“Ho comprato da tempo una schiava
musulmana, in buona fede e secondo leggi, l’ho pagata al giusto prezzo e l’ho
tenuta pacificamente, senz’alcun problema o contestazione, fino a quando ho
saputo – poco fa – che s’è fatta cristiana, ricevendo il battesimo. Chiedo
dunque che la schiava sia venduta ad un cristiano, secondo le consuetudini e le
leggi, e di poterne incassare il prezzo”. È il “medico fisico” da Licata
Prospero Muczimecu – “medico d’urina”, forse, ch’era cosa
ben distinta dal “medico di piaga”, ché sarebbe poi il chirurgo d’oggigiorno - che
il 30 di giugno dell’anno del signore 1492 – “annus horribilis” secondo
molti (il 31 di marzo, Ferdinando II d'Aragona ed Isabella di Castiglia firmano
il decreto che espelle tutti gli Ebrei dalla Spagna, eccezion fatta per coloro
che accettino la conversione al cattolicesimo; il 31 di luglio, gli ebrei sono
espulsi dalla Spagna; il 3 di agosto Cristoforo Colombo salpa da Palos (Spagna)
alla volta dell'America, senza però saperlo, credendo infatti di andare verso
le Indie; il 12 di ottobre, Cristoforo Colombo scopre l'isola di San Salvador e
le Americhe e con questo evento si segna l’inizio dell'Età moderna e si
inaugura anche quell’”età dell’oro” segnata dalle
conquiste da parte del mondo cristianizzato con la spoliazione e lo sterminio
delle popolazioni di quel continente; il 28 di ottobre, Cristoforo Colombo
scopre Cuba; il 7 di novembre un meteorite di 120 kg si schianta in
Alsazia (pochi danni, peccato!); ed il 31 di dicembre, grazie a dio finisce l’”annus
horribilis”, circa 100.000 Ebrei sono espulsi dalla Sicilia - presi,
come si diceva poc’anzi, carta penna e calamaio poneva l’incresciosa sua
vicenda alla graziosa attenzione del viceré d’Acuna che ben ispirato disponeva
che la schiava, già musulmana ma cristianizzata, “sia venduta a un cristiano
abbiente e dabbene, di Licata aut de fora, al miglior prezzo che si possa
ottenere, e che il ricavato sia subito depositato in un banco sicuro.
Successivamente, esaminata la posizione del medico nei confronti del fisco,
siano trattenute le somme da lui eventualmente dovute a qualsiasi titolo ed
infine gli sia versato quanto di suo diritto”. Avevo incontrato il “medico
d’urina” Prospero Muczimecu leggendo, qualche tempo addietro, l’interessante
ed agilissimo volume “Il tempio perduto”
– Anicia editore (2011) pagg. 95 € 13,00 - del professor Giuseppe Sicari. E ne
ho rinvenuto traccia e memoria nella nuova fatica letteraria dell’esimio Autore
– “La
Kippà di Esculapio” Pungitopo editore (2012) pagg. 106 € 10,00 -. Scrive
Giuseppe Sicari: L’inopinata scoperta dell’esistenza di Joshua ben Isaac Joel che a
Licata, nel 1484, copia per proprio uso un famoso testo scientifico (il
manoscritto è ora conservato presso la Staatsbibliothek di Berlino), ha
riacceso il mio interesse sui medici ebrei siciliani del Basso Medioevo, un
argomento forse non abbastanza studiato. Joel, sia detto incidentalmente, è
anche il quarto dottore ebreo attivo a Licata nella seconda metà del
Quattrocento (oltre ai tre già noti: Prospero Muczimecu, Farachi de Anello e
Gabriele di La Medica). La stessa curiosità dell’Autore, ma come
lettore delle Sue interessantissime “cose” scritte, che ho provato io nel
ricevere la copia de’ “La Kippà di
Esculapio” che il professor Sicari mi ha fatto cortesemente pervenire,
confortandomi del privilegio della Sua amicizia, dopo averne letto,
nell’ordine, “Il Santo marrano” ed
il citato “Il tempio perduto”. È
che, discorrendone con l’Autore, sono venuto a conoscenza della genesi di
quest’ultima Sua fatica letteraria editata. Mi confidava come il contenuto de’ “La Kippà di Esculapio” non fosse altro
che il frutto delle Sue ricerche storiche a tutto campo sull’argomento,
ricerche che avrebbero dovuto corredare, a mo’ di note, un lavoro ben più
ponderoso – mi ha accennato alla storia romanzesca di un medico ebreo, in quel
lontano tempo nella Sicilia dominata, che ne percorre i luoghi per trovarne uno
da eleggere a sede della sua attività medica – lavoro che è da augurarsi possa
al più presto essere dato alle stampe. Ma, tornando a parlare de’ “La Kippà di Esculapio”, che si legge
in un soffio tanto è capace di stimolare curiosità e bisogno di conoscenza
storica, di una Storia che ci è prossima ma ignorata, debbo dire me ne sono
venute fuori delle notizie che rendono l’attesa, per l’annunciata pubblicazione
della nuova fatica editoriale del professor Sicari, un tantino più spasmodica;
in fondo è quella specie di “catarsi” - “katharsis”, dall’antico greco “κἁθαρσις” – creata dalla lettura,
intesa come uno stato di "purificazione" che il
leggere – ed il leggere le “cose” interessanti e di valore per
come è per l’appunto “La Kippà di
Esculapio” – possono indurre creando quasi come una sospensione dal
tempo e dai luoghi. E così ci si immerge in insperate, inimmaginabili realtà –
laddove si pensi alla Sicilia dei secoli quattordicesimo e quindicesimo – che
smantellano d’un sol colpo quelle erronee, artificiose costruzioni del costume
di un popolo, divenute nel tempo profondissime convinzioni, stante la non
conoscenza dei fatti della Storia, che concorre a fare cementare la credulità
dei più. Leggo alla pagina 73 de’ “La
Kippà di Esculapio”: Virdimura De Medico, da Catania.”Virdimura”:
chi era costui? Legittima domanda.
Sorprendente la risposta che ne fornisce l’Autore: “Giudea, moglie di Pascalis de
Medico”, il 7 novembre 1376 è “diligenter” esaminata dai medici di casa reale e
abilitata all’esercizio della professione medica in tutto il regno. La
candidata giunge all’esame accompagnata da una “lodabile” fama. Il documento di
approvazione ricorda, inoltre, che Virdimura ha chiesto di poter esercitare in
particolare in favore dei poveri che hanno difficoltà a pagare gli atti onorari
chiesti dai medici (…). Un’ebrea e per giunta medico (preferibilmente
dei poveri) nella Sicilia del quattordicesimo secolo. Ed oltre leggo ne’ “La Kippà di Esculapio” – alla pagina
76 -: …il 6 settembre 1414, la regina Bianca interviene in suo favore,
ordinando agli ufficiali di Mineo che “donna Bella” possa esercitare l’arte
chirurgica in tutte le terre di pertinenza della Camera reginale. Infatti,
“dopo veridica e competente relazione”, era stato comprovato avere essa
praticato quell’arte “cum sanitati di li pacienti”. Dispone, inoltre, la regina
che la magistra sia libera ed esente da “omni angaria, perangaria, collecti,
imposizioni, guardia, pusati et qualsivoglianu angarii”. “Donna Bella” era
al secolo Bella De Paija, da Mineo. Donna, ebrea e medico. Nella Sicilia del
secolo quindicesimo. Una buona lettura da non perdere.
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