Tratto da “Ribelliamoci
al cinismo” di Roberto Saviano, pubblicato sul settimanale L’Espresso del
17 di giugno dell’anno 2018: Non si fa campagna elettorale sulla pelle
delle persone, sulla pelle di 629 persone, sulla pelle di 123 minori non
accompagnati, 11 bambini e 7 donne incinte. Non si fa campagna elettorale sulla
pelle di chi ha vissuto l’inferno in terra e in mare.
Non so più quante volte queste semplici affermazioni di buon senso e umanità le ho dette e scritte. E non so più quante volte “amici di sinistra” mi hanno invitato a smettere di parlare di migranti, di sbarchi, di accoglienza, di lager libici. «Fai il gioco di Salvini», «più ne parli, più la destra xenofoba si rafforza». Come fare a non mettere in correlazione chi mi invita al silenzio sulle Ong («è per il nostro bene, Robbe’» ) a chi mi dice che parlare di mafie diffama il Paese (fa male al made in Italy) o crea emulazione? Non so più quante persone, “da sinistra”, mi hanno invitato in questi anni al silenzio senza capire che non erano le mie parole il problema - su mafie e immigrazione - ma il loro nicchiare, il loro dare, qua e là, implicitamente ragione a chi sostiene di sentirsi invaso. Hanno trattato elettori, telespettatori e lettori da idioti, hanno dato loro esattamente ciò che i loro istinti più bassi si aspettavano. Per non parlare dei colleghi scrittori, la cui stragrande maggioranza ha deciso che quello che accade in questo Paese non può avere effetti su di loro, sui loro scritti e che la letteratura non si può sporcare con dichiarazioni sul qui e ora. Dare a elettori, lettori e telespettatori ciò che vogliono significa da un lato assecondare le loro paure senza provare a spiegare che sono indotte, non semplicemente infondate, ma indotte. Dall’altro significa sentire l’esigenza di essere sul mercato in maniera competitiva. Esprimere un parere significa schierarsi e spesso schierarsi significa non stare dalla parte della maggioranza e se non si sta dalla parte della maggioranza si perdono lettori e telespettatori. Si perdono persino elettori. E allora la domanda (una domanda in fondo semplice) è: possibile che per contare qualcosa, per essere visti, letti ed eletti bisogna far vincere le “regole di mercato” che, oggi come sempre, presuppongono una forte componente di cinismo che fa bene agli ascolti e alle vendite ma che consegna il Paese alla completa rovina? Le risposte a questa domanda sono le più fantasiose. Prendo quella che ricevo più spesso: «Saviano, cosa hanno fatto i tuoi amici buonisti? Se siamo in questa situazione la responsabilità è principalmente loro». Questa affermazione meriterebbe una risposta assai articolata. Potrei dire, intanto, che non sono miei amici, che io non li considero tali e che loro non considerano me amico o alleato. Di certo la dottrina Minniti ci ha portati esattamente dove siamo. Lo scorso anno Marco Minniti, al tempo ministro dell’Interno, per primo ha minacciato di chiudere i porti facendo una comunicazione leghista che ha spianato la strada a Salvini e ha rafforzato la convinzione che il M5S già aveva, che sparare sui migranti (sparare in senso metaforico) era la via giusta da seguire. Questi sono gli errori dei miei “amici buonisti”: sfidare i razzisti e gli xenofobi sul loro stesso terreno, proporre false soluzioni senza trattare gli italiani da persone con un cervello e un cuore e il resto del mondo, soprattutto quello a sud del Mediterraneo, come feccia da scacciare. Le genti d’oltralpe, invece, secondo la politica italiana, sono nordici senza cuore. L’Italia sarebbe circondata: al sud da barbari che premono per invadere, al nord da alleati distratti che ci lascerebbero in balia degli invasori. (…). In mezzo, un Paese che sta morendo. Un Paese che ha necessità di nuovi cittadini e ne ha bisogno come l’aria, come il sangue. Sullo sfondo una politica, di destra e di sinistra, che non ha solo smesso di affrontare le sfide che la politica deve accettare, risolvere e vincere, ma una politica che prova per il sud uno schifo che ormai non prova nemmeno più a dissimulare. Lavorare sull’accoglienza e renderlo un settore virtuoso, significa affrontare ancora una volta le ingerenze delle organizzazioni criminali, significa affrontare organizzazioni che lucrano su tutto, che si riciclano in pochissimo tempo, che se non è l’accoglienza è la bonifica, se non è la bonifica è la ricostruzione di aree terremotate, se non è la ricostruzione delle aree terremotate sono le grandi opere. Che facciamo? Ci condanniamo a morte per non dare occasioni alle mafie? Abdichiamo a fare il nostro dovere per quieto vivere? Per non dare fastidio alle mafie? Io sono l’esempio vivente di cosa significhi essere del sud e occuparsi di sud: significa dare fastidio, significa farsi dire continuamente: «Roberto ma che problema tieni? Perché invece di farti il sangue amaro non ti godi la vita?». L’Italia sta vivendo la sua ora più buia, preda di una destra xenofoba e di un partito populista disorganizzato e ormai fagocitato da pulsioni bassissime, eppure quando tutto sembra perduto scorgiamo una luce. Mentre il Pd cerca - a mio avviso inutilmente - di mettere assieme pezzi, una opposizione alla barbarie esiste già. L’opposizione sono Mimmo Lucano e Aboubakar Soumahoro. Andate da loro non per mettervi una stelletta sul bavero da mostrare a Roma. Andate da loro per restarci. Andate e imparate cosa significa fare politica, cosa significa amare la politica. Loro sono un fiume in piena in cui confluire, non rivoli da cooptare.
