"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 27 marzo 2015

Quellichelasinistra. 7 “Democrazia significa resistenza”.




“Did you mean Sling/Forse cercavi Sling" (2012) di Luca Viapiana. Oil, Acrylic on Thermal Paper applied on Canvas. Cm 120x80.

“Quelliche…” provano a scalare le impervie cime dell’umano pensiero, cime inesplorate e negate alla generalità degli uomini; “quelliche…” come soggiogati dal mito di Sisifo – che condannato a trasportare un enorme masso sulla cima del monte vedeva lo stesso masso rotolare alla base del monte e per l'eternità avrebbe dovuto ricominciare da capo la sua scalata senza mai riuscirci - provano e riprovano le impervie scalate e vedono miseramente ruinare il loro debole pensare; “quelliche…” discettano su “destra/sinistra”, ovvero di “destracontrosinistra”, o ancor di più della “sinistradidestra” e/o della “sinistradisinistra”. Un delirio! Non un inerpicarsi su per le ardue, alte cime dell’umano pensiero, ma un inabissarsi nello sprofondo ove seppellire ciò che resta di una Storia che è stata grande ed alla quale gli gnomi dell’oggi mal si rapportano. "Quelliche..." a dismisura provano, con chiassosa dialettica, a sproloquiare su tutte le “sinistre” esistenti, e se non esistenti, immaginabili, una, due, tre… Un’infinità di “sinistre”, frutto di un pensiero paranoico  come forma precipua di una “psicosi caratterizzata dallo svilupparsi graduale di forme di delirio cronico, ma lucido e coerente, non allucinatorio” (da Sabatini/Coletti). Un delirio, per l’appunto! Ha toccato i vertici di quel delirio Marc Lazar allorquando nel suo “Le tre sinistre” – sul quotidiano la Repubblica del 25 di marzo 2015 – ha scritto:
(…). Il partito moderno è quello del leader che si rivolge agli individui, grazie al suo carisma e a tutti i moderni mezzi di comunicazione. Un leader forte, talora decisionista, al limite dell’autoritarismo, capace se occorre di giocare una carta populista per cercare di ridestare nei cittadini più diffidenti verso le istituzioni e per i loro dirigenti il gusto della politica. In breve, una sinistra che si adatti alle mutazioni di società più individualiste, e alle odierne “democrazie del pubblico” — pur continuando a richiamarsi ad alcuni suoi valori storici: l’uguaglianza — distinta però dall’egualitarismo — o la giustizia sociale, per orientare la propria azione pubblica. (…). Non mancano di certo nell’armamentario teorico di Marc Lazar i riferimenti storici ai quali riferirsi allorquando viene ad  auspicare l’avvento di un “partito moderno” che abbia a capo un “leader che si rivolge agli individui”. Nel turbinoso procedere della Storia è folta la schiera di quei leader che affacciati da un balcone si siano rivolti “agli individui” osannanti, catturare popoli interi “grazie al carisma” utilizzando tutti “i moderni mezzi di comunicazione”, un tempo alquanto limitati, oggigiorno invasivi oltre ogni misura. E la voglia di “un leader forte, talora decisionista, al limite dell’autoritarismo” ha segnato la Storia del secolo ventesimo, una Storia delittuosa, orrenda, tanto che ancor oggi se ne contano le ferite non risanate. Poiché il richiamo e l’invocazione di un “leader che si rivolge agli individui” rappresenta la scorciatoia affinché la necessaria dialettica, che deve stare al fondo della problematica sociale nelle moderne democrazie, sia quanto più semplificata se non annullata nella sua complessità a parole d’ordine che ne snaturino l’essenza e la portata. È evidente allora come si preconizzino, in questo inutile discettare sulle tante “sinistre” possibili, l’evolversi dei gruppi umani in quelle “società più individualiste” che un tempo “quellichelasinistra” avrebbero indefessamente e caparbiamente combattuto. Ed invece quello sproloquiare è un abbassare la guardia, è un arrendersi ad un mondo che abbia a metter conto, consapevolmente, sempre di più disuguaglianze ed ingiustizie. Che senso ha oggigiorno parlare di tutte le “sinistre” possibili o esistenti ma senza vocazione alcuna, quando è proprio nel bel mezzo del mondo occidentale che le sproporzioni di ricchezza, di reddito, di opportunità di ascesa sociale, si sono fatte così stridenti tanto da mettere in forse, o annullando addirittura, tutte le conquiste che quella che è stata la “sinistra” di un tempo, tempo che oggigiorno si dichiara tramontato, era riuscita a conseguire dai tempi dickensiani dei primordi del capitalismo? Non è proprio un discettare su “destra/sinistra”, su “sinistradidestra” o “sinistradisinistra”: è in gioco una posta più alta, la democrazia. A meno che non si voglia introdurre un concetto nuovo ed inesplorato di democrazia, concetto nuovo al quale le volitive menti della politica stanno laboriosamente lavorando.  