Scriveva il professor Umberto
Galimberti – sul settimanale “D” del 4 di agosto dell’anno 2012 col titolo “La chiesa dell'amore e la chiesa del
potere” -: E se la forza della Chiesa consistesse proprio nel far convivere queste
due realtà tra loro palesemente inconciliabili? La contrapposizione (…) tra la
Chiesa dell'amore e della carità e la Chiesa del potere è evidente a tutti, ma
viene facilmente assorbita, non con l'argomento che la Chiesa è fatta da
uomini, che come tutti gli uomini possono sbagliare, ma per due ragioni ben più
sostanziose. La prima è che la Chiesa dell'amore e della carità non reggerebbe
se non fosse assistita dalla Chiesa del potere, la seconda è che il bisogno di
trascendenza e di speranza in una vita ultraterrena è così radicato nell'umano
che non si lascia scalfire dalla condotta dei suoi alti interpreti. La Chiesa
opera su entrambi i registri. Ma sono quei due “registri” che anche per
l’illustre Autore risultano “palesemente inconciliabili” a
creare non poche perplessità in moltissime coscienze allorquando uno dei due
tende o riesce a tacitare l’altro. E non è un caso che il registro
che ha saputo meglio prevalere nel corso della lunghissima storia di quella chiesa
sia stato proprio quello del potere. In tutte le sue manifestazioni e
sfaccettature. E qui la tentazione corre forte. È la tentazione di dire che
anche in questo frangente storico la chiesa di Roma gioca la sua carta del
potere per quanto le sia rimasto da esercitare, e non è poco. Lo si “sospetta”
nei nuovi atteggiamenti che, almeno in queste primissime apparizioni e
manifestazioni, l’alto vertice di quella chiesa va rimarcando. È tutto un
fiorire di posizioni nuove, di pronunciamenti inattesi ed insospettabili che
renderebbero quella chiesa in rottura profonda e fragorosa con la sua storia
più che millenaria. Anatema contro il capitalismo. Anatema contro il potere
della finanza. Anatema contro le banche. Sembra quasi che un novello “spin-doctor”,
adeguatamente esperto dei media, abbia sostituito quello spirito definito santo
che quella chiesa avrebbe dovuto nei secoli guidare illuminandone il pensiero
ed il cammino. Con i risultati in verità deludenti che sono la cagione prima
dell’arretramento di quella chiesa sul piano vocazionale e della
frequentazione. Ho avuto già occasione – nel post del 26 di maggio – di citare
abbondantemente Mara Einstein. Ne riprendo un pensiero che risale al 12 di
luglio dell’anno 2008 pubblicato sul settimanale “D” n° 606. Scriveva Mara
Einstein: Per dimostrare il proprio valore, la religione deve essere confezionata
e venduta, deve dotarsi di un marchio. Che consiste di un simbolo (o una
persona) e una mitologia. Le chiese di tutto il mondo usano il loro leader come
simbolo. Possono avere o meno un logo, ma senza dubbio hanno una mitologia. Non
quella del sistema di credenze a esse connesso, ma quella che ruota intorno
alla persona diviene lo strumento attraverso il quale vendere la credenza. La
commercializzazione della spiritualità abitua le persone all'idea di poterne
diventare acquirenti, e questo è sufficiente a renderle più disponibili a
comprare. Quando la gente vede la fede come qualcosa che si può acquistare, la
religione deve incrementare il livello di marketing per potere competere contro
le altre fedi. È questo pensiero “forte” rinvenuto in quello scritto
che mi “tenta” assai e mi spinge a parlare oggi di un aggiustamento “mediatico”
intuito come necessario affinché quella chiesa di Roma possa almeno arginare il
suo lento ma inesorabile disfacimento. Sono gli aggiustamenti di oggi che nel e
col tempo però dovranno misurarsi, con quell’esercizio millenario del potere
che quella chiesa non ha mai disdegnato, aggiustamenti che se sostanziati e
resi attivi e certi renderebbero veritiere le nuove posizioni assunte contro il
potere del denaro e di tutte quelle pratiche che sanno più di “mammona”
che di una chiesa dell’amore e della carità. Amore e carità che, in verità, ai
livelli che non siano però quelli delle gerarchie di quella chiesa, sono stati
testimoniati coraggiosamente e spesso anche al costo della vita dei tantissimi
che a quei precetti non hanno voluto rinunziare. Ma il passo è questo. Inevitabile.
