
Quella che viene spacciata per
una ciclica crisi economica e finanziaria è invece qualcosa di assai più serio
e storicamente inedito. È in realtà l´esito di una vera e propria
controrivoluzione del capitale che, divenuto globale, ha ridotto a brandelli i
poteri che le rivoluzioni dei secoli scorsi avevano conferito alle democrazie
nazionali, cioè i poteri di controllo sul mondo degli affari e la forza di
imporre agli Stati un generoso welfare a difesa delle classi più deboli. La
crisi attuale è dunque il crepuscolo della politica democratica delle nazioni
decaduta da baluardo dei diritti sociali a passivo strumento del nuovo potere
capitalista senza frontiere. (…). Ormai più che i governi eletti sono le
maggiori banche e i fondi privati della finanza mondiale a decidere le sorti
dell´economia, perché la politica ha smarrito la capacità di contrastare
l´ingordigia degli affari con una forza all´altezza dei tempi in cui viviamo.
Quelli cioè della transizione dall´era moderna all´era globale, l´immensa
metamorfosi che ha reso la politica una docile preda del capitale. Nell´era
globale il progressivo cadere delle barriere nazionali ha prodotto
l´unificazione mondiale dei mercati e con essa il parallelo tramonto delle
ideologie sia democratiche che autoritarie (nazionalismo, liberalismo,
socialismo, comunismo, ecc.). Al loro posto il capitalismo ha insinuato nelle
coscienze una pervasiva religione sociale ispirata all´etica del guadagno e al
culto del denaro. Per indebolire la democrazia il capitale non l´ha attaccata
frontalmente, ma con una duplice sfida trasversale. In primo luogo, per
riprendersi il suo pieno potere, ha assunto la forma globale e la democrazia,
perdute le frontiere nazionali, ha smarrito il suo habitat naturale. In secondo
luogo ha minato il cuore stesso del sistema democratico insinuando di soppiatto
al suo interno un nuovo assolutismo, quello delle aristocrazie del capitale che
abrogano il potere dei governi eletti di imporre un limite alla rapacità del
mondo degli affari. Disarcionando la politica quelle aristocrazie hanno minato
il potere sia dei partiti di sinistra difensori dei bisogni e diritti
collettivi, sia dei partiti di destra fautori del liberalismo individualista,
riducendo entrambi a esercitare - i primi loro malgrado e i secondi a loro
vantaggio - un potere delegato dal sistema degli affari mondiali che mira
soltanto alla massimizzazione dei profitti. La restaurazione del predominio
capitalista sulla democrazia politica è inoltre la maggiore causa delle
perverse alleanze fra poteri di governo e poteri di affaristi, (…). Occorre (…)
una trasformazione che riguardi in primo luogo i soggetti della democrazia che,
prima della controrivoluzione del capitale, erano i singoli cittadini che
eleggevano parlamenti democraticamente attivi, mentre ora votano per assemblee
ridotte a casse di risonanza di interessi affaristici. Per ripristinare un
efficace potere di controllo sul capitalismo occorrono nuovi soggetti, nuove
forze collettive di giovani generazioni (…). …quelle forze devono liberarsi
dall´inquinamento culturale imposto dalla propaganda capitalista. Cioè
convincersi che la sopraffazione dei diritti democratici, da parte di un
capitalismo lasciato senza freni, è massimamente dovuta alle lusinghe di quella
onnipresente religione sociale che si ispira all´etica del guadagno e al culto
del denaro, inculcata dal mondo degli affari per raggiungere i suoi scopi. Che
sono principalmente i seguenti. Primo: legittimare nell´opinione pubblica
qualsiasi impresa, anche illegale, che favorendo l´occupazione genera redditi e
quindi soddisfa bisogni individuali spesso al prezzo della distruzione di
bisogni collettivi, come per esempio la sicurezza e la difesa dell´ambiente.
(…). Secondo: anestetizzare la protesta e le lotte delle classi sfruttate ed
emarginate, illudendole che la soluzione dei loro problemi si trovi solo nella
“crescita economica” e non esiga invece la preliminare difesa dei loro diritti
democratici, compreso quello di poter controllare se un dato tipo di crescita
sia benefico o nocivo per la collettività. Terzo: indebolire lo Stato facendolo
apparire come il responsabile delle crisi anziché come la maggiore risorsa per
superarle, come era stato dimostrato ampiamente in passato dall´intervento
della spesa pubblica nelle fasi di debole congiuntura economica. Occorrerà
dunque una vera e propria rivoluzione culturale democratica per sottrarre alla
religione del guadagno e del denaro la supremazia su ogni altro valore etico e
senso della vita, sia individuale che collettiva. Un compito immenso per le
nuove generazioni che dovranno recuperare la politica dal suo attuale forzato esilio
affinché nel mondo del capitale globalizzato non abbia il sopravvento una
crescita economica che sia principalmente basata sulla corruttrice brama dei
profitti, sulla speculazione finanziaria e immobiliare e sulla devastazione
dell´ambiente.
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