È a questo punto che tutti i veli cadranno attorno allo sproloquiare sulle “sinistre” dell’oggi, a mostrarci la miseria umana oltreché materiale che i tempi a venire preparano per quel 99% soggiogato dall’arrendevolezza di una politica senza anima. A buona ragione l’intervista di Berna Gonzalez Harbour al filosofo bulgaro Tzvetan  Todorv – pubblicata sul quotidiano la Repubblica del 27 di dicembre dell’anno 2014 – ha per titolo “Democrazia significa resistenza”. Sostiene il grande filosofo: (…). "Quando diciamo valore, non significa che tutti lo rispettino, è più un ideale che una realtà, un orizzonte verso il quale siamo diretti", (…). Vale ancora il suo inventario dei valori? La libertà dell'individuo, per esempio? "La nostra democrazia liberale ha lasciato che l'economia non dipenda da alcun potere, che sia diretta solo dalle leggi del mercato, senza alcuna restrizione delle azioni degli individui e per questo la comunità soffre. L'economia è diventata indipendente e ribelle a qualsiasi potere politico, e la libertà che acquisiscono i più potenti è diventata la mancanza di libertà dei meno potenti. Il bene comune non è più difeso né tutelato, né se ne pretende il livello minimo indispensabile per la comunità. E la volpe libera nel pollaio priva della libertà le galline". Oggi, quindi, l'individuo è più debole. Quale libertà gli rimane, allora? "Paradossalmente è più debole, sì, perché i più potenti hanno di più, ma sono un piccolo gruppo, mentre la popolazione si impoverisce e la disuguaglianza è aumentata vertiginosamente. E gli individui poveri non sono liberi. Quando non è possibile trovare il modo di curare la tua malattia, quando non puoi vivere nella casa che avevi, perché non la puoi pagare, non sei più libero. Non puoi esercitare la libertà se non hai potere, e allora diventa solo una parola scritta sulla carta ". Eppure, l'uguaglianza è un valore fondativo delle nostre democrazie. Abbiamo bisogno di un nuovo contratto sociale? "Se non si può rispettare, un contratto sociale non è una gran cosa. L'idea di uguaglianza è ancora presente alla base delle nostre leggi, ma non sempre viene rispettata. Il tuo voto conta quanto il mio ma l'obiettivo della democrazia non è il livellamento, quanto piuttosto offrire lo stesso punto di partenza a tutti in quanto uguali davanti alla legge, perché i soldi non comprano la legge. Ma questo principio non si rispetta. Guardate quello che hanno appena approvato i legislatori degli Stati Uniti: hanno moltiplicato per dieci i soldi che possono spendere per una campagna elettorale. Chi non ha soldi non potrà godere della libertà supplementare di spendere riservata a quelli che ce li hanno. È questo pericolo di una libertà eccessiva di pochi che impedisce l'uguaglianza di tutti". Quando i diritti diventano una realtà formale, che cosa ci rimane? "Ci rimane la possibilità di protestare, di rivolgerci alla giustizia. Non bisogna cambiare i principi, perché sono già scritti, ma abbiamo visto che ci sono molti modi per schivarli ed è necessario che il potere politico non capitoli di fronte alla potenza di quegli individui che infrangono il contratto sociale a loro favore. L'idea di resistenza mi sembra fondamentale nella vita democratica. Bisogna essere vigilanti, la stampa deve svolgere un ruolo sempre più importante nel denunciare le violazioni dei partiti, bisogna che la gente possa intervenire, ma so che questo richiede di essere sufficientemente vigilanti, coraggiosi e attivi ". (…). Quale sarà l'Europa dopo la crisi? "Non so se la crisi finirà, sappiamo che le economie non obbediscono a spinte razionali, ci sono spinte di passione o di follia, spinte che sfidano tutti i pronostici, forse scomparirà nel 2015, o forse mai, o potremmo restarci dentro per altri dieci anni". Ecco, non c’è stata “Resistenza”. Poiché “La mutazione genetica a sinistra” – titolo della riflessione di Franco Armino pubblicata su “il Fatto Quotidiano” del 12 di marzo 2015 ultimo, che di seguito trascrivo in parte – ha prodotto gli gnomi dell’oggi, ha cancellato gli orizzonti, i temi ed i pensieri e le parole che erano propri solamente di “quellichelasinsitra”: (…). La sinistra non può stare al mondo accettando questo mondo. Non si tratta solo di battersi per i deboli, non si tratta solo di eliminare le ingiustizie, principi comunque già ampiamente disattesi. La questione è il futuro di tutte le creature della terra. La sinistra ha senso solo se incrocia democrazia locale e dimensione planetaria. Ma la meta non può essere la crescita, la meta è decentrarci, abitare il pianeta sapendo che si tratta di un piccolo condominio che dobbiamo spartire con gli alberi e gli animali. La sinistra per vivere ha bisogno di capire la natura teologica di molti nostri problemi di oggi e deve insegnare agli uomini che il mondo non si cambia col potere. Il mondo si cambia standoci dentro con attenzione, ognuno nei suoi luoghi o nei luoghi che ha scelto di abitare. Una nuova alleanza tra gli esseri e le cose, un intreccio continuo di poesia e passione civile. (…). La sinistra non può che essere un nuovo umanesimo. (…). Il lavoro non può essere un motivo per distruggere la natura. Dobbiamo fare altro: dobbiamo fermarci, diventare gentili, clementi, attenti. Non si può uscire dal capitalismo col comunismo del Novecento, con tutte le sue nobiltà e le sue miserie, questo è l’amaro verdetto che abbiamo davanti. Un mondo è morto e l’altro ci sta uccidendo. Però la storia non è finita. Oggi ci può essere una nuova, straordinaria militanza al servizio non solo dei nostri egoismi umani, ma di tutte le creature del pianeta. (…).

Nessun commento:

Posta un commento