Dell’appena scomparso Oliviero Beha ri-leggiamo “Vent’anni o pochi mesi: le parabole degli
ultimi premier”, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 13 di luglio dell’anno
2016: (…). Renzi che parte per rottamare quattro anni fa non ha nulla
all’apparenza del Renzi traballante di oggi. Forse fin dall’inizio (“Si diventa
solo ciò che si è”, parafrasi personale di Nietzche) era poco più di un fuoco
di paglia, forse la realtà politica e sociale di paglia del Paese gli ha preso
fuoco e lui sentiva solo un po’ caldo. Ossia Renzi non era all’altezza di fare
il Renzi, nel bene come nel male, e questa sua condizione mi pareva chiara da
tempo. Mille volte è stato tradotto nell’erede di Berlusconi per una serie di
ragioni antropodemocristiane che non sto a riassumere, pur essendo Silvio
essenzialmente un uomo d’affari e Matteo un uomo di potere. Differenza che non
avrebbe affatto impedito a Berlusconi di guidare ai tempi i Ds, se
sapientemente glielo avessero chiesto invece di
semplicemente inciuciarci, o a Renzi di fare carriera in Forza Italia o
altro nome in ditta senza farsi appesantire da pregiudizi ideologici. Ma l’arco
discendente del Fiorentino ha moltissimo in comune oggettivamente con la
traiettoria a “pallonetto” di Berlusconi. Certo, la prima si è concentrata in
pochissimo tempo mentre la seconda si è sviluppata in un ventennio un po’
arrotondato, con dentro un paio d’etti di Prodi, una spruzzata di D’Alema, un
pizzico ma proprio poco di Amato. Ascesa folgorante, graduale dissolvimento del
“principio di realtà” per cui si perde il contatto con il Paese, tramonto,
occaso, rotta. Magari con la distinzione nell’analogia che Berlusconi pur
maldestramente ha segnato un pezzo di storia, il Nostro un po’ di mesi di
cronaca. Ma le assonanze non finiscono qui, e proprio da qui dovrebbe iniziare
un’autentica preoccupazione degli italiani, che votino “no” al referendum
costituzionale come vorrebbe non l’antirenzismo calcistico ma un minimo di buon
senso applicato, oppure “sì” per favorire la “governabilità” (ma dove, ma
quando, ma per far che ridotti come siamo?). Durante l’era berlusconiana (…)
abbattere il il Berlusca non sarebbe bastato a risanare il Paese, guasto da
tanti, troppi punti di vista (cfr.per tutti “Dopo di lui il diluvio”, 2011).
Giustamente di tale discorso non è fregato nulla a nessuno. Ci riprovo,
perversamente. Siamo sicuri che dire no al referendum e a Renzi sia sufficiente
a scuotere e riscuotere un Paese in questo coma, per certi aspetti soprattutto
culturale e solo dopo politico e sociale (mentre mancano i soldi, perché chi
può se li ruba, lo so…)? Non varrebbe la pena di prefigurarsi un domani per non
ritrovarsi addirittura peggio, ipotesi che vi scandalizzerà ma è successo con
Berlusconi e a Roma si dice che “il peggio non è morto mai”? Così, un po’ per
celia un po’ per non morire, votiamo “no” ma facciamo anche altro per non
ricadere in un dopo-Renzi che rispecchi il dopo-Berlusconi. Un Titanic dopo
l’altro, non solo come rischio nelle urne…
Nessun commento:
Posta un commento