"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 3 marzo 2012

Storiedallitalia. 6 Il Paese ha bisogno di una svolta.

Quando diconsi i cosiddetti casi della vita. Si dia il caso che stia soggiornando da un bel po’ di tempo in quel di C******. Si dia il caso che, quando le mareggiate non infuriano sull’amena costa di C*****, io sia un abituale frequentatore del suo bellissimo e lunghissimo lungomare dal quale si gode lo spettacolo unico delle sette sorelle isole. Si dia il caso che da qualche giorno abbia visto spuntare, su quel lungomare, un gigantesco manifesto pubblicitario, un tre per sei, tanto per intenderci. Si dia il caso che l’iscrizione in esso contenuta mi abbia interessato sin dalla prima lettura. Si dia il caso che, metabolizzato convenientemente l’interesse, si sia sviluppata un certa curiosità per il gigantesco manifesto pubblicitario. Si dia il caso che l’iscrizione che in esso campeggia al centro della sua vastità, “Il Paese ha bisogno di una svolta”, abbia vinto la mia reticenza ad attraversare la sede stradale. Si dia in caso che, un bel mattino, io abbia attraversato quella sede stradale per farmi da presso all’immenso manifesto pubblicitario. Si dia il caso che fossi interessato a sapere quale partito avesse avuto quella balzana, peregrina idea “di una svolta”. Si dia il caso che il manifesto pubblicitario avesse sulla sua sinistra l’immagine di una gamba, una sola, s’indovina di giovine essere umano, infilata in un jeans, a rendere, forse, l’idea di un qualcuno in cammino; verso dove? Si dia il caso che esso, il manifesto tre per sei, avesse in basso sulla destra una circonferenza barrata, così come si barrano i simboli elettorali. Si dia il caso che, nella predetta circonferenza, ci fosse scritto solamente “stockfamilyshoppingvillage”. Si dia il caso che, nel manifesto in questione, si facesse riferimento a fantomatiche “Elezioni primavera/estate 2012 N****** 3 marzo sabato e domenica orario continuato”. Si dia il caso che quello sia solamente uno squallido manifesto pubblicitario commerciale. Cosa dedurne? Quale l’idea e lo stimolo subliminale da trasmettere agli incauti frequentatori di quel lungomare che si erano prefissi i suoi creatori? Mi sfugge e l’una e l’altro. Non mi sfugge però che esso contenga un’amara verità che attiene alla politica del bel paese. E la verità è che si vuol far passare l’idea diffusa nell’antipolitica che la politica sia meramente un mercato. Un mercato di voti. Un mercato di case all’insaputa. Un mercato di escort. Un mercato di oggetti di lusso. Un mercato di costosissime automobili. Un mercato di qualsivoglia altro che la politica, ovvero questa politica sinora praticata, si procaccia anche per affermare uno status simbol del potere. Di chi la responsabilità? Affermava Ugo Ojetti in “Soltanto un giornalista” di Indro Montanelli: “(…). …il nostro è un Paese di contemporanei senza antenati né posteri. Cioè senza passato e senza futuro “. Senza memoria. Senza responsabilità. Le responsabilità ci sono. Eccome. Le portano i tanti ma non tutti, i tantissimi protagonisti di questa politica vissuta al limite della decenza e della legalità. Ne ha scritto argutamente, come sempre, Guia Soncini sul settimanale “D” del quotidiano la Repubblica col titolo “Verità-finzione Dieci a zero” – che di seguito trascrivo in parte –, tanto per prendere a prestito e parafrasare quell’altro bugiardo titolo - 25 a 0 - di un quotidiano che così titolava un editoriale a commento della recente sentenza di Milano a carico del signor B. Signori, chi mai potrà dare una svolta a questo naufragato Paese? Pensiamoci bene o si affonderà tutti.

