Da “Non c’è pacificazione senza verità e giustizia” di Gustavo Zagrebelsky,
pubblicato sul quotidiano la Repubblica del 18 di maggio dell’anno 2013: (…).
«Si sta giocando una partita politica e la posta è elevatissima. È in atto un
tentativo di spoliticizzazione, una sorta di mascheramento ».
Un mascheramento, professore
Zagrebelsky? «Le maschere sono i tecnici, i saggi, gli esperti. Certo,
dell’efficienza un sistema politico non può fare a meno, pena il suicidio. Ma,
l’efficienza non esiste in sé e per sé».
Si è insediato un governo di
larghe intese che si propone tra l’altro di modificare la macchina dello Stato.
Non la convince? «A me pare piuttosto evidente che sia in atto un disegno di
razionalizzazione d’un potere oligarchico. In Italia non si è forse radicato un
sistema di giri di potere, sempre gli stessi che si riproducono per connivenze
e clientele? Parlando di oligarchie, non si pensi solo alla politica, ma al
complesso d’interessi nazionali e internazionali, che nella politica trovano la
loro garanzia di perpetuità».
Appunto, quale occasione migliore
per cambiare quegli assetti, per riformare? «Sono decenni che se ne parla. Ma
ora sembra che sia giunta l’ora. Quel complesso d’interessi è sovraccarico e
non riesce più a trovare un equilibrio. Rischia l’implosione e s’inceppa. La
rielezione del Presidente della Repubblica (Giorgio Napolitano n.d.r.) - impensabile
in un sistema di governo anche solo minimamente dinamico - è rivelatrice.
L’applauso grato e commosso d’una maggioranza impotente è il segno
dell’impasse. Per il futuro, ci vogliono riforme. Ma dal punto di vista
democratico, sono in realtà controriforme».
Perché controriforme? «Guardiamo
le cose che si intende e le cose che non s’intende fare. Il presidenzialismo,
quale che ne sia il modello, è un modo di concentrare in alto la politica e di ridurre
dei cittadini a “micro-investitori” del loro voto, a favore d’un gestore
d’affari nel cerchio stretto delle oligarchie. In breve: è il protettorato d’un
sistema di potere chiuso. Altro che più potere al popolo! Anzi, il popolo deve
non sapere o sapere il meno possibile: si è ripresa infatti la discussione sul
“riequilibrio dei poteri” a danno dell’indipendenza della magistratura, e sui
limiti al giornalismo d’inchiesta (vedi la questione delle intercettazioni). E
poi, quel che non si intende fare: vedi il silenzio calato sul conflitto di
interessi e sull’inasprimento delle misure contro l’illegalità. Le oligarchie,
del resto, sono regimi dei privilegi. Hanno bisogno di compiacenze e
illegalità». (…).
Lei parla di consolidamento oligarchico. E la pacificazione di cui si fa un gran parlare? «Chi di noi non è per la pace e per la pacificazione? Ma la pace è esigente, molto esigente. Non può esistere senza condizioni. La pace è la conseguenza della verità e della giustizia. Altrimenti, pacificare significa solo “normalizzare”».
La Convenzione non basta per la
pacificazione? «Perché dovrebbe essere affiancata da “esperti”, cioè da persone
al fuori dei contrasti politici? Gli esperti sono a loro volta portatori di
visioni politiche e saranno messi lì dai partiti in quanto corrispondano ai
loro progetti. Saranno “maschere”. Mi auguro che in pochi accettino di assumere
questo ruolo».
Insomma, non pone alcuna fiducia
nella Convenzione (l’invenzione dei “saggi” per le modifiche costituzionali
n.d.r.)? «Mah. La Costituzione, all’art. 138, prevede un procedimento lineare
per mutare la Carta. Si vuole, invece, una procedura, per così dire, blindata,
dapprima la Convenzione, poi il voto bloccato delle Camere: o sì, o no, senza
emendamenti. Mi chiedo come possano i parlamentari accettare una simile
umiliazione. Una procedura complicata ma anche totalmente estranea alla
Costituzione. Per questo, si prevede - solo dopo - una ratifica con legge
costituzionale, che è essa stessa la confessione che si agisce contro la
Costituzione».
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