E difficile. Forse irrealizzabile. Il domani saprà rivelarci quanto di
autentico sia insito nei nuovi atteggiamenti delle gerarchie della chiesa di
Roma. Ed alla luce di questa “tentazione” mi viene di condividere
pienamente un altro passo di Mara
Einstein: Una grossolana operazione di commercio riflette lo stato della fede
oggi. Più che con un luogo presso il quale recarsi, abbiamo a che fare con un
prodotto da erogare. La frequenza alla chiesa è in declino in tutto il mondo. E
che la chiesa di Roma abbia trovato conveniente appoggiarsi al potere, sotto
qualsivoglia forma esso si sia presentato e realizzato, è la dura, durissima
storia universale che essa è andata scrivendo nel corso della sua più che
millenaria azione. Scrive in proposito il professor Galimberti: E
come Chiesa del potere, accreditata dai milioni di fedeli che si professano
cattolici, parla con i potenti della terra, e là dove può, impartisce i suoi
principi "non negoziabili", che vengono poi sostenuti da quei
politici che, per ottenere consenso, hanno bisogno delle sue credenziali,
mentre come Chiesa dell'amore e della carità, raccoglie denaro, aduna folle di
volontari che si dedicano al prossimo in nome della loro fede cristiana,
sentendosi così in pace con la loro coscienza e con il messaggio evangelico. Se
poi la Chiesa dell'amore e della carità soccorre i disperati della terra
accusando chi li tiene in questa condizione, come hanno fatto i teologi della
liberazione, allora interviene la Chiesa del potere a condannarli, perché la
loro denuncia incrinerebbe i rapporti con i potenti della terra. Ne è un esempio
la condanna della teologia della liberazione da parte di Giovanni Paolo II, che
allontanò dai vertici della gerarchia i suoi esponenti come padre Leonardo
Boff, che subì diversi processi ecclesiastici, ma non esitò a benedire la folla
dal balcone del Palazzo della Moneda a fianco del dittatore Augusto Pinochet.
Contraddizioni della Chiesa? Ipocrisia? No, doppio registro, per cui si
predicano le pratiche d'amore e di carità finché queste non confliggono con
l'esercizio del potere, perché in questo caso sono le prime ad essere
condannate. Il risultato è che chi si dedica a dette pratiche, in perfetta
conformità al dettato evangelico, evita, per poter continuare nella sua opera,
di denunciare quanto non va nella Chiesa del potere, e perciò si affida alla
testimonianza, oltre la quale non è consentito esporsi. Sarà forse per questo
che figure come (…) Davide Turoldo, Ernesto Balducci e oggi Luigi Ciotti e
Andrea Gallo (…) non hanno avuto, non hanno e non avranno mai alcuna
possibilità di diventare papa, se non altro per far coincidere la chiesa
dell'amore con la chiesa del potere. La “rottura” non solamente
annunciata ma praticata nella vita reale – “La povertà non si racconta, la si prova”
come detto dalla “Santa” nel film di Paolo Sorrentino “La grande bellezza” - tra il potere politico o della ricchezza e
la chiesa che vuole essere universale sarà la cartina di tornasole di una reale,
invocata, in verità dai pochi, inversione d’azione nella storia della chiesa di
Roma; una “rottura” solo annunciata, al contrario, sarà un rimanere nelle
più che secolari pratiche di sempre, ovvero delle finte denunce e di un
razzolare nel potere politico o della ricchezza ignominioso. In memoria di don
Andrea Gallo, prete di strada, e di tutti coloro che sono stati autentici
testimoni di amore e di carità.
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