Franca amica carissima, affettuosa ed attenta navigante
della rete che gratifichi il mio impegno con quell’immancabile e sempre sereno saluto
di “un
abbraccio”. Hai lasciato il tuo commento al post di ieri con queste
parole: “Caro Aldo Ettore, vedo che andiamo sempre d'accordo sulle valutazioni
politiche. Un abbraccio. Franca”. Anche questa volta ho preferito una
risposta pubblica. Perché mai? Carissima amica, ha scritto il professor Maurizio
Viroli in tempi non ancora sospetti, il 30 di aprile dell’anno 2013 su “il
Fatto Quotidiano”, un pezzo che ha per titolo “La coesione fra Pd e Pdl farà trionfare le ingiustizie”. Da
quel punto è cominciato il mio disamoramento partitico. E non poteva essere
altrimenti. Scriveva quell’insigne studioso all’indomani della tornata
elettorale dell’anno 2013:
“Governo
politico, unico possibile”, ha commentato il capo dello Stato. (…). Non si
capisce che cosa possa mai essere un governo non politico. È vero che il
linguaggio italiano abbonda di sciocchezze quali ‘governo tecnico’, ‘governo
del presidente’, ‘governo elettorale’ e via di questo passo. Ma sono tutte
espressioni che confondono, anziché chiarire la realtà delle cose. Qualsiasi
governo attua e concorre a formare leggi, più spesso decreti, che valgono per
tutta la comunità e dunque sono atti politici della più bell’acqua. Certo che
anche quello attuale è un governo politico, ma che bisogno c’era di dirlo? Se
invece quel “politico” indica qualcos’altro lo si spieghi con parole chiare.
(…). Ora, potrebbe qualcuno spiegare agli italiani per quale motivo Berlusconi
presidente del Consiglio era alla fine del 2011 causa delle patrie sventure,
mentre oggi un governo con il suo più fedele yesman quale vice di Letta e capo
del ministero degli Interni sarebbe benefico? Si suppone indipendenza di pensiero
all’Alfano? Si fantastica di un diverso orientamento di Berlusconi? Insomma, se
allora il bene dell’Italia esigeva di allontanare Berlusconi e i suoi da
Palazzo Chigi, quale ragione impone oggi di richiamarli? Coesione! coesione!
coesione! È il nuovo imperativo categorico. Non se ne potrebbe trovare uno
peggiore. Perché la coesione, ma meglio sarebbe parlare di concordia, è
benefica se c’è giustizia. E quale giustizia possiamo aspettarci da un
esecutivo che deve operare sotto il comando, o a essere benevoli, il forte
condizionamento, del peggior nemico del governo delle leggi, dell’indipendenza
della magistratura e soprattutto della Costituzione repubblicana? Quale
giustizia da chi ha portato in Parlamento corruttori di giudici, collusi con la
mafia, corrotti di ogni tipo e li ha poi difesi con tutte le sue forze? Quale
giustizia da chi ha approvato le peggiori leggi a favore dei gaglioffi? Essere
concordi o coesi con figuri siffatti vuol dire essere complici di ingiustizie,
e così crescono non la concordia ma la discordia, e perfino la rabbia e il
furore, due passioni pericolosissime per l’ordine repubblicano. (…). …per
rendere libera e civile la nostra Repubblica scegliere non la coesione ma il
conflitto: pacifico, nel più rigoroso rifiuto della violenza, civile, meditato
e pacato, ma intransigente contro Berlusconi e ai suoi servi e i suoi nuovi
alleati. Il nuovo governo gode di un’ampia maggioranza. Proprio per questo la
Repubblica ha bisogno di opposizione vera. Carissima amica, da queste
riflessioni è cominciata la mia opposizione. Che ha potuto rafforzarsi con gli
avvenimenti successivi. Al tempo di quello scritto il “pifferaio” era ancora ben
lontano dall’agognato approdo. Ma già il defenestramento del Letta junior
rendeva palese la natura spregiudicata ed aggressiva del bontempone. E poi
venne in suo soccorso il 40,8%. Era facile capire, senza ricorrere alla aruspicina,
che quel 40,8% della metà del corpo elettorale era semplicemente un “fuoco fatuo”
che, come quelle caratteristiche fiammelle cimiteriali, si sarebbe spento al
primo leggero refolo. E così è stato. Messisi in libera uscita gli elettori
catturati al suono dei sonanti dobloni promessi, lo zoccolo duro di quel
partito, che è stato il mio partito, non ha retto all’ignominiosa via imboccata
ed oggigiorno abbandona una nave che affonda. Bologna con le sue miserrime “primarie”
insegna. Ci voleva tanto a capirlo? Quale stratega non avrebbe intuito
il baratro che andava ad aprirsi? La supponenza e le cecità del “pifferaio”
– copyright dell’Eugenio Scalfari - ha accelerato un processo che in verità era
in corso da tempo. Carissima amica, scrive oggi sul quotidiano la Repubblica
Goffredo De Marchis – “Pd senza base, in un anno persi 400mila
iscritti” -: La mutazione genetica del partito nasce così. Ci si apre alla società,
ma i circoli (7200 in Italia, 89 all’estero) languono e la militanza scompare.
