"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 21 maggio 2014

Storiedallitalia. 50 “’U professuri”.



Sta scritto sul dizionario Sabatini-Coletti che per “ditirambo” – la sillabazione del quale è “di-ti-ràm-bo”, s.m. – intendesi “1 Nell'antica letteratura greca, forma corale di poesia lirica; 2 Nella letteratura italiana, componimento poetico di metro vario che esalta le gioie della vita, in partic., del vino e dell'amore; 3 fig. Discorso, scritto di tono elogiativo; • sec. XVI”. Di un ditirambo me ne sono occupato di recente ovvero il 24 di aprile ultimo col titolo “Il ditirambo dell’Eugenio” ove l’Eugenio è il fondatore del quotidiano a più forte tiratura e diffusione del bel paese. Nell’occasione la carità cristiana, che mi soccorre in particolari momenti della mia vita, pur non professandone la fede, mi consigliò di risparmiare agli incauti frequentatori di questo diario-in-rete la trasposizione del ditirambo di cui sopra. Nonostante ciò quel post del 24 di aprile figura tra i post più popolari di questo blog. Una ragione pur ci sarà. E così, come soccorrendomi ancor una volta la cristiana carità, ho evitato di ammannire agli incauti visitatori un altro ditirambo dell’Eugenio comparso nell’abituale suo domenicale del 18 di maggio che per titolo fa “Il 25 maggio bisogna votare per Renzi e per Schulz”.  Sennonché oggi mi sono imbattuto in un nuovo devastante ditirambo, sempre sul quotidiano più forte in tiratura e diffusione nel bel paese, a firma di Massimo L. Salvadori, ditirambo che ha per titolo “Le scelte che fanno la differenza”, titolo che per certi versi è molto intrigante. Chi non possiede voglia di scoprire le differenze?
Non ho resistito e mi sono dato alla sua lettura: (…). …il voto è importante. Uno può buttare via il suo voto in quattro diversi modi: standosene a casa (il che equivale a dire: “andate tutti al diavolo!”) oppure consegnando scheda bianca (il che, se non si è organicamente indifferenti, equivale a dire: “vorrei fare il mio dovere di cittadino, ma fate tutti egualmente schifo”) oppure dando un voto di punizione (il che equivale a dire: “vorrei votare per te in base alle mie inclinazioni di fondo, ma non lo faccio perché desidero darti una lezione e quindi scelgo un altro anche se non mi piace”) oppure do la mia preferenza ad un partito incapace di influire sui rapporti di forza per dare quanto meno una testimonianza ideale. A questo punto ho capito che l’illustre parlava proprio di me, di quel qualcuno che nell’occasione avrebbe dato il suo voto “ad un partito incapace di influire sui rapporti di forza per dare quanto meno una testimonianza ideale”. È forse vietato farlo? Ché degli ideali non si debba più tenere conto alcuno? Massimo Luigi Salvadori risulta essere, sulla Enciclopedia libera della rete, uno storico ed un politico italiano. Da docente universitario avrà conosciuto una miriade di personaggi del suo rango e del suo livello. Tra gli altri avrà sicuramente conosciuto e forse frequentato il professor Giovanni Fiandaca. L’arrembante primo ministro avrebbe detto “Fiandaca, chi?”. Legittima domanda. Ma quel Fiandaca, di conoscenza tanto per il Salvadori che per il Renzi, è candidato alle prossime elezioni del 25 di maggio. Dov’è lo scandalo? Se di scandalo ancor oggi sia possibile parlare. Una rapida informativa sul personaggio ce l’ha fornita Marco Travaglio su “il Fatto Quotidiano” di ieri 20 di maggio col titolo “’U professuri”. Leggiamo: Chi sia Fiandaca i nostri lettori lo sanno, ma molti elettori del Pd forse no: è il giurista che si diverte a pubblicare sul Foglio articolesse di 6 pagine dal titolo “Il processo alla trattativa è una boiata pazzesca”; e che se n’è appena uscito con un libro, La mafia non ha vinto (e, non avendo neppure perso, se ne deduce che ha pareggiato). Lì sostiene che fu cosa buona e giusta, nel 1992, che lo Stato mandasse i vertici del Ros a trattare con i mafiosi da Riina in giù che avevano appena assassinato Falcone, usando come tramite il mafioso Ciancimino: lo fecero – è la tesi di Fiandaca – “in stato di necessità” e “a fin di bene”. Il “bene” lo conosciamo: salvare alcuni politici collusi dalla vendetta di Cosa Nostra che li considerava traditori e sacrificare Borsellino (che si opponeva alla trattativa), la sua scorta, più altri 12 cittadini morti ammazzati (tra cui una bambina di 50 giorni) e decine di feriti nelle stragi del ’93 a Firenze, Milano e Roma. Effetti collaterali, dettagli. L’importante è assolvere preventivamente i servitori del doppio Stato imputati al processo di Palermo: Mannino, Mancino (col suo