Da “La
scuola non rende uguali poveri e ricchi” di Marco Morosini – professore di
Scienze politiche e ambientali presso il Politecnico federale di Zurigo – pubblicato
su “il Fatto Quotidiano” del 28 di aprile 2018: (…). La “scuola di classe”, è
quella che negli anni Sessanta Don Milani e i suoi scolari della scuola di
Barbiana denunciavano nella Lettera a una professoressa. Ma parlare di scuola
di classe ora è un tabù. Per aiutare a capire (…) consideriamo uno strumento
ideologicamente neutro, una bilancia pesa persone, invece che una (inesistente)
bilancia pesa-bullismo. Studi rigorosi rilevano in sempre più Paesi che il peso
medio pro capite dei poveri è superiore a quello dei ricchi: l’obesità ai
poveri, la fitness ai ricchi. Il cibo-spazzatura (a buon mercato e
ipercalorico) prodotto dalle fabbriche dei ricchi deve pur essere smaltito da
qualcuno. Per esempio dai poveri. Altrimenti i ricchi non potrebbero esserlo e
pagarsi sport e diete per pesare meno e vivere più a lungo dei poveri. C’è una
forte correlazione tra povertà, obesità, le relative malattie, e la minor
longevità, come indicano gli studi Obesity and poverty paradox in developed
countries e Poverty and Obesity in the US. L’obesità non è trasversale alle
classi. E credo che le “obesità mentali” siano altrettanto poco trasversali.
Per esempio le “obesità mentali” indotte dal diverso uso dei media: durata,
qualità, nocività, potenziale di intossicazione dell’uso di Internet. Di
conseguenza, ritengo che non lo sia nemmeno l’influenza di questi
sull’educazione e il comportamento delle persone. Secondo uno studio in Corea,
la performance scolastica è associata positivamente a un maggiore uso di
Internet per fini scolastici, ma negativamente al suo uso per fini non
scolastici. Un altro studio ha un titolo eloquente: The Rich See a Different
Internet Than the Poor (I poveri vedono un’Internet diversa da quella dei
ricchi). Se ci fossero misurazioni della durata e della qualità degli accessi a
Internet dei figli dei ricchi e dei poveri (di soldi e di cultura) presumo che
il numero di ore quotidiane e la buona o cattiva qualità degli accessi on-line
e del “gaming” non risulterebbero distribuiti ugualmente tra le classi sociali.
Niente di nuovo: da studi passati è nota la correlazione tra la durata della
esposizione dei bambini alla Tv e la povertà delle famiglie. Se è vero che
tutti mangiamo e tutti (o molti) accediamo a Internet, non lo facciamo tutti
nello stesso modo, nella stessa quantità, con la stessa capacità critica. E
queste differenze non sono casuali tra individui, ma riflettono in buona parte
(nella media) le differenze di ricchezza materiale e culturale. Anche per
l’Internet-spazzatura” e il “gaming” la fitness culturale è dei ricchi,
l’obesità culturale dei poveri. Se ci fosse un censimento degli adolescenti
patologicamente obesi e patologicamente Internet-dipendenti, vi aspettereste la
stessa percentuale tra i ricchi e tra i poveri? Questa distribuzione iniqua è
solo una delle distribuzioni inique di quasi tutti i beni e i mali in una
società di classi capitalista. Per ridurle, ci sono due modi. Primo, parlarne
senza tabù. Secondo, rimboccarsi le maniche perché lo Stato crei forti
correttivi sociali ed ecologici (all’estero la chiamano “economia eco-sociale
di mercato”). (…).
Nessun commento:
Posta un commento