(…). Non guardo neanche gli appunti, vado a memoria. Il comandante che, accusato di aver abbandonato la nave che affondava, batte il fino ad allora inarrivabile vertice di John Belushi che, nei Blues Brothers, imputava la responsabilità del suo ritardo a un'invasione di cavallette: il capitano Schettino dice di essere stato catapultato dentro la scialuppa. Il sindaco che, con una città ferma per l'imprevedibile evento di una nevicata in febbraio, dà la colpa alla vegetazione locale: "I pini di Roma non sono abituati alla neve, è una questione botanica", ha sillabato serissimo Gianni Alemanno in un talk show, tra un equivoco su centimetri e millimetri di quelli che avrebbero fatto la felicità di Aurelio De Laurentiis e una confusione tra il sale grosso e quello fino che non può aver fatto bene al manto stradale. Il piano per uccidere il Papa, nientemeno: scritto in tedesco, "così l'avrebbero decifrato in pochi". Un qualunque collegamento televisivo di Lavitola, dalla latitanza, a parlare di pescheria o (testuale) del "problema della figa". Il tesoriere di un partito che s'infratta tredici milioni di euro su venti di saldo senza che nessuno se ne accorga, essendo i dirigenti del partito stesso troppo signori per badare ai soldi (suvvia, non è che quando la colf rientra con la spesa una si metta a contare il resto, sarebbe volgarissimo). Tutto questo, e molto altro ancora, sui giornali e nei programmi d'attualità italiani degli ultimi mesi. E sono i mesi senza Berlusconi al governo. Ci siamo raccontati per anni che era colpa sua. Che aveva reso i colori della realtà talmente psichedelici da ammazzare qualunque possibile finzione. Che, una volta normalizzata la situazione, avremmo recuperato la capacità di raccontare la realtà. Pochi giorni prima delle dimissioni di Silvio Berlusconi da capo del governo, venne fuori una notizia di quelle che lo rendevano uno statista scarsino ma un intrattenitore inarrivabile: Gheddafi, prima di morire, avrebbe mandato a palazzo Grazioli una hostess (sì, insomma: una delle fanciulle di bell'aspetto mandate a rallegrarlo quando era stato in visita ufficiale a Roma) recante un bigliettino con una richiesta di aiuto fatta a Silvio in nome dei vecchi tempi. Poi venne fuori che in realtà non era una hostess ma amici comuni, ed è sempre fastidioso quando un dato di realtà si intromette in una buona storia, ma prima della correzione della leggenda io avevo fatto in tempo a pensare che era per cose come queste, che mi sarebbe tanto mancato. E invece. Schettino. L'apparizione di Francesco Schettino su una scena orfana di Silvio Berlusconi è paragonabile, per mancanza di rispetto della gavetta, a quella di Pupo alla conduzione di Affari tuoi. Quando arrivò Pupo a sostituirlo, Paolo Bonolis era considerato il più inarrivabile dei conduttori televisivi, inizio e fine del clamoroso successo di quel quiz. Che continuò ad andare bene anche con uno televisivamente semisconosciuto fino all'attimo prima. L'entrata in scena di Francesco Schettino ha spazzato via ogni memoria dei siparietti berlusconiani più rapidamente di quanto l'entrata su carro egizio di Madonna al Superbowl abbia fatto dimenticare Lady Gaga. Al terzo "biscaggina", in platea era già tutt'un "Silvio chi?" (siamo un pubblico di ingrati, va detto). Schettino è intrattenimento longseller, in gergo tecnico. È fatto per durare, non per bruciarsi nel weekend di uscita. Un mese dopo, ancora ci interessavamo alla moldava, agli arresti domiciliari con la moglie tradita, a eventuali figli del peccato (siamo un pubblico cui piacciono i romanzi d'appendice). Nel frattempo, però, era arrivato Alemanno. Vestito da doposci. Che, con l'aria di non essere affatto ironico, con l'inconsapevolezza di chi parodiava la parodia, diceva al giornalista che gli rinfacciava la sua impreparazione davanti alla neve: "Sono andato a dormire alle tre di notte e mi sono svegliato alle sei del mattino!". Era impossibile non pensare a Quelo, il personaggio di Corrado Guzzanti: "Ma tu lo sai a che ora mi so' svejato io stamattina? Alle sette meno un quarto! La bambina ha vomitato!". È stato guardando Alemanno vinto dalla neve, che ho capito che il cinema italiano non può farcela a sceneggiare la realtà, la satira italiana non è più rianimabile, e Corrado Guzzanti ha le sue ragioni per battere la fiacca. Guardare mezz'ora di talk-show o sfogliare un giornale, per un raccontatore di storie, per un inventore di personaggi, è deprimente. Non puoi fare di meglio. Potresti prendere la storia e metterla in scena così com'è, devi solo fare il casting, e non è difficile: Schettino è già Christian De Sica, Favino sarebbe un interessantissimo Alemanno. Ma c'è il problema dei tempi di produzione. A sbrigarti molto, puoi uscire in sala a settembre. E, per allora, chissà quante battute più memorabili, personaggi più strepitosi, archi narrativi più immaginifici avrà prodotto un qualunque telegiornale in una giornata delle più tranquille.

2 commenti:

  1. Posto il commento fattomi pervenire dal "compagno Ennio".

    Ho provato a commentare quanto hai scritto sul post ma la mia poca dimestichezza con l'informatica forse non ha consentito la pubblicazione. Provavo a dirti che la disaffezione alla politica sopratutto da parte del giovani è di vecchia data. Ricordavo a proposito il discorso di Calamandrei agli studenti sulla Costituzione, E poi Enrico Berlinguer con la questione morale. La situazione da allora è andata peggiorando. I 15 anni di Berlusconi poi sono stati devastanti. Ci siamo abituati a tutto ed anche le più grandi nefandezze ci scivolano addosso. Il Paese va ricostruito e la politica deve ritornare ad essere una cosa nobile. Ma cosa fare? Non lo so, forse occorre fare piazza pulita del vecchio ceto politico. Il nostro è un paese in cui i politici sono a vita. Più che una democrazia siamo in presenza di una gerontocrazia partitocratica. Non è un caso se Monti nonostante le politiche economiche restrittive, a parer mio necessarie, continua ad avere il 60% dei consensi. Agli occhi di tanti rappresenta una novità ed una inversione di tendenza. I partiti dovrebbero rinnovarsi dando più spazio ai giovani. Non è facile perché chi ha potere è portato a conservarlo. Non so proprio come se ne potrà uscire. Mi piace ricordare, per finire, quanto scrisse Umberto Saba a proposito dell'Italia: "Vi siete mai chiesti perché l'Italia non ha avuto in tutta la sua storia - da Roma ad oggi - una sola vera rivoluzione? La risposta - chiave che apre molte porte -è forse la storia d'Italia in poche righe. Gli Italiani non sono parricidi; sono fratricidi. Gli Italiani sono l'unico popolo (credo) che abbiano alla base della loro storia o della loro leggenda un fratricidio: ed è solo col parricidio (uccisione del vecchio) che inizia una rivoluzione". Un fraterno saluto da il compagno Ennio.

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  2. Effettivamente anche a me aveva colpito il gran cartellone e la domanda spontanea e' stata: possibile che qualche partito o movimento, conscio della necessita di una svolta, abbia deciso di lanciare una campagna di sensibilizzazione anche in assenza di imminenti elezioni? Invece alla fine si tratta di una semplice svolta di pantaloni.....ciao, Francesco

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