"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 30 aprile 2014

Sfogliature. 23 Quel primo di maggio di don Farinella, prete.



Domani è il 1° di maggio. Come oggi, il 30 di aprile dell’anno 2011 scrivevo e postavo “L’opificio laborioso delle beatitudini”. Allora era un gran osannare in vista della beatificazione del papa polacco. Oggi, quel papa è stato innalzato agli onori altissimi della santità. Lo sfarzo ed il clangore dell’evento non si sono ancora spenti. I media lavorano bene sulle coscienze. Avverrà che, spentisi sfarzo e clangore, possa tornare doverosa, giusta e rispettosa della Storia una riflessione che possa aprirsi, anche se faticosamente, una strada che sia verso le coscienze libere di quelli che sarebbe bene definire gli “uomini di buona volontà”? Di quel post propongo di seguito la parte che fa commento ad una lettera di don Paolo Farinella il prete dei diseredati e delle donne di strada in quel di Genova. Trovo che sia la rilettura di quella lettera il più degno riconoscimento alla sacralità laica del primo di maggio.
Scrive don Paolo Farinella, prete a Genova: “Il 1° maggio, universalmente giorno dedicato ai lavoratori, in Italia è stato requisito dalla gerarchia cattolica, segnatamente dal Vaticano che ha deciso di beatificare Giovanni Paolo II, il papa polacco, in questo giorno, con una volontà di prevaricazione ostentata e con l’intenzione di oscurare con una massa religiosa il 1° maggio laico, contrapponendo due celebrazioni, laica e cattolica, in modo artificiale e polemico.” Ma tutto ciò non sorprende. Anche la festività dell’artigiano di Nazareth  fu posta come a “contrasto” della festa laica del lavoro. Scrive ancora don Paolo: è vero che il papa polacco fu un operaio. Lo fu solo per un anno o poco più. Non si può quindi dire che fu un «operaio», ma piuttosto che fece una esperienza di lavoro. Vendere questa esperienza come uno status qualificante è falso e mistificatorio. Non è degno di chi crede comportarsi così.” Ma la dignità, oggigiorno, è ben difficile da ritrovarsi in qualsivoglia organizzazione politica, sociale o religiosa. La dignità non ha più sede in questo mondo. Scrive ancora don Paolo: “(…). Non è così che si testimonia la fede, così la si uccide soltanto perché questo genere di eventi mettono in evidenza l’esteriorità: le grandi masse, i numeri, il folclore, l’illusione di dire che «erano in tanti» come sinonimo di richiesta di religione. Siamo in pieno paganesimo religioso perché si sfrutta il sentimentalismo per affermare una visibilità che nasconde il vuoto e il paganesimo dello stesso personale clericale. Sceneggiate. Parate. Mondanità.” “Sceneggiate. Parate. Mondanità.”; come lo fu il papato del nuovo beato, sorretto dalla medialità più ottusa ed estrema. Scrive ancora don Paolo: “(…). Il papa polacco come uomo fu dirompente, carismatico, carnale e sanguigno: fu un uomo vero che si tuffava in mezzo all’umanità e vi restava. Ciò detto e riconosciuto, come papa fu il peggior papa del secolo scorso perché polacchizzò la Chiesa, consegnandola nelle mani delle sètte religiose che hanno frantumato il volto unito della sposa di Cristo.” Ai tanti, tantissimi devoti creduloni, ben poca cosa potranