“E veramente nelle città di
Italia tutto quello che può essere corrotto
e che può corrompere altri si raccozza: i giovani sono oziosi, i vecchi
lascivi, e ogni sesso e ogni età è piena di brutti costumi; a che le leggi
buone, per essere da le cattive usanze guaste, non rimediano. Da qui nasce
quell’avarizia che si vede ne’ cittadini, e quello appetito, non di vera
gloria, ma di vituperosi onori, dal quale dipendono gli odi, le nimicizie, i
dispareri, le sette; dalle quali nasce morti, esili, afflizioni de’ buoni,
esaltazioni de’ tristi”. Riporta, in quarta di copertina, il professor Maurizio
Viroli – docente di “Teoria politica” presso l’Università di Princeton - il
brano appena trascritto. È di un grande italiano, quel Niccolò Machiavelli dai
più ignorato e negletto. Corrono oggigiorno ben altri tempi ed umori. Il
pensiero del grande italiano è contenuto nel volume di recentissima
pubblicazione “Scegliere il principe”
– Laterza editori (2013) pagg. 100 € 9,00 -. L’ho letto tutto d’un fiato poiché
il sottotitolo, intrigante assai, recita: “I consigli di Machiavelli al cittadino
elettore”. Come suol dirsi, cade proprio a fagiuolo – il 24 e 25 di
febbraio - o, come secondo altri, il cacio sui maccheroni, ché sembra molto più
ridanciano e ben si accorda con un certo spirito godereccio assai degli indigeni
del luogo. Ed in quella quarta di copertina ho trovato le risposte che cercavo.
È che avevo letto e condiviso l’ultimo editoriale di Roberto Saviano – la
Repubblica del 18 di gennaio, “Se
Berlusconi restasse senza platea” -. Scrive Saviano. (…). Quando Berlusconi va in tv
sa esattamente cosa fare: la verità è l'ultimo dei suoi problemi, il giudizio
sui suoi governi, il disastro economico, le leggi ad personam, i fatti -
insomma - possono essere tranquillamente aggirati anche
grazie all'inconsapevolezza dei suoi interlocutori. Il Cavaliere mette su
sipari, sceneggiate, battutine. È smaliziato, non ha paura di dire fesserie,
non ha paura di essere insultato, di cadere in luoghi comuni, di ripetere
storielle false sulle quali è già stato smascherato. Occupa la scena. E c'è chi
cade nel tranello: questo trucco da prim'attore, incredibilmente, ancora una
volta crea una sorta di strana empatia, di immedesimazione. C'è chi dice: sarà
anche un buffone, ma meglio lui dei sedicenti buoni. (…). Fermo a
questo punto la lunga citazione. È che leggendo poi un commento alla pagina
otto – a firma c.t. - su di un quotidiano del 19 di gennaio – a cadavere ancora
caldo -, che acquisto regolarmente e leggo con la dovuta attenzione, mi sono
sentito spiazzato, fuori di posto. È vero che continuo a frequentare quel
quotidiano per una anacronistica, forse, “adesione pseudo-ideologica”, anacronistica
dati i tempi correnti, essendosi spente e smarrite le idee e le ideologie
secondo la vulgata corrente, ma il commento di quel quotidiano mi ha riportato
alla mente i cosiddetti “trinariciuti” di guareschiana
memoria, adusi, come si soleva dire allora con disprezzo di quelli dell’altra
sponda politica, ad un'obbedienza pronta, cieca, assoluta, e con una terza
narice atta ad espellere il cervello. Attività che ancora oggi la moltitudine, indipendentemente
dagli schieramenti d’opinione, continua a fare nel bel paese. È che si continua
ad aiutare ed incoraggiare, quella moltitudine intendo dire, nell’insana
pratica. Si ha un bel dire che quel discorso di Saviano non sia politicamente
corretto, accettabile. È che, essendo intimamente convinto di appartenete ad un
certo schieramento politico, sempre più post-ideologico, quel tosto commento mi
ha dato la cifra di ciò che lo smarrimento di una certa idea della politica e
della cittadinanza ha determinato nel bel paese. Tempo addietro avevo proposto
nei titoli di testa (che Vi invito a non tralasciare di leggere con attenzione)
di questo blog una citazione che ripropongo e
che ben si accorda con il pensiero di Saviano: «La superiore qualità del suo
genio consiste in un fondo inesauribile di menzogne politiche che dissemina
copiosamente ogni qualvolta apre bocca e che, con generosità senza precedenti,
dimentica nella mezz'ora che segue, contraddicendosi. Costui non s'è mai
chiesto se un'affermazione fosse vera o falsa ma solo se fosse opportuno
affermarla o negarla a seconda della circostanza e del suo interlocutore; se
pensate quindi di ragionare sulle sue asserzioni cercando di interpretarle,
giacché vi pare vero il contrario, dovrete riflettere a lungo e ne uscirete
sconfitti; che gli crediate o no l'unico rimedio è supporre di aver udito suoni
inarticolati e privi di significato. Questo vi risparmierà lo sdegno dinanzi ai
giuramenti sacri che inserisce all'inizio e alla fine di ogni sua
proposizione». Lo scriveva quel fantasioso di Jonathan Swift – quello
de’ “I viaggi di Gulliver” - nella
Sua “L'arte della menzogna politica”,
nell’anno del signore 1712. Sì, si era nell’anno 1712. Non esistevano i media
come oggigiorno sono conosciuti. Ma il “bugiardo” esisteva eccome anche in
quel tempo andato. E perdura spudoratamente oggigiorno. Senza possibilità
alcuna di zittirlo, il bugiardo intendo dire, poiché politicamente scorretto a
detta di certi “trinariciuti” di turno od anche solamente perché esso, il “bugiardo”,
è mezzo e strumento utile per un successo mediatico d’ascolto e di passiva
partecipazione, nel tinello della propria casa, alla vita politica del bel
paese. Continua Roberto Saviano nel Suo pezzo: Più Berlusconi va in tv, più
dileggia chi gli sta di fronte, più piace. Perché sa disinnescare chi lo
intervista. Non ha paura, anzi sembra divertito dalla paura degli altri. Sente
l'odore del sangue dei suoi avversari e attacca. In una competizione in genere
vince chi non ha nulla da perdere e lui, screditato sul piano nazionale,
internazionale, politico e personale; con processi pendenti che riguardano le
sue aziende e le sue abitudini privatissime; con l'impero economico che cola a
picco, è l'unico vero soggetto che da questa situazione non ha nulla da perdere
e tutto da guadagnare. E se la sta giocando fino in fondo. Appunto, giocando. È
divertito, esaltato. Poiché il tristo personaggio sa bene d’avere creato
nel tempo le condizioni giuste per un obnubilamento delle menti e delle
coscienze. Perché allora non approfittarne? Ha messo al mondo e coccolato una
generazione e più di teledipendenti che succhiano le bugie mediatiche come
zuccherose caramelle, delle quali non hanno la forza di privarsene, tanta
profonda ne è divenuta la dipendenza. Senza scomodare la fisiognomica, o la
prossemica, una moltitudine che concorre a formare il cosiddetto “corpo elettorale” ha condotto una
fanciullezza, una adolescenza, una pubertà, ed oggigiorno una vaporosa
maturità, intrattenendosi non ad ascoltare o a leggere fiabe e racconti, e
successivamente libri d’avventura e quotidiani, l’esercizio della qual cosa
avrebbe determinato sviluppi adeguati nelle circonvoluzioni cerebrali, ma
abbeverandosi solamente al piccolo mostro che domina incontrastato in tutte le
abitazioni del bel paese. E stanno lì i “trinariciuti” ad affermare come il
piccolo mostro non influenzi granché gli avvenimenti della politica nel bel
paese. Possibile mai che abbiano ragione? È il Machiavelli a stabilire,
incontrovertibilmente, il paradigma tuttora esistente e resistente nel bel
paese, paradigma che viene da quel lontano quindicesimo secolo. Scrive Saviano a
conclusione del Suo pezzo, ché tanto ha fatto inorridire mandando in bestia i “trinariciuti”:
Trattiamolo
(…) per quello che è: un bambino di settantasei anni. Quando i bambini
esagerano con le parolacce, con i capricci, i genitori li ignorano, fingono di
non aver sentito. È l'unico modo perché il bambino perda il gusto della
provocazione. La stessa cosa dovremmo fare con lui: farlo parlare, ma senza
prestargli attenzione. Evitiamo i sorrisi alle sue battute stantie, perché non
possa più ostentare sicurezza davanti ai suoi, perché non possa più spacciare
la falsa tesi secondo cui i politici sono tutti uguali. (…). Siamo noi che
dobbiamo smetterla di giocare con lui. Lasciamolo senza platea. Cosa
che puntualmente faccio da lunghissimo tempo e che non ho mancato di fare in
questo ultimo 10 di gennaio non volendo concorrere all’alta quota di “share”
di una certa vaniloquente – da “vanus” cum “loquentia” - trasmissione.
Per non concorrere a fare “ascolto” di bugie. E così oggi mi
sono determinato a non citare il quotidiano in questione. Per non creare “platea”.
È per tale motivo che, per non incorrere in errore, continuo a postare le “sesquipedali
bugie” di un tale. Cliccate per non perderVi il “video”.
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