La notte, il giorno. La verità,
la menzogna. La ricchezza, la povertà. Vivere, morire. Come nel mondo fisico,
così nella vita degli umani gli opposti è come se si inseguissero in una gara
senza fine. E se gli opposti stanno scritti nelle cose proprie della natura non
di meno essi fanno parte della natura propria degli umani. E questo
inseguimento continuo, con un arretrare ed un avanzare, ha fatto la Storia
degli umani. È stato forse il tentativo di annullarli, gli opposti, di
disinnescarli, che ha condotto allo smarrimento dell’oggi ed alla diffusione di
quella indistinta melassa sociale – la poltiglia del sociologo De Rita - che ha
fatto da comodo paravento affinché si realizzassero le politiche proprie di una
“lotta
di classe” all’incontrario, all’interno della quale i privilegiati hanno
ridotto e riducono diritti e conquiste di quella parte della società meno
tutelata. Ha scritto Alain Touraine – MicroMega n° 8/2011 pag. 33 - che “l’era
della democrazia sociale trionfante si è conclusa da tempo, e per diverse
ragioni: la più evidente è l’affermarsi, a partire dagli anni Settanta, di un
neoliberismo che ha indebolito il potere degli Stati, incoraggiato la
globalizzazione dell’economia e soprattutto delle Borse internazionali,
costretto i governi a fare marcia indietro su molte conquiste della politica
sociale”. Questo ultimo tentativo di depredare dei diritti e delle
conquiste le classi meno abbienti è tuttora in corso, non ha perduto vigore e
ad esso necessita contrapporre argini robusti affinché conquiste sociali
divenute irrinunciabili non abbiano a finire nel libro dei ricordi. Ma il punto
è anche altro. È che la proclamazione a tutto campo della fine delle ideologie
ha contribuito a disinnescare, ma solo apparentemente, quel rincorrersi degli
opposti che da sempre ha determinato le cose proprie della vita degli umani e della
politica stessa, che rappresenta l’essenza più alta del processo di
umanizzazione. Destra, sinistra. Per alcuni un falso problema. I risultati
stanno sotto gli occhi di tutti. Ha scritto – alla pag. 75 – del numero della
rivista MicroMega prima citato Cinzia Sciuto: “Le grandi utopie collettive
erano possibili perché gli individui si riconoscevano nei gruppi sociali di
riferimento. All’interno della classe, per fare un esempio, l’individuo era
integro e poteva dunque proiettare se stesso in un progetto di emancipazione
collettiva. Oggi l’identità individuale è messa duramente alla prova e, senza
una definita consapevolezza di sé, è impossibile proiettarsi in un progetto
comune: comune a chi? Chi è in grado oggi di individuare i propri compagni?
Possiamo tutt’al più cercare dei compagni transitori, qualcuno con cui
condividere singole battaglie o precisi progetti, con cui fare un pezzo di
strada insieme, difficile trovare qualcuno con cui condividere il proprio
destino”. Si impone, alle forze della sinistra, ridare quella “identità
individuale” al suo popolo
poiché “senza una definita consapevolezza di sé, è impossibile proiettarsi in
un progetto comune”. Impegno improbo, ma che vale la pena d’affrontare
a rischio di un grave e rovinoso arretramento sul piano della difesa, ad
oltranza, dei diritti e delle conquiste sociali conseguite dalle classi sociali
meno abbienti. Della “destra” e della “sinistra”
ne ha scritto, magistralmente, sul quotidiano la Repubblica – il 21 di dicembre
dell’anno 2011 - Alain Touraine col titolo Una
sinistra a misura d’uomo. Diritti e valori, la politica è questa”. Di
seguito lo trascrivo in parte.
Il teorema da tempo accettato
secondo cui il centro della vita sociale è il sistema economico, cioè la
stretta corrispondenza delle categorie della vita economica con quelle della
vita sociale, non è più accettabile. L´economia si è separata dalla vita
sociale: è questo il significato profondo della globalizzazione. Il mondo delle
istituzioni sociali, politiche e giuridiche sta crollando. La costruzione dei
giudizi sociali non può più avere altri fondamenti se non morali. Qual è il
posto del lavoro nella vita individuale e collettiva: questo è il tema che
meglio definisce lo spirito di una concezione “morale” della vita sociale;
l´unione di una politica di questo genere con la repressione delle condizioni
economiche illegali trasformerebbe in modo fondamentale la vita sociale di
tutti. (…). Non esiste (…) altra sinistra se non quella che prende la parola o
se ne impadronisce, come già avevano fatto i movimenti pionieristici degli anni
Sessanta del secolo scorso, soprattutto negli Stati Uniti e in Francia.
Sinistra o destra sono prima di tutto delle concezioni della società, delle
definizioni del Bene da difendere e del Male da combattere. La sinistra o la
destra si possono definire anche a livello sociale dal punto di vista delle
categorie sociali a cui appartengono gli elettori o i simpatizzanti, ma la
posta in gioco e la natura del conflitto non si possono più definire in termini
sociali. Non sono più i contadini poveri o gli operai della grande industria a
costituire la sinistra. Lo vediamo tutti i giorni, più o meno chiaramente a
seconda del paese che osserviamo e delle categorie che analizziamo. Ma noi
abbiamo bisogno di identificare le nuove categorie che condividono la visione
appena evocata. Dobbiamo individuare negli ambiti principali della vita sociale
– produzione, distribuzione, finanziamento, educazione, salute, occupazione del
territorio, politica culturale eccetera – le scelte che permettono di collocare
la destra e la sinistra e di contrapporre l´una all´altra, compito immenso ma
che è tuttavia indispensabile almeno iniziare a intraprendere. L´elemento di
definizione che per primo viene alla mente è che la destra pensa in termini di
oggetti e di rapporti tra gli oggetti, e che definisce gli attori tramite le
loro situazioni oggettive. (…). Ciò che definisce, all´opposto, la sinistra, è
che pensa e agisce in termini di diritti. Il populismo di destra, che lamenta
le deplorevoli condizioni dell´infanzia, dei poveri, delle donne e dei
prigionieri è sempre esistito. Ma il pensiero e l´azione diventano di sinistra
solo quando il pensiero si interroga sulle ragioni della disuguaglianza, o
della dipendenza e della violenza, cercando nelle vittime i possibili
protagonisti di volontà e desiderio d´azione. (…). Le nostre società sono
ancora in effetti, (…), in stragrande maggioranza di destra. Se ciò che meglio
definisce la sinistra è il giudizio sulla condizione della donna, la destra si
definisce meglio per l´importanza attribuita all´identità, che si traduce nella
paura delle minoranze, soprattutto quelle di recente formazione. Le politiche
dell´identità sono politiche di destra. Il che non significa che alcuni
orientamenti di sinistra non possano identificarsi con un ideale nazionale o
religioso, cosa ovviamente innegabile. Questo è il cammino che occorre seguire
per dare un contenuto reale alle idee di destra e di sinistra. (…).
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