Tratto da “Aiutiamoli
a casa loro”, intervista di Antonello Guerrera a David Attenborough –
naturalista e divulgatore scientifico – pubblicata sul settimanale Robinson del
17 di agosto 2019: (…). …ha tenuto (…) un discorso molto importante, sulla piaga
ambientale della plastica. "È un tema per me cruciale e quando ho visto
tutte queste persone rinunciare a un milione di bottigliette mi sono sentito di
dire... grazie! È la risposta a quelli che dicono che non possiamo fare nulla.
Possiamo, invece. La plastica ha cambiato il mondo negli ultimi 40-50 anni, in
peggio. Io ne parlavo, inascoltato, già circa due decenni fa nella serie Blue
Planet. Ora si sono svegliati tutti".
La plastica è il suo spauracchio quando è in
giro per il mondo? "Sì. È mostruoso trovarne in ogni oceano, anche
nell'isola più remota e immacolata, come nella Georgia del Sud, poco a nord
dell'Antartide. Ma purtroppo il consumo e il turismo di massa hanno queste
gravi conseguenze: ricordo quando nel 1956 andai in Indonesia a filmare
l'enorme lucertola "Drago di Komodo", sull'omonima isola. Ci vollero
settimane per sbarcare e io e l'operatore sparimmo nella foresta per la preoccupazione
di tutti. Oggi invece è presa d'assalto dai turisti".
È la plastica la più grande minaccia al
genere umano? "A lungo termine direi il sovrappopolamento del mondo, cui
bisogna porre subito rimedio controllando le nascite, soprattutto in Africa e
Asia, altrimenti la natura si ribellerà con carestie e reazioni distruttive. Ma
la minaccia più urgente è la crescita della temperatura terrestre. L'aumento di
due gradi non sarebbe così grave se ciò avvenisse in 150, 200 anni: ci
adatteremmo. Ma in venti, trent'anni le conseguenze saranno gravissime, dalla
barriera corallina ai giganteschi flussi migratori di persone in fuga dalle
aree colpite. Mentre gli oceani cresceranno e gran parte delle grandi città si
troverà al livello del mare".
E noi cosa possiamo fare per rallentare tali fenomeni climatici? "Se la natura subirà cambiamenti così radicali, a pagarne le conseguenze saranno i nostri valori e una buona parte del mondo civilizzato. Che cosa succederà se cinque milioni di disperati africani in fuga arriveranno nel sud Europa, vedi in Italia? Come si fa ad accoglierli tutti? Ognuno di noi dovrà fare il massimo per scongiurare questo scenario, e inquinare il meno possibile. Per fortuna, negli ultimi anni l'opinione pubblica è cambiata, in meglio. Ora abbiamo il peso specifico per mitigare questi drastici fenomeni, prima che diventino catastrofici".
Come giudica l'insorgere di movimenti
ambientalisti radicali, vedi Extinction Rebellion, o la giovane attivista
svedese Greta Thunberg? "Vanno bene, bisogna far capire che siamo tutti
dalla stessa parte. Il problema è come".
Ecco, al di là degli sforzi personali, come
possiamo convincere i leader del mondo ad agire? "L'accordo di Parigi Cop
21 nel dicembre 2015 è stato eccezionale. Ma poi Trump e gli Stati Uniti si sono
ritirati. Eppure una presa di coscienza globale così potente era occorsa solo
due volte in passato: contro il buco dell'ozono e sulla caccia alle balene. Non
tutto è però perduto: la pressione pubblica avrà il suo impatto sui leader, ne
sono certo".
Obama l'aveva invitata alla Casa Bianca,
potrebbe riaccadere con Trump? "Trump non ascolta i suoi, figuriamoci uno
straniero fanatico come me. Non mi pare possibile dialogare con lui in maniera
razionale. Perché non mi sembra razionale".
