"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 14 maggio 2013

Cosecosì. 52 Quando è il denaro a dare valore alla vita.



Ha scritto il filosofo Giorgio Agamben in un post – “Benjamin e il capitalismo” - del 29 di aprile su www.lostraniero.net : Il capitalismo come religione è il titolo di uno dei più penetranti frammenti postumi di Benjamin. (…). Secondo Benjamin, il capitalismo non rappresenta soltanto, (…), una secolarizzazione della fede protestante, ma è esso stesso essenzialmente un fenomeno religioso, che si sviluppa in modo parassitario a partire dal Cristianesimo. Che esistesse quel “rapporto parassitario” tra la trionfante religione dei cristiani ed il capitalismo, rapporto che ha permeato la vita del mondo occidentale, non è da storicamente da negare e permane sotto gli occhi di tutti. Non per nulla quella religione, divenuta chiesa potente nella sua versione confessionale a Roma, ha stretto rapporti sempre più stretti con il mondo del capitale sino a perdere la sua essenza primigenia di chiesa dei poveri e che per i poveri opera nel tempo storico nel quale è chiamata a testimoniare. E del resto sono storicamente avvenute, nel seno di quella confessione, contrapposizioni stridenti che il più delle volte sono state risolte in forma cruenta con la soppressione fisica, nonché nella memoria, di tutti coloro che opponendosi propugnavano una chiesa più umile e più vicina al mondo dei diseredati. Ha prevalso, in quelle tragiche dispute, l’interesse per la conservazione di quel “rapporto parassitario” che ha tanto giovato nella costituzione e nell’affermarsi di quel potere temporale che non pochi danni ha arrecato alle vicende della Storia. Ne ha reso fuggevole testimonianza in un Suo recente scritto il teologo Hans Kung – “Francesco e gli indignati”, sul quotidiano la Repubblica del’11 di maggio -, laddove poneva anche interessanti interrogativi sul nuovo ordine gerarchico creatosi nella chiesa di Roma: Nemmeno due decenni dopo la morte di Francesco il movimento francescano rapidamente diffusosi in Italia sembra quasi completamente addomesticato dalla Chiesa romana, tanto da porsi ben presto al servizio della politica papale, come un normale ordine monastico, e da farsi addirittura coinvolgere nell’Inquisizione. Se dunque è stato possibile addomesticare Francesco di Assisi e i suoi compagni nel sistema romano, ovviamente non si può escludere che alla fine un papa Francesco venga catturato nel sistema romano che dovrebbe riformare. Papa Francesco: un paradosso? Potranno mai conciliarsi il papa e Francesco, un contrasto evidente? Solo con un papa delle riforme ispirato dal Vangelo. Non dobbiamo rinunciare troppo presto alla nostra speranza in un simile pastor angelicus! Infine, (…): Che fare se ci viene tolta dall’alto la speranza nella riforma? I tempi in cui il papa e i vescovi potevano contare tranquillamente sull’ubbidienza dei fedeli sono comunque passati. Dunque, non possiamo in alcun modo cedere alla rassegnazione, ma di fronte alla mancanza di impulsi riformatori “dall’alto”, dalla gerarchia, dobbiamo intraprendere decisamente le riforme “dal basso”, a partire dalla gente. Se papa Francesco metterà mano alle riforme troverà un vasto consenso da parte della gente, ben al di là della Chiesa cattolica. Se però alla fine andasse avanti così e non sciogliesse il nodo delle riforme, il grido «Indignatevi! Indignez-vous!» risuonerebbe sempre più anche nella Chiesa cattolica e provocherebbe riforme dal basso che sarebbero realizzate anche senza l’approvazione da parte della gerarchia e spesso addirittura contro i tentativi di impedirle compiuti dalla gerarchia. Nel caso peggiore – (…) – la Chiesa cattolica vivrebbe, anziché una primavera, una nuova era glaciale e correrebbe il pericolo di ridursi ad una grande setta poco rilevante. Nell’intreccio storicamente perverso tra il cristianesimo ed il capitalismo, che si è venuto a creare a seguito di quel “rapporto parassitario”, il capitalismo ha assunto caratteri che Giorgio Agamben tratteggia dottamente così: Come tale, come religione della modernità, esso è definito da tre caratteri: 1. è una religione cultuale, forse la più estrema e assoluta che sia mai esistita. Tutto in essa ha significato solo in riferimento al compimento di un culto, non rispetto a un dogma o a un’idea. 2. Questo culto è permanente, è “la celebrazione di un culto sans trève et sans merci”. Non è possibile, qui, distinguere tra giorni di festa e giorni lavorativi, ma vi è un unico, ininterrotto giorno di festa-lavoro, in cui il lavoro coincide con la celebrazione del culto. 