Ho scritto in “I
professori” (2006) nel capitolo secondo che ha per titolo “Ovvero
tra professione e missione”: Aveva
un bello scrivere Giovanni Papini il 30 di giugno dell’anno del signore 1909, a
proposito degli insegnanti e del loro “status”: “(…). È vero che i professori dovrebbero essere pagati di più, ma è
falso, falsissimo e appena degno del più grossolano materialismo storico, che
la questione della scuola sia soltanto questione di quattrini.
È anche e soprattutto questione d’anima e di educazione. Ripeti e ripeti, anni dopo anni le medesime cose, e i professori diventano assai più imbecilli e immalleabili di quel che fossero al principio e non è dir poco. Poveri aguzzini acidi, annoiati, anchilosati, vuoti, seccati, angariati, scoraggiati, che muovono le loro membra ufficiali e governative soltanto quando si tratta di avere qualche lira in più.(…)”. Ché da quelle lamentazioni sono trascorsi decenni e decenni, ed ancora nel secolo ventunesimo ci si ritrova con una realtà che non si discosta più di tanto da quella rappresentata nella illustre citazione. La “rilettura” di oggi risale al 6 di giugno dell’anno 2015 – “Agli insegnanti dico: la riforma non serve a voi” – di Umberto Galimberti, pubblicata sul settimanale “D”: I docenti che protestano dovrebbero guardare la questione mettendosi dal punto di vista degli studenti. E trarre senza corporativismi le conclusioni. (…). …a parte le scuole elementari che, rispetto a quando le frequentavo io, hanno fatto progressi davvero significativi (al punto da collocarsi al sesto posto nella classifica globale, come ho appreso in un congresso internazionale sull'istruzione nel mondo), le scuole medie e le superiori soffrono per la carenza di insegnanti all'altezza del loro compito, al punto che io considero fortunati quegli studenti che nella loro classe, su nove o dieci professori, ne trovano almeno uno o due che siano dei veri "maestri". Chiamo "maestro" chi conosce la sua materia, la sa comunicare e ha la capacità di appassionare gli studenti alla cultura, per quella dote personale che non si può "imparare", ma si possiede "per natura", fatta di una autorevolezza che gli studenti riconoscono e di una autentica vocazione e dedizione al compito educativo. "Educare" infatti non è solo "istruire", ossia trasmettere conoscenze, ma far presa sull'emotività degli studenti che, se non entra in gioco, preclude l'apertura della mente. Del resto, già Platone segnalava che si apprende per "via erotica". E tutti noi abbiamo studiato volentieri le materie insegnate da professori che ci affascinavano. Per questo ritengo giusto che gli insegnanti, al pari di tutti quanti si presentano a un colloquio di lavoro, che poi è un test di personalità, siano sottoposti ad analoga verifica, onde evitare che chi non possiede le caratteristiche adatte possa restare in cattedra per quarant'anni a demotivare gli studenti, sprecando l'unica occasione che essi hanno di essere educati in quell'età incerta che si chiama adolescenza. Chi sono questi insegnanti "demotivanti" lo sanno bene gli studenti, i genitori e i colleghi impegnati, per cui non dovrebbe essere difficile sottoporli periodicamente a verifica e, nel caso di comprovata inettitudine, allontanarli dalla scuola. Non basta infatti aver vinto un concorso o aver insegnato per anni in condizioni di precariato per aver garantito il posto di lavoro a vita pur non essendo all'altezza del proprio compito. (…). Per questo non trovo scandaloso che i presidi, magari affiancati dai colleghi della scuola più impegnati, abbiano la possibilità di assumere gli insegnati più capaci e dimettere gli incapaci, premiando la meritocrazia, l'eccellenza e la concorrenza tra la varie scuole: i dirigenti scolastici che dovessero procedere per favoritismi vedrebbero ridursi inevitabilmente le iscrizioni e sulla base di questo dato oggettivo, opportunamente monitorato, sarebbero a loro volta dimessi. Questa mi pare l'unica, vera e seria riforma. Solo allora l'Ocse non collocherebbe più gli studenti italiani, (…), all'ultimo posto in Europa nella comprensione di un testo scritto. (…). Non premierei i professori meritevoli, perché significa ammettere che purtroppo sono in attività anche quelli non meritevoli che invece dovrebbero essere esonerati. (…). In una scuola composta solo da insegnanti meritevoli, (…), manterrei gli scatti di anzianità e, compatibilmente con il bilancio dello Stato, aumenterei gli stipendi. (…).
