"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 4 maggio 2012

Cosecosì. 16 Il gattopardo a cinque stelle.


A fianco. L'arte figurativa di Giovanni Torres La Torre.
 
Il comico della politica è un originale lavoro del professore Michele Prospero – editore Ediesse (2010) pagg. 272 € 15,00 – che insegna Scienza politica e filosofia del diritto nella facoltà di Scienze della comunicazione dell’Università “La Sapienza” di Roma. Il titolo dell’interessante lavoro potrebbe trarre in inganno: cosa ha inteso dire l’illustre Autore? Ha forse voluto dire che anche la politica, al pari di tutte le altre attività dell’intelletto umano, che è poi l’arte propria ed esclusiva di alcuni esseri viventi resi umani, ha un che di comico nel suo svolgersi e nel suo divenire? O, più maliziosamente, che l’illustre Autore non abbia voluto alludere ad un seguace della musa Talia inopinatamente assurto al ruolo di politico destinato a reggere le sorti della cosa pubblica? Solamente la lettura del sottotitolo del volume – “Nichilismo e aziendalismo nella comunicazione di Silvio Berlusconi” – riesce a diradare la nebbia che l’Autore, forse volutamente o forse no, ha voluto diffondere attorno al Suo pregevole lavoro. Il comico della politica è per l’appunto quel qualcuno che, abbandonate le tavole sulle quali si vanno rappresentando le facezie e le cialtronerie della vita umana, disegna per sé stesso un ruolo improprio che lo proietta in altri ambiti della vita pubblica che non si confanno al suo essere leggero e burlesco. Talia ne viene imperdonabilmente privata, la politica, in quelle mani, pericolosamente ridotta a ben poca cosa. Ad una qualsivoglia oscenità. Scrive il professor Prospero alle pagine 15 e 16 del Suo lavoro pregevole: “Quando svaniscono le grandi soggettività sociali, la politica entra in una condizione di campagna elettorale permanente, rivolta al consumatore inerte di spot affamato di narrazioni fabbricate con le arti del marketing. Sembrano d’un tratto vacillare le tradizionali raccomandazioni per definire un più accorto ordine del discorso. Trionfa un discorso unico (spesso un autentico antidiscorso) che in qualsiasi occasione si indirizza all’arte della persuasione seduttiva che non tollera distinzioni di registri, che non calibra le corde dell’oratore a seconda delle circostanze. Si nota, per via di questo avvento dell’ascoltatore universale o perdita di un destinatario specifico, un inopinato ma drastico abbassamento dei livelli qualitativi del discorso. Lo aveva peraltro segnalato già Aristotele: l’estensione dell’uditorio determina l’adozione di incolori luoghi comuni e sollecita la contrazione del livello referenziale vantato dal discorso calibrato con luoghi specifici e figure pertinenti. Ovunque, nei tempi della comunicazione ubiquitaria, si ricorre allo stesso (cattivo, spesso) linguaggio colorito nelle espressioni scialbo nel pensiero. (…).”. Così, come dire, al tempo di chi venne definito l’egoarca di Arcore. Gli sopravvive, nell’avanspettacolo della politica del bel paese, un altro mancato seguace di Talia, che esterna in ogni luogo, a tutte l’ore, a giugulari esplodenti, sempre con gli stessi registri vocali e di pensiero, in un indistinto generale ed auto-assolutorio intrigante per i più, affiancando al suo mantra del “così fan tutti”, l’altro del “son tutti uguali” per dire infine, senza vergogna alcuna, della umanità della “mafia” in confronto alla disumanità di quelle indistinte figure che popolano il mondo confuso del mercato globale. Di un mercato, dello spettacolo, al quale pur egli appartiene. E dopo le ultime esternazioni di quel “comico della politica” sottratto a Talia e prestato alla politica, esternazioni definite “cazzate” da un altro più che coerente seguace di Talia, sono andato alla ricerca affannosa, tra i miei tantissimi ritagli di giornali amorevolmente conservati, di un “pezzo” a firma del  giornalista e scrittore Claudio Fava – lui sì che potrebbe testimoniare della umanità della “mafia” - che ebbe il papà Giuseppe trucidato dalla mafia il 5 di gennaio dell’anno 1984. Titolo del “pezzo”, pubblicato sul quotidiano l’Unità del 21 di maggio dell’anno 2011: “Il gattopardo a cinque stelle”. Di seguito lo trascrivo in parte.

“Ci sono solo due politici in Italia, con un passato di brillanti intrattenitori (l’uno di piazze, l’altro di croceristi) che pensano di dover esercitare il mestiere della politica in perfetta, onnipotente solitudine, senza mai incrociare le parole e la faccia con un avversario: sono Silvio Berlusconi e Beppe Grillo. Dei quali non si ricorda, negli ultimi dieci anni, un solo pubblico confronto (tv, teatro, strada) con qualcuno che non la pensi come loro. (…). È un peccato che Grillo si sia smarrito in questo delirio d’onnipotenza, unto anch’egli dal Signore, dalle piazze e da minime, presunte, scontate verità: tutti uguali i politici, tutti indegni, tutti vecchi. Me lo sono sentito ripetere per trent’anni, in Sicilia, a ogni tornata elettorale quando in lista c’erano i notabili da centomila preferenze, quelli che piazzavano i famigli negli assessorati e facevano carte false per gli amici di Cosa Nostra, quelli che si mangiavano la politica e la vita degli altri senza nemmeno chiedere permesso, quelli che ti organizzavano cento varianti ai piani regolatori per i cento terreni degli amici che bisognava benedire. Quelli. E quando tu dicevi, avanti, proviamo a mandarli a casa, proviamo a riprenderci questa terra maledetta, proviamo a dire le cose che pensiamo, a trovarne uno onesto, a tenere la schiena dritta, proviamoci per una volta… ecco, ce n’erano tanti, come Grillo, che ti facevano una carezza in testa e ti spiegavano che tanto è tutta la stessa merda, la stessa pasta, lo stesso inciucio, destra e sinistra, Cuffaro e Borsellino, Pisapia e Moratti, De Magistris e Cosentino, e allora tanto vale turarsi il naso e stare dalla parte dei peggiori che almeno sono i più forti, sono furbi antichi e impuniti, e se promettono cose sfacciate poi le mantengono. Io non lo so se Grillo pensi di essere davvero l’unico capace di buon senso. (…). Non lo so, non ancora, se questo signore c’è o ci fa. Ma ogni giorno che passa, ogni strepito suo che m’arriva, mi mette sempre più tristezza.”

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