protettore sul Colle), Dell’Utri, Subranni, Mori e De Donno. Poveri martiri. Un tempo queste boiate pazzesche le dicevano i B., i Dell’Utri, i Ferrara. Ora le dice il fiore all’occhiello del Pd in Sicilia. (…). L’altro giorno, contestato a Messina da alcuni attivisti 5Stelle che poveretti avevano letto il suo libro e dunque l’accusavano di screditare i pm di Palermo, ‘U Prufessuri li ha apostrofati con un “andate a studiare” (invito che dovrebbe rivolgere a se stesso, visti gli svarioni che lardellano il suo libercolo). Poi, sempre molto lucido, ha tenuto a precisare che “a Santa Caterina Villarmosa, dove sono le mie radici, dicono che i Fiandaca hanno cinque tumuli di cervello”. Però nelle famiglie c’è sempre la pecora nera: di solito è quella che si dà alla politica. Infatti, anziché confutare nel merito le obiezioni alle sue tesi scombiccherate (l’avevamo sfidato a un confronto pubblico, ma se l’è data a gambe), replica con le minacce. (…). Ed il professor Massimo Luigi Salvadori conosce il collega Fiandaca? E su quelle posizioni del Fiandaca come la pensa? Sarebbe interessante saperne qualcosa! Poiché essere d’accordo col Fiandaca la direbbe lunga su questo momento di confusione che il bel paese attraversa. Ora il Fiandaca sta candidato nel PD. In Sicilia. Embé dirà qualcuno? È su quell’embé che le cose non collimano e che quel qualcuno farà pesare nelle sue scelte elettorali del 25 di maggio. Continua a scrivere Massimo L. Salvadori: Questo atteggiamento ha fatto breccia tra molti di coloro che in passato, nonostante tutti i maldipancia possibili, si ascrivevano alla sinistra, fornendo così prova di dare ancora importanza a distinzioni che ora sembrano non più riconoscere. Nella loro diversità di motivazioni i quattro modi sopra indicati convergono in un unico esito: contribuire all’indebolimento se non alla sconfitta della forza politica che pure dovrebbe rappresentare anche ai custodi del meglio ideale il meno peggio reale. Poiché nella realtà dei rapporti politici e sociali esiste sempre il meno peggio. Chi non vuol vederlo e accettarlo si pone al di fuori dei comportamenti orientati a criteri di razionalità. Aspira a rendere più sana, più alta la politica e, spinto dalle proprie delusioni, contribuisce a farla affondare del tutto. Invoca una più nobile responsabilità negli altri mentre ignora la propria che è di non lasciare libero campo alle forze che se non altro il buon senso dovrebbe indicare come le peggiori anche nello scenario che è indotto ad avversare nel suo insieme. Non percepire il valore del relativo significa in politica, appunto, porsi contro la razionalità. (…). Ma come è possibile scrivere di queste cose? Scrivere che “nella realtà dei rapporti politici e sociali esiste sempre il meno peggio”. “Ma mi faccia il piacere”  avrebbe detto o scritto quella che è stata la maschera più amata del bel paese! Non siamo di fronte al “meno peggio”, ma al “peggio” in assoluto. Poiché sulla scorta delle cose viste e vissute nel bel paese, a meno che non si voglia parlare per astrazione, non è esistita forza politica alcuna che abbia saputo contrastare efficacemente e senza tonitruanti proclami la criminalità mafiosa organizzata, al nord come al sud, le più diffuse forme di ruberie della ricchezza pubblica, la sottrazione di risorse ingenti che ben avrebbero concorso a dare serenità al paese, la disarticolazione del controllo, “manu militari”, di amplissime aree del territorio. E poiché stiamo per votare per l’Europa, in quel contesto la credibilità dei politicanti al potere nel bel paese è ridotta allo zero. Poiché non una di quelle emergenze l’”antipolitica” al potere è stata capace di affrontare con determinazione cogliendone i frutti per l’intera collettività  del bel paese. E poi l’alfa e l’omega del ditirambo: È un vecchio, intramontabile vizio della “sinistra pura” l’amore per le dichiarazioni di principio, per l’etica della convinzione, per l’imperativo categorico che non transige e induce a avversare in primo luogo la sinistra impura. Più la sinistra ne è stata danneggiata e più questo vizio si riproduce come un fungo dalle belle apparenze e dagli effetti velenosi. (…). Abbiamo capito: tutto ciò che è appartenuto alla cosiddetta “sinistra pura” è divenuta fuffa, “roba che non vale niente, argomentazione inconsistente, senza capo né coda”. Di grazia, quale sarà allora la “sinistra impura”? Che sia quella che si presenta ai nostri attoniti occhi? E se è “impura”, quale potrà essere mai la sua affidabilità, la sua credibilità?

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