Ricevo dalla carissima Carolina
Benincasa, e posto di seguito, una lirica. Non sfuggirà ai più la
superficialità che oggigiorno connota i rapporti umani. Le cause di essa? Le
sue origini? È una superficialità propria dei tempi, ché gli altri tempi ne
abbiano avuta una ben diversa, viene quasi spontaneo da chiedersi. Fatico a
dare una risposta. E mi vien difficile rifugiarmi nel sempre frequente ed
avvilente dire “ai miei tempi”, che non dice nulla, ignora il problema e glissa
che è una meraviglia. È la superficialità del vivere, forse. E la risposta la
si potrebbe trovare – forse - nella “fatica” che è il vivere stesso. E
la spaventevole superficialità della “fatica” del vivere è il tema della
lirica che segue; ne affiora prepotente ad ogni passo, ne è tema di denuncia, denuncia che si rinnova e
si reitera senza che da essa possa scaturirne la speranza per un diverso modo
di “essere”.
A coloro che puntualmente
sprecano denaro pubblico in luminarie buttate giù dal noto “zefiro”,
restituendo alla lux dei lampioni ferruginosi un centro che attende di
diventare umano?
Ai rivenditori che,
incamerati introiti extra “rivestono”
del solito grigiore le
vetrine?
Agli ideali di umanità azzerati
alle 0,00 del primo gennaio come un contachilometri di una utilitaria sgangherata e d’occasione?
A chi lascia l’asfalto con i
“soliti” rattoppi, gli intonaci cadenti e sbocconcellati per sottolineare
eterne indifferenze?
A quel manipolo di gaudenti e
pasciuti per le abboffate festaiole e doverose, che ridiventano - deposte le
toilette – i soliti monsieur e madamin travet – anche per retaggi genetici – al
servizio del solito padrone a testa bassa e senza dignità?
A coloro che brontolano
su tutto, senza trovare
il coraggio di modificare
alcunché?
Agli inamovibili nuclei familiari
che - giganti dai piedi di argilla – stanno su
per prosaici motivi
economici, illudendosi che nessuno sa di una disarmonia nota a tutti?
Agli incantesimi infranti di una
favola vissuta con epidermico entusiasmo?
Ai sorrisi stirati con le
mollette, ai baci umidi e mollicci dati in tandem al “verso”: Auguri, Felicità?
Alla mediocrità endemica che,
prepotente, emerge dal luccichio di strass con il “Bla Bla” formale ed
allegrotto riesumati ed entrambi destinati allo sfoggio di sentimenti mai esistiti ?
A chi degli animali fa oggetto di
sadica violenza o crudele indifferenza, abbandonandoli per non variare il “profumo” degli ambienti (in inverno) o di noiose appendici
(in estate)?
A coloro che gestiscono il
trascendentale (i Preti) circondandosi di politici dalle estrazioni diverse, nella speranza di aver favori ma
negando gesti umanitari che non gratificano il
protagonismo ?
Ad una società che – come in
passato - presenterà le tare di sempre?
O Buon
Anno
A coloro che, dicendo no ai falsi
doverismi ed alla ipocrisia, buttan giù giganti dai piedi di argilla?
A chi sa donare la vera amicizia
senza imporre la parvenza di essa, per chetare una coscienza pregna di torti, soffocati per non impazzire?
A chi non cerca affetti
pro-tempore per soddisfare futili desideri di affermazioni del proprio ego?
A quei rarissimi genitori che, in
nome di una sensibilità vissuta, arricchisce il quotidiano donando esempi di rispetto
verso se stessi e del prossimo, ai propri rampolli?
A coloro che, per dovere o scelta
umanitaria, trascorrono il periodo
festaiolo, fra ammalati, anziani
o persone sole, ma, donando affetto?
A chi avanti negli anni, intuisce
che, forse, sarà l’ultimo?
A
coloro che vivono
l’esigenza di realizzare
attività sociali senza
trionfalismi, nel credo di lenire ferite inferte dall’indifferenza
altrui?
A chi crede nel proprio impegno
culturale e politico, sinonimo di altruismo e maturità interiore e, con costanza continua - indefesso
- l’inevitabile lotta di sempre?
A chi, giorno dopo giorno, spera di accrescere la propria spiritualità -
in verità - senza etichette o credi occasionali o - peggio - senza imporre
sofferenze gratuite ed inutili a coloro che conoscono solitudini ben più gravi e più profonde?
Buon anno a chi svolge il proprio lavoro – day after day
– senza servilismo o viscida umiltà ma
con dignità?
Buon Anno
a chi ingoia
ogni mattina un
caffè sempre più
amaro?
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