Non so più quante volte queste semplici affermazioni di buon senso e umanità le ho dette e scritte. E non so più quante volte “amici di sinistra” mi hanno invitato a smettere di parlare di migranti, di sbarchi, di accoglienza, di lager libici. «Fai il gioco di Salvini», «più ne parli, più la destra xenofoba si rafforza». Come fare a non mettere in correlazione chi mi invita al silenzio sulle Ong («è per il nostro bene, Robbe’» ) a chi mi dice che parlare di mafie diffama il Paese (fa male al made in Italy) o crea emulazione? Non so più quante persone, “da sinistra”, mi hanno invitato in questi anni al silenzio senza capire che non erano le mie parole il problema - su mafie e immigrazione - ma il loro nicchiare, il loro dare, qua e là, implicitamente ragione a chi sostiene di sentirsi invaso. Hanno trattato elettori, telespettatori e lettori da idioti, hanno dato loro esattamente ciò che i loro istinti più bassi si aspettavano. Per non parlare dei colleghi scrittori, la cui stragrande maggioranza ha deciso che quello che accade in questo Paese non può avere effetti su di loro, sui loro scritti e che la letteratura non si può sporcare con dichiarazioni sul qui e ora. Dare a elettori, lettori e telespettatori ciò che vogliono significa da un lato assecondare le loro paure senza provare a spiegare che sono indotte, non semplicemente infondate, ma indotte. Dall’altro significa sentire l’esigenza di essere sul mercato in maniera competitiva. Esprimere un parere significa schierarsi e spesso schierarsi significa non stare dalla parte della maggioranza e se non si sta dalla parte della maggioranza si perdono lettori e telespettatori. Si perdono persino elettori. E allora la domanda (una domanda in fondo semplice) è: possibile che per contare qualcosa, per essere visti, letti ed eletti bisogna far vincere le “regole di mercato” che, oggi come sempre, presuppongono una forte componente di cinismo che fa bene agli ascolti e alle vendite ma che consegna il Paese alla completa rovina? Le risposte a questa domanda sono le più fantasiose. Prendo quella che ricevo più spesso: «Saviano, cosa hanno fatto i tuoi amici buonisti? Se siamo in questa situazione la responsabilità è principalmente loro». Questa affermazione meriterebbe una risposta assai articolata. Potrei dire, intanto, che non sono miei amici, che io non li considero tali e che loro non considerano me amico o alleato. Di certo la dottrina Minniti ci ha portati esattamente dove siamo. Lo scorso anno Marco Minniti, al tempo ministro dell’Interno, per primo ha minacciato di chiudere i porti facendo una comunicazione leghista che ha spianato la strada a Salvini e ha rafforzato la convinzione che il M5S già aveva, che sparare sui migranti (sparare in senso metaforico) era la via giusta da seguire. Questi sono gli errori dei miei “amici buonisti”: sfidare i razzisti e gli xenofobi sul loro stesso terreno, proporre false soluzioni senza trattare gli italiani da persone con un cervello e un cuore e il resto del mondo, soprattutto quello a sud del Mediterraneo, come feccia da scacciare. Le genti d’oltralpe, invece, secondo la politica italiana, sono nordici senza cuore. L’Italia sarebbe circondata: al sud da barbari che premono per invadere, al nord da alleati distratti che ci lascerebbero in balia degli invasori. (…). In mezzo, un Paese che sta morendo. Un Paese che ha necessità di nuovi cittadini e ne ha bisogno come l’aria, come il sangue. Sullo sfondo una politica, di destra e di sinistra, che non ha solo smesso di affrontare le sfide che la politica deve accettare, risolvere e vincere, ma una politica che prova per il sud uno schifo che ormai non prova nemmeno più a dissimulare. Lavorare sull’accoglienza e renderlo un settore virtuoso, significa affrontare ancora una volta le ingerenze delle organizzazioni criminali, significa affrontare organizzazioni che lucrano su tutto, che si riciclano in pochissimo tempo, che se non è l’accoglienza è la bonifica, se non è la bonifica è la ricostruzione di aree terremotate, se non è la ricostruzione delle aree terremotate sono le grandi opere. Che facciamo? Ci condanniamo a morte per non dare occasioni alle mafie? Abdichiamo a fare il nostro dovere per quieto vivere? Per non dare fastidio alle mafie? Io sono l’esempio vivente di cosa significhi essere del sud e occuparsi di sud: significa dare fastidio, significa farsi dire continuamente: «Roberto ma che problema tieni? Perché invece di farti il sangue amaro non ti godi la vita?». L’Italia sta vivendo la sua ora più buia, preda di una destra xenofoba e di un partito populista disorganizzato e ormai fagocitato da pulsioni bassissime, eppure quando tutto sembra perduto scorgiamo una luce. Mentre il Pd cerca - a mio avviso inutilmente - di mettere assieme pezzi, una opposizione alla barbarie esiste già. L’opposizione sono Mimmo Lucano e Aboubakar Soumahoro. Andate da loro non per mettervi una stelletta sul bavero da mostrare a Roma. Andate da loro per restarci. Andate e imparate cosa significa fare politica, cosa significa amare la politica. Loro sono un fiume in piena in cui confluire, non rivoli da cooptare.
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