Un modello che a destra conoscono bene, dalla discesa in campo di Berlusconi.
Ma che per l’altra parte rappresenta ancora uno choc. La “base” è stata la
storia e la memoria della sinistra, come raccontò l’indimenticabile documentario
di Nanni Moretti La Cosa (1990). Adesso non più. È l’altra faccia dell’effetto
Renzi. Il leader carismatico, attivissimo, presente su tutti i media compresi i
social, capace di traghettare i democratici al record del 41 per cento ha come
contraltare la debolezza della struttura. La ditta ha molti clienti ma un solo
poliforme trascinatore. E le tessere crollano. (…). Soffrono anche i luoghi
dello zoccolo duro, dove la sinistra non perdeva mai iscritti. Altri tempi,
certo. E la crisi delle “vocazioni” a sinistra non è una novità dell’ultimo
anno. In fondo, il partito liquido è un’idea di Walter Veltroni datata 2007,
ormai 7 anni fa. Ma il dato di 100 mila (dato numerico non ufficiale del
nuovo fallimentare tesseramento n.d.r.) fa lo stesso impressione. (…). L’identificazione
presidente del Consiglio- segretario porta poi il primo a oscurare il secondo.
Il capo temporaneo accentra su di sé attenzioni e responsabilità mentre la
macchina partitica passa decisamente in secondo piano. Se il crollo degli
iscritti non è voluto, è dunque messo nel conto, sviluppo naturale di un’idea
diversa della rappresentanza politica, forse più al passo della storia. Semmai
gli oppositori osservano: «Non c’è più il partito, ma c’è la disciplina di
partito». Oppure: «Se chi vuole discutere è sempre un gufo o un rosicone, i
circoli si svuotano». I renziani obiettano: «Ma le urne sono piene» e lo
testimoniano gli 11 milioni e 200 mila voti delle Europee». Bene, ma a quando
la conta reale dei voti dati al “pifferaio”? Carissima Franca, scriveva
una pagina oggi da ritenersi profetica alla luce degli ultimi avvenimenti Furio Colombo su “il Fatto
quotidiano” del 21 di aprile dell’anno 2013 col titolo “Il fallimento del Pd diario dei giorni perduti”: Adesso diventa chiaro, e anzi formalmente
dichiarato, ciò che è stato oggetto di appassionate discussioni e sprezzanti
rimproveri per tanti anni: Berlusconi è il perno intorno a cui ruota la vita
politica italiana, ma anche la sua cultura e il suo costume e persino
l'immagine del futuro. E segna, inoltre, la divisione, fra il mondo “condiviso”
e la terra di nessuno (che è l'ostinazione a resistere). Ecco perché vi
dicevano (anzi intimavano) “basta con l'antiberlusconismo!”. Semplicemente non
si può. Ed ecco perché il presidente stanco e affaticato viene indotto a
sacrificarsi. Bisogna far finta che Rodotà non ci sia. (…). …il PD è stato
dirottato e trattenuto in area contigua al berlusconismo, da pochi dirigenti
immutati in vent’anni, di provenienza Pc e Dc, che sono riusciti a imporre il
dovere di ignorare la lotta dei magistrati e di essere benevoli o tolleranti
verso i delitti contro i diritti umani e il giuramento di secessione della
Lega, come se si trattasse di un dovere costituzionale e non di una continua ed
evidente violazione della Costituzione, di non fare troppe storie sulla
rilevante presenza parlamenta di mafia e camorra. La lunga marcia verso la
sottomissione al berlusconismo è cominciata con il rifiuto e il disprezzo dei
girotondi, del popolo viola, di ogni offerta di spontaneo sostegno popolare,
con l'accettazione della occupazione e del controllo della televisione di
Stato, giocando il gioco dei miti consiglieri di minoranza e la omissione di
ogni denuncia (persino nei giorni peggiori di Minzolini al TG1) della
l'egemonia berlusconiana sulle informazioni. È stato così e
tutto è avvenuto sotto i nostri occhi affaticati se non spenti. Una enorme cecità
collettiva. Carissima Franca, un abbraccio.
Caro Aldo Ettore. la tua amicizia è preziosa. Quello che più mi gratifica è questa profonda sintonia tra una credente e un non credente. Ma poi che significa "non credente"? I valori laici in cui crediamo sono gli stessi.
RispondiEliminaUn abbraccio. Franca.