Ma lei è ottimista o pessimista sul futuro
del mondo? "Non mi pongo il problema perché tra poco non ci sarò più. Ma
quando capisco che potrebbe presto capitarci qualcosa di brutto, sento
l'obbligo morale di renderlo pubblico e di avanzare soluzioni. Tuttavia non mi
va di essere considerato un profeta o un moralista. Magari potessi non parlarne
e mettermi con un binocolo ad osservare gli Uccelli del paradiso".
In tutta la sua straordinaria carriera
itinerante, qual è la principale lezione che ha imparato? "Che le nostre
azioni, anche le più piccole, hanno conseguenze imprevedibili in natura, cui
non pensiamo al riparo nelle nostre "piccole riserve". In Sudamerica
o in Africa l'ambiente viene devastato, anche dai poveri lasciati a se stessi,
mentre noi litighiamo sulla Brexit".
A proposito, che cosa ne pensa? "Ci
sono colpe su entrambi i fronti. Ma l'interferenza dell'Ue nella vita delle
persone, spesso su futili aspetti, qui ha irritato molte persone, che ora non
capiscono più vantaggi e svantaggi dell'Unione Europea".
Ma lei è brexiter o pro Ue? "Credo che
in qualche modo servisse cambiare. Detto questo, sono vecchio abbastanza per
ricordare la Seconda guerra mondiale, quando noi in famiglia accogliemmo in
casa due bambine ebree scappate da Hitler. Oggi percepisco una certa furia
nelle folle, una rabbia irragionevole e spero che la gente non abbia
dimenticato la pazzia che s'impadronì dell'Europa ottant'anni fa. Purtroppo gli
attuali sistemi politici si sono ficcati in questo caos. Sono molto preoccupato
per il futuro del mio Paese e del mondo".
Nel corso della sua lunga vita, qual è
l'animale o la specie che l'ha stupita di più? E quali porterebbe con sé nella
sua "arca"? "Non saprei. La cosa che mi ha più meravigliato è
stato scoprire come il nostro mondo sia incredibilmente complesso: un piccolo
cambiamento ha un'eco imprevedibile per un intero ecosistema. Numerosi
scienziati, invece, sono convinti che spostare un animale in un altro habitat
possa bastare. Non è così".
Ma come è iniziata la sua incredibile
carriera? "Raccogliendo fossili: quella fu subito un'enorme passione. I
bambini amano collezionare, classificare, e come vede non ho mai smesso. Pure
Darwin andava pazzo per i coleotteri da ragazzino. Alla mia epoca c'era chi
collezionava biglietti del bus. Ma la natura ha molti più segreti".
Di recente una troupe di un suo documentario
Bbc è stata criticata per aver salvato in Antartide dei cuccioli di pinguino
intrappolati in una gola. C'è chi ha parlato di intrusione nella vita naturale.
"Hanno fatto benissimo invece. Perché non avrebbero dovuto? Non hanno
interferito affatto con la natura o con altre specie. Ma soprattutto, se salvi
vite in questo modo, ti senti meglio, molto meglio. Perché noi umani ci siamo
evoluti sviluppando empatia verso la vita e le sue forme più indifese. E questo
è bellissimo".
A 93 anni, cosa la spinge a guidare ancora
la sua "arca di Noè" nel mondo? La curiosità di quando era bambino? "Forse.
Citavo prima l'obbligo morale, e potrei ribadirlo. Ma direi perché altrimenti
mi annoierei. Nelle ultime cinque settimane sono stato in Islanda, Costa Rica,
Danzica, Svezia. Cammino ancora nonostante due protesi alle ginocchia. Ho
vissuto una vita meravigliosa, sono orgoglioso della mia divulgazione
scientifica in tv e non ho alcun rimpianto: cosa potrei chiedere di più? Dico
solo a chi verrà dopo di me: rispettate la natura, perché ne dipendiamo
incredibilmente. Per il resto, fin quando potrò, io non mi fermo. Mi ci vede
qui seduto ad aspettare il becchino?".
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