Sostiene Marco Revelli in “Comandanti immaginari” di Davide Turrini – sul mensile “Millennium”
del mese di giugno 2017 - che “la spinta populista accompagna e accelera
la rottura dei grandi contenitori politici che erano i partiti di massa: da un
lato gli ex dirigenti dei partiti popolari o di sinistra si sono identificati
con le élite del capitale, dall’altro la fluidità dell’elettorato accelera lo
sfarinamento delle culture politiche che stabilivano valori comuni e
responsabilità condivise”. Da “L’ultimo
atto di una lunga regressione politica”, colloquio di Silvia Truzzi con il
professor Gaetano Azzariti, professore di
Diritto costituzionale alla Università Sapienza di Roma, pubblicato su “il
Fatto Quotidiano” del 24 di luglio dell’anno 2014: (…). - M’infastidisce molto che
le obiezioni dei ‘professoroni’ non vengano mai prese in considerazione nel
merito. C’è una strategia di delegittimazione di tutte le riflessioni critiche.
Chi prova ad alzare la mano e obiettare, è liquidato come gufo, professorone,
conservatore, o addirittura come allucinato. Ma come si fa a discutere di
riforme costituzionali in questi termini? L’opinione pubblica dovrebbe essere
messa nelle condizioni di capire e decidere. Non ha alcun senso porre i termini
della questione come una contrapposizione tra bene e male. Questa logica è
contraria ai principi liberali. Hans Kelsen – il più grande giurista del
Novecento, il maggiore studioso del sistema parlamentare – ha detto che il
Parlamento è il luogo del compromesso. Dove per compromesso s’intende un
accordo che nasce dal confronto e dalla mediazione. Qui il punto è che non si
cerca alcun compromesso, si vuol semplicemente fare una prova di forza,
contrapporre una parte a un’altra -.
Metodo sbagliato: le riforme costituzionali
sono il compromesso più alto. - Renzi dice: abbiamo allargato la maggioranza. È
certamente vero, visto che i pilastri di questa riforma sono il Pd e Forza
Italia. Ma ciò non toglie che questa, per come stanno procedendo i lavori, è la
riforma dei vincitori contro i vinti. Un altro grande, maledetto, giurista del
Novecento, Carl Schmitt, diceva: la Costituzione è l’atto dei vincitori sui
vinti. Ecco, qui si sta facendo una guerra cercando di imporre una Costituzione
di alcuni contro altri. Non è accettabile -.
Parliamo del merito. - Non piace il termine
“svolta autoritaria”? Bene usiamo allora questa formula: lunga regressione.
Continuano a sottolineare l’innovazione, la svolta, il presunto cambio di
passo. In realtà questa riforma è fortemente conservatrice: tende a dare una
forma stabile – a livello costituzionale – alla lunga regressione che ha
qualificato l’ultimo ventennio politico, contrassegnato da una forte
verticalizzazione del potere. Non è questo un punto di vista, la lunga
regressione è rilevabile nei fatti. Basta pensare all’abuso della decretazione
d’urgenza e quindi alla concentrazione del potere nelle mani del governo a
scapito del Parlamento. Il Parlamento è stato svuotato, ridotto ai minimi
termini, posto al servizio del governo. Gran parte del lavoro delle Camere si
realizza nella conversione dei decreti governativi e nella ratifica dei
trattati internazionali. In Parlamento il governo, grazie anche ai regolamenti
d’aula, ha assunto un potere esorbitante -.
Ora però questa tendenza invade il campo costituzionale. - È questo che ci preoccupa! Il passaggio alla democrazia d’investitura è difficilmente contestabile -.
Che cosa pensa del Senato così com’è
delineato? - I veri innovatori, cioè coloro che si oppongono alla riforma,
dicono che ci vogliono dei contrappesi all’eccessivo potere del governo. Se c’è
uno squilibrio, allora c’è bisogno di un Senato delle garanzie. Si fa spesso
riferimento al sistema tedesco: è vero che lì i membri del senato non sono
eletti e sono rappresentanti dei Lander. Ma almeno in Germania c’è un sistema
elettorale sostanzialmente proporzionale con uno sbarramento al 5 per cento. E
dunque è garantita una più equilibrata rappresentanza politica. In Italia lo
squilibrio a favore del Governo sarà ancora più aggravato dall’Italicum, un
sistema iper maggioritario. Dicono che l’Italicum serve alla governabilità; ma
si pagherà un costo troppo alto, cioè la sostanziale scomparsa degli spazi
delle opposizioni. E le minoranze, invece, da qualche parte devono essere
rappresentate, se vogliamo conservare una democrazia pluralista. Il meccanismo
che innesca il premio di maggioranza, poi, consente alla minoranza che vince le
elezioni di nominare tutte le istituzioni di garanzia: Csm, Corte
costituzionale, Presidenza della Repubblica -. (…).
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