3. Il culto capitalista non è diretto alla redenzione o all’espiazione di una colpa, ma alla colpa stessa. “Il capitalismo è forse l’unico caso di un culto non espiante, ma colpevolizzante… Una mostruosa coscienza colpevole che non conosce redenzione si trasforma in culto, non per espiare in questo la sua colpa, ma per renderla universale… e per catturare alla fine Dio stesso nella colpa… Dio non è morto, ma è stato incorporato nel destino dell’uomo”. (…). E nella creazione di quel culto tanto caro al capitalismo la esasperazione estrema la si è avuta con l’avvento del cosiddetto “capitalismo finanziario” che ha soppiantato il capitalismo della produzione dei beni e dei servizi. In esso, nella sua forma esasperata che oggigiorno domina lo scenario internazionale, si è potuta realizzare quella trasformazione profonda nella vita delle moltitudini dell’Occidente a seguito della quale il professor Umberto Galimberti ha potuto affermare in un Suo scritto – del 1° di settembre dell’anno 2012 sul settimanale “D” - “Quando è il denaro a dare valore alla vita”: C'è una complicità inconscia tra il mondo della finanza e i nostri comportamenti? Aristotele, nell'Etica a Nicomaco, scrive che il denaro non può generare ricchezza perché il denaro non è un bene, ma solo il simbolo di un bene. Questa tesi fu ripresa anche da Tommaso d'Aquino che la tradusse con "pecunia non parit pecuniam", in ciò confortato anche dall'indicazione che si legge nel Vangelo di Luca (6, 13) dove è scritto: "Mutuum date nihil inde sperantes": prestate il denaro senza attendere necessariamente la restituzione. E questo in base al principio della carità cristiana. Nel Settecento, con la nascita dei primi trattati di economia di David Ricardo e Adam Smith, si stabilì che il valore di un bene non consiste nella sua capacità di soddisfare un bisogno (valore d'uso), ma nella sua capacità di scambiarsi con altri beni (valore di scambio). Questa capacità viene decisa da due assi cartesiani: la domanda e l'offerta, dal cui incontro dipende il valore di un bene. Il discorso sembra razionale, anzi addirittura matematico, quindi inconfutabile. Anche se Marx, un secolo dopo, considerava che se il denaro diventa la "condizione universale" per soddisfare i bisogni e produrre i beni, allora il denaro non è più un "mezzo", ma il primo "fine", per conseguire il quale, si vedrà se soddisfare i bisogni e in che misura produrre i beni. A seguito di questo capovolgimento, (…), il mercato diventa il grande regolatore della vite umane, contro il quale nessuna rivoluzione è possibile perché, come ci ricorda Hegel, la rivoluzione è praticabile quando in conflitto ci sono due volontà: quella del servo e quella del signore, ma il mercato non ha volontà (…). Il mercato è nessuno, anche se il filosofo Romano Madera ci ricorda che "Nessuno, come ci ha insegnato Omero, è sempre il nome di qualcuno", ma questo qualcuno non è identificabile. E allora con chi possiamo prendercela? Questo Nessuno, che ignora il monito di Aristotele e anche l'indicazione evangelica (…) porterà al suo tramonto la nostra civiltà, e con l'Occidente, probabilmente tutto il mondo in via di occidentalizzazione, perché se il denaro, da valore di scambio, diventa il generatore simbolico di tutti i valori, la vita si contrae e si rattrappisce, perché, come ormai è a tutti evidente, ci sono sempre meno condizioni per vivere. E siccome la rivoluzione è impossibile, la cultura del denaro come supremo valore diventa pervasiva e non riguarda più solo la finanza, ma anche il comportamento di tanta povera gente che affolla le tabaccherie per acquistare i biglietti delle varie lotterie, o tentare improbabili guadagni alle slot machine. Rimedi? Non se ne vedono quando un modello teorico (le regole del mercato) diventa così pervasivo da determinare i comportamenti di ciascuno di noi. Siamo diventati complici.

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