È anche e soprattutto questione d’anima e di educazione. Ripeti e ripeti, anni dopo anni le medesime cose, e i professori diventano assai più imbecilli e immalleabili di quel che fossero al principio e non è dir poco. Poveri aguzzini acidi, annoiati, anchilosati, vuoti, seccati, angariati, scoraggiati, che muovono le loro membra ufficiali e governative soltanto quando si tratta di avere qualche lira in più.(…)”. Ché da quelle lamentazioni sono trascorsi decenni e decenni, ed ancora nel secolo ventunesimo ci si ritrova con una realtà che non si discosta più di tanto da quella rappresentata nella illustre citazione. La “rilettura” di oggi risale al 6 di giugno dell’anno 2015 – “Agli insegnanti dico: la riforma non serve a voi” – di Umberto Galimberti, pubblicata sul settimanale “D”: I docenti che protestano dovrebbero guardare la questione mettendosi dal punto di vista degli studenti. E trarre senza corporativismi le conclusioni. (…). …a parte le scuole elementari che, rispetto a quando le frequentavo io, hanno fatto progressi davvero significativi (al punto da collocarsi al sesto posto nella classifica globale, come ho appreso in un congresso internazionale sull'istruzione nel mondo), le scuole medie e le superiori soffrono per la carenza di insegnanti all'altezza del loro compito, al punto che io considero fortunati quegli studenti che nella loro classe, su nove o dieci professori, ne trovano almeno uno o due che siano dei veri "maestri". Chiamo "maestro" chi conosce la sua materia, la sa comunicare e ha la capacità di appassionare gli studenti alla cultura, per quella dote personale che non si può "imparare", ma si possiede "per natura", fatta di una autorevolezza che gli studenti riconoscono e di una autentica vocazione e dedizione al compito educativo. "Educare" infatti non è solo "istruire", ossia trasmettere conoscenze, ma far presa sull'emotività degli studenti che, se non entra in gioco, preclude l'apertura della mente. Del resto, già Platone segnalava che si apprende per "via erotica". E tutti noi abbiamo studiato volentieri le materie insegnate da professori che ci affascinavano. Per questo ritengo giusto che gli insegnanti, al pari di tutti quanti si presentano a un colloquio di lavoro, che poi è un test di personalità, siano sottoposti ad analoga verifica, onde evitare che chi non possiede le caratteristiche adatte possa restare in cattedra per quarant'anni a demotivare gli studenti, sprecando l'unica occasione che essi hanno di essere educati in quell'età incerta che si chiama adolescenza. Chi sono questi insegnanti "demotivanti" lo sanno bene gli studenti, i genitori e i colleghi impegnati, per cui non dovrebbe essere difficile sottoporli periodicamente a verifica e, nel caso di comprovata inettitudine, allontanarli dalla scuola. Non basta infatti aver vinto un concorso o aver insegnato per anni in condizioni di precariato per aver garantito il posto di lavoro a vita pur non essendo all'altezza del proprio compito. (…). Per questo non trovo scandaloso che i presidi, magari affiancati dai colleghi della scuola più impegnati, abbiano la possibilità di assumere gli insegnati più capaci e dimettere gli incapaci, premiando la meritocrazia, l'eccellenza e la concorrenza tra la varie scuole: i dirigenti scolastici che dovessero procedere per favoritismi vedrebbero ridursi inevitabilmente le iscrizioni e sulla base di questo dato oggettivo, opportunamente monitorato, sarebbero a loro volta dimessi. Questa mi pare l'unica, vera e seria riforma. Solo allora l'Ocse non collocherebbe più gli studenti italiani, (…), all'ultimo posto in Europa nella comprensione di un testo scritto. (…). Non premierei i professori meritevoli, perché significa ammettere che purtroppo sono in attività anche quelli non meritevoli che invece dovrebbero essere esonerati. (…). In una scuola composta solo da insegnanti meritevoli, (…), manterrei gli scatti di anzianità e, compatibilmente con il bilancio dello Stato, aumenterei gli stipendi. (…).
Ricevo dalla carissima amica A.A. e pubblico il Suo commento: Carissimo Aldo, voglio congratularmi con te per la scelta dell'interessantissimo argomento di ieri sera, che trae spunto dal tuo "I professori", da me sempre tanto aprrezzato! Quanto letto mi ha consentito di tuffarmi in un mondo che mi appartiene, ricco di ricordi, pensieri, idee, emozioni, sentimenti, esperienze, che a volte abbiamo condiviso e che fanno parte di un periodo della mia vita che tanto amo... Grazie, Aldo, non ti nascondo che la sera ormai non vado a dormire prima di aver visitato il tuo blog. (...). Ciao Aldo e grazie ancora.
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