Ho ritrovato, tra i miei preziosi
ritagli di quotidiani e settimanali, un articolo di Guido Carandini che ha per
titolo L’esilio della politica.
L’articolo è stato pubblicato sul quotidiano la Repubblica il 26 di agosto
dell’anno 2011. Di seguito lo trascrivo in parte. Ho avuto premura a
rintracciarlo poiché ricordavo di quel titolo che la dice lunga anche sugli
aspetti meno nobili della politica “esiliata” del bel paese. È pur vero
che, con il Suo preziosissimo articolo, il valente saggista solleva lo sguardo
in un ambito che abbraccia l’intero scenario planetario avvolto ancor’oggi dalla
“crisi”
che è sistemica e non più congiunturale e che dura oramai da un lustro
abbondante. Ma me ne ha dato lo spunto, per il ricercarlo tra i miei ritagli,
gli ultimi avvenimenti elettorali nel bel paese. Ve ne traccio lo scenario. Di
un giovane cittadino-elettore che mi raggiunge per occupare un posto a me
vicino. E della sua sincera esultanza per gli imprevisti risultati elettorali
delle amministrative di questa primavera. Ho avuto timore di infastidirlo, con
le mie osservazioni, anche perché non mi andava di guastargli il godimento
indottogli dai risultati di quei ballottaggi. Ma mi è venuto di pensare, ed
amaramente, che ancora nel circolo profondo del bel paese continuano ad
esistere le “tossine” che il quindicennio e passa del signor B ha inoculato
nelle sue arterie profonde. Se ne pagano ancor’oggi le conseguenze. Poiché è
fuor di ogni dubbio che B&G siano uomini dello spettacolo, uomini della
televisione. E come tali interpretano i ruoli che si sono assegnati, da soli.
Ambedue prediligono una politica di declamazioni, di effetti mediatici, di
parole gridate; il primo osservando ossessivamente una precettistica che gli
imponeva (ed ancora gli impone?) una cura del proprio corpo da ostentare ai
sudditi-elettori per indurre negli stessi una venerazione quasi della sua “carcassa”
di vivente. L’altro, sapientemente, se ne discosta, e propone, in sostituzione
di quell’arte mediatica, un far “politica” che si appella alle smorfie, allo
strabuzzamento degli occhi, ai sollazzi, prendendo impietosamente di mira,
della corporalità degli avversari, i difetti e le anomalie che ai suoi occhi di
guru della televisione rivestono il ruolo di gravi manchevolezze. È quindi tutto
un fiorire di insulti e di derisioni di tutto ciò che riguarda gli aspetti
fisici degli avversari politici. Ma B&G sono accomunati, peraltro, dalla
concezione che essi hanno delle loro improvvisate formazioni politiche; un “partito”
del padrone per il signor B, un “partito” personale per il signor G. Ne
discende l’idea di un fare “politica” per proclami, emessi in solitudine, e
senza confronto alcuno. Non è ammesso il contraddittorio. È “l’esilio
della politica”, per l’appunto. Ecco perché mi premesse tanto ritrovare
il bel pezzo di Guido Carandini. Avverrà anche per il signor G quanto è di già
avvenuto per il signor B? Non posseggo una sfera di cristallo. Nella
circostanza andrà molto a “pesare” lo svolgersi della “crisi” ed il suo esito
per il quale i tempi non sono ancora maturi. B&G sono e restano uomini
della televisione poiché ambedue provengono da quel mondo dell’effimero.
B&G, in forme e ruoli diversi, hanno concorso e concorrono a che la
politica venga “esiliata” nel bel paese. La politica è altro; innanzitutto
partecipazione e decisioni condivise. E B&G, all’interno dei loro “partiti”,
“padronale” l’uno, “personale” l’altro, poco spazio hanno concesso e concedono
alla partecipazione che non sia di un rigido asservimento alle idee di un “primus
super partes” di “pecorelliana” memoria. Tutto ciò avviene in una
“provincia” profonda e smarrita di quel pianeta chiamato Terra.
Quella che viene spacciata per
una ciclica crisi economica e finanziaria è invece qualcosa di assai più serio
e storicamente inedito. È in realtà l´esito di una vera e propria
controrivoluzione del capitale che, divenuto globale, ha ridotto a brandelli i
poteri che le rivoluzioni dei secoli scorsi avevano conferito alle democrazie
nazionali, cioè i poteri di controllo sul mondo degli affari e la forza di
imporre agli Stati un generoso welfare a difesa delle classi più deboli. La
crisi attuale è dunque il crepuscolo della politica democratica delle nazioni
decaduta da baluardo dei diritti sociali a passivo strumento del nuovo potere
capitalista senza frontiere. (…). Ormai più che i governi eletti sono le
maggiori banche e i fondi privati della finanza mondiale a decidere le sorti
dell´economia, perché la politica ha smarrito la capacità di contrastare
l´ingordigia degli affari con una forza all´altezza dei tempi in cui viviamo.
Quelli cioè della transizione dall´era moderna all´era globale, l´immensa
metamorfosi che ha reso la politica una docile preda del capitale. Nell´era
globale il progressivo cadere delle barriere nazionali ha prodotto
l´unificazione mondiale dei mercati e con essa il parallelo tramonto delle
ideologie sia democratiche che autoritarie (nazionalismo, liberalismo,
socialismo, comunismo, ecc.). Al loro posto il capitalismo ha insinuato nelle
coscienze una pervasiva religione sociale ispirata all´etica del guadagno e al
culto del denaro. Per indebolire la democrazia il capitale non l´ha attaccata
frontalmente, ma con una duplice sfida trasversale. In primo luogo, per
riprendersi il suo pieno potere, ha assunto la forma globale e la democrazia,
perdute le frontiere nazionali, ha smarrito il suo habitat naturale. In secondo
luogo ha minato il cuore stesso del sistema democratico insinuando di soppiatto
al suo interno un nuovo assolutismo, quello delle aristocrazie del capitale che
abrogano il potere dei governi eletti di imporre un limite alla rapacità del
mondo degli affari. Disarcionando la politica quelle aristocrazie hanno minato
il potere sia dei partiti di sinistra difensori dei bisogni e diritti
collettivi, sia dei partiti di destra fautori del liberalismo individualista,
riducendo entrambi a esercitare - i primi loro malgrado e i secondi a loro
vantaggio - un potere delegato dal sistema degli affari mondiali che mira
soltanto alla massimizzazione dei profitti. La restaurazione del predominio
capitalista sulla democrazia politica è inoltre la maggiore causa delle
perverse alleanze fra poteri di governo e poteri di affaristi, (…). Occorre (…)
una trasformazione che riguardi in primo luogo i soggetti della democrazia che,
prima della controrivoluzione del capitale, erano i singoli cittadini che
eleggevano parlamenti democraticamente attivi, mentre ora votano per assemblee
ridotte a casse di risonanza di interessi affaristici. Per ripristinare un
efficace potere di controllo sul capitalismo occorrono nuovi soggetti, nuove
forze collettive di giovani generazioni (…). …quelle forze devono liberarsi
dall´inquinamento culturale imposto dalla propaganda capitalista. Cioè
convincersi che la sopraffazione dei diritti democratici, da parte di un
capitalismo lasciato senza freni, è massimamente dovuta alle lusinghe di quella
onnipresente religione sociale che si ispira all´etica del guadagno e al culto
del denaro, inculcata dal mondo degli affari per raggiungere i suoi scopi. Che
sono principalmente i seguenti. Primo: legittimare nell´opinione pubblica
qualsiasi impresa, anche illegale, che favorendo l´occupazione genera redditi e
quindi soddisfa bisogni individuali spesso al prezzo della distruzione di
bisogni collettivi, come per esempio la sicurezza e la difesa dell´ambiente.
(…). Secondo: anestetizzare la protesta e le lotte delle classi sfruttate ed
emarginate, illudendole che la soluzione dei loro problemi si trovi solo nella
“crescita economica” e non esiga invece la preliminare difesa dei loro diritti
democratici, compreso quello di poter controllare se un dato tipo di crescita
sia benefico o nocivo per la collettività. Terzo: indebolire lo Stato facendolo
apparire come il responsabile delle crisi anziché come la maggiore risorsa per
superarle, come era stato dimostrato ampiamente in passato dall´intervento
della spesa pubblica nelle fasi di debole congiuntura economica. Occorrerà
dunque una vera e propria rivoluzione culturale democratica per sottrarre alla
religione del guadagno e del denaro la supremazia su ogni altro valore etico e
senso della vita, sia individuale che collettiva. Un compito immenso per le
nuove generazioni che dovranno recuperare la politica dal suo attuale forzato esilio
affinché nel mondo del capitale globalizzato non abbia il sopravvento una
crescita economica che sia principalmente basata sulla corruttrice brama dei
profitti, sulla speculazione finanziaria e immobiliare e sulla devastazione
dell´ambiente.
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