tutto il web abbia guardato quella foto. Guardata fuggevolmente ma non vista
forse. La storia di quel bimbo filippino ci è stata raccontata da Adriano Sofri
sul quotidiano la Repubblica del 3 di luglio – “Daniel che studia alla luce di un lampione” -:
(…). Il
protagonista ha 9 anni, si chiama Daniel Cabrera, il cognome è quello di un
padre che la madre non sposò, e si ammalò e morì in galera a Mindanao. La
madre, Maria Christina Espinosa, sbriga qualche lavoretto e chiede la mancia
alla “carinderia” McDonald’s di Mandaue City (quasi 400 mila abitanti). (…). La
signora Espinosa arrotonda facendo la lavandaia. Guadagna il minimo
indispensabile, (…), per tirare avanti con Daniel e il suo fratellino Gabriel,
7 anni, scolaro anche lui: 60 piso, l’equivalente, se ho calcolato bene il
cambio, di 1 euro e 20. Altri 4 figli sono rimasti coi parenti a Mindanao.
Daniel fa la terza. Possiede una sola matita, ne aveva un’altra, dice, gliel’ha
rubata un compagno, e perciò ha messo nella cartella un rosario, che scongiuri
un altro furto. Non gli manca niente, dice, tranne l’album per disegnare. Sua
madre glielo comprerà, ha promesso, appena potrà. (…). La famiglia di Daniel
dorme pressoché all’addiaccio sotto il muricciolo di recinzione del
Mc-Donald’s, accatastando qualche panca per proteggersi dal freddo e la
pioggia. La luce Daniel la trova dov’è, e anche i quattro legni inchiodati che
gli fanno da scrittoio. Quando era più piccolo, il “Barangay Captain”, il capo della
circoscrizione di Subangdaku, Ernie Manatad, raccolse lui e altri 31 bambini in
una scuola domenicale di recupero, per toglierli da una strada rischiosa per la
criminalità e il traffico di camion. “Ne valeva la pena”, dice ora. (…). Il
dottor Giomen Probert Ladra Alayon, (…), spiega che il compito a casa che
Daniel stava svolgendo consisteva nell’identificare gli animali illustrati nel
suo libro. Molti commenti alla foto hanno lodato la determinazione con cui il
bambino si prepara un futuro. Forse. Ma sarebbe bello che Daniel si stia
contentando dei suoi 9 anni, e del piacere gratuito di riconoscere gli animali
e trascriverne i nomi in inglese. Succede che i bambini non abbiano affatto
pensato a chi e che cosa vogliono diventare da grandi, e che rispondano — “il
poliziotto, il medico…” — perché sono indulgenti, e risarciscono i grandi che
già non sono diventati quello che avrebbero voluto. Da grande, forse, Daniel
verrà in Italia. Ci sono 170 mila filippine e filippini in Italia, molti hanno
un prestigioso titolo di studio, e fanno una quantità di cose, per così dire,
insperate. Ecco, cosa vi abbia ispirato o vi ispiri solamente ora la
vista di quella foto nel mentre che nella Grecia affamata si è chiesto alla
gente stremata – pistola fumante alla tempia - la disponibilità a sopportare –
con pazienza - altre infinite ristrettezze imposte da quelle entità straniere –
ché tali sono o possono essere considerate l’FMI, la BCE, l’Europa stessa, che
non si fanno punto carico delle sofferenze di una piccola parte di cittadini – entità
che definire sorde a cieche dinnanzi alla povertà dilagante è dir poco, non
riesco proprio a pensare. Ho pensato, alla vista di quella foto, al piccolo Daniel
Cabrera sì - che ha l’età del mio nipote “maggiore” – ma anche ai
milioni e milioni di altri Daniel Cabrera che abitano questo “porco”
mondo globalizzato all’interno del quale le disuguaglianze crescono senza freno
alcuno poiché una parte della politica, che della cura dei tanti Daniel
Cabrera ha fatto motivo in passato della sua stessa esistenza, ha
cessato di accostarsi ad essi lasciandoli soli al loro miserrimo destino.
Ritrovo nel mio archivio un reportage che Federico Rampini scrisse il 26 di
aprile dell’anno 2014 dopo l’ascesa alla più alta carica del “Fondo Monetario Internazionale” della signora
Christine Lagarde – sul settimanale “D” del quotidiano la Repubblica, “Lagarde la signora dei soldi” -.
Scriveva nell’occasione l’illustre opinionista: (…). Deflazione: strano termine
che per molti di noi ha un suono positivo, amichevole. Perché anzitutto sta a
significare il contrario dell'inflazione: un calo prolungato dei prezzi. Siamo
vissuti per decenni in un'economia inflazionistica, perciò siamo sensibili al
pericolo opposto. Se i prezzi aumentano il nostro potere d'acquisto si riduce,
il nostro reddito "compra meno cose". Gli italiani ancora non hanno
perdonato all'euro quello shock inflazionistico, misteriosamente assente dalle
statistiche, che "arrotondò" molti prezzi al rialzo nel passaggio dalla
lira. Una parte del risentimento anti-euro di oggi è ancora legato a quella
sensazione di essere stati impoveriti. Tutto questo spiega ma non giustifica la
disattenzione verso il pericolo opposto. Un'inflazione a zero non è una buona
cosa. Proviamo a immaginare un paragone col corpo umano. Se abbiamo la febbre a
40 gradi, è segno che siamo malati e bisogna farla scendere in fretta. Ma la
temperatura corporea deve comunque rimanere positiva, l'aspirina ce la deve
ridurre al livello normale di 37 gradi, non al di sotto dei 35 gradi (saremmo
in piena crisi di ipotermìa e a rischio di assideramento), certamente non a
zero gradi: quella è la temperatura di un cadavere all'obitorio. In un'economia
sana un po' d'inflazione ci dev'essere, come la temperatura positiva nel corpo
umano. L'inflazione zero è un pessimo segnale, anche perché facilmente si
scivola sotto lo zero. Prezzi declinanti inducono i consumatori a rinviare le
spese aspettando ulteriori ribassi; le imprese sono danneggiate nelle vendite e
nei profitti; con i prezzi scendono anche occupazione e salari. Questa catena
di conseguenze non è teoria: è accaduto in Giappone nell'ultimo ventennio, la
deflazione è l'anticamera di una depressione. È questo il “drago” contro il
quale Christine Lagarde vorrebbe Draghi più determinato e combattivo. In questo
senso si può dire che sooto la sua leadership il Fmi sta pungolando “da
sinistra” gli europei, li esorta a essere più audaci nelle terapie per la
creazione di lavoro. (…). Lagarde non si è convertita politicamente, non è
affatto una donna di sinistra. Ma da brava avvocata d’affari, è una mediatrice,
una che sa interpretare bene i rapporti di forza. A differenza di Strauss-Kan (che
in questi giorni ha pubblicamente riconosciuto gli enormi errori compiuti
dall’FMI nella vicenda della Grecia n.d.r.) lei non ha una profonda
competenza economica, e tuttavia intuisce al volo quale è la posta in gioco nei
grandi dibattiti sulle politiche economiche. Si chiama fiuto politico, quella
dote che la porta a fare gesti innovativi. “Sento che molti si stupiscono –
dice – perché sotto la mia direzione il Fmi studia le disuguaglianze sociali.
Non fa parte della nostra missione principale, mi obiettano alcuni. Certo, la
missione istituzionale del Fmi è garantire la stabilità finanziaria. Ma di
conseguenza tutto ciò che può destabilizzare le economie, ci riguarda e fa
parte del nostro mandato. Le diseguaglianze sono tornate a crescere enormemente
dopo l’ultima crisi, e questo è un problema rilevante”. (…). Orbene,
dov’è finita quella signora Christine Lagarde tanto sensibile a quelle “diseguaglianze
(che) sono tornate a crescere enormemente” ancor di più da quando la
sua azzimata persona si è assisa sull’alto scranno dell’FMI? È tornata,
purtroppo per la Grecia e per tutti i Daniel Cabrera di questo disastrato
mondo globalizzato, ad essere la “brava avvocata d’affari, (…) una
mediatrice, una che sa interpretare bene i rapporti di forza”, poiché a
renderle più facile quel suo lavoro ci ha pensato la cosiddetta politica della “sinistra”
che con sorprendente arrendevolezza si è schierata tout-court dalla parte “giusta”
dei tanto declamati “rapporti di forza”. Ha scritto Enrico Deaglio sull’ultimo
numero (3 di luglio) del settimanale “il Venerdì di Repubblica” – “Se si fanno due conti, i soldi di Veronica
risanerebbero la Grecia” -: (…). Strano mondo, quello dell’economia
internazionale. Nel 2012 l’Italia era come oggi la Grecia, sull’orlo del
default, con i nostri titoli di stato diventati spazzatura (…). Mario Monti (…)
risolse la questione velocemente e senza drammi. Solo adesso, con due
inaspettate sentenze della Corte Costituzionale, si è appreso come: bloccando
l’indicizzazione delle pensioni e i contratti degli statali. Pensionati e mezze
maniche quasi senza neanche accorgersene (…) risanarono il buco italiano
versando complessivamente qualcosa come 50 miliardi di euro. Che sono poi circa
sette volte l’export di Reggio Emilia o, se preferite, della Grecia. Mi rendo
conto che queste cifre e questi paragoni sono strampalati: forse però sono
un’indicazione della pazzia e dell’ingiustizia del mondo moderno. Dove Veronica
Lario (…) incasserà nei prossimi trent’anni quasi 500 milioni di euro, cioè
circa metà della tranche su cui si sta intignando Christine Lagarde. Ricordano
gli annali che 70 anni fa, esattamente il 14 di luglio 1945, le donne
lavoratrici di Torino scioperarono e occuparono l’Unione Industriale, chiedendo
la “contingenza” uguale a quella degli uomini. E l’ottennero. Altri tempi,
altre donne, altro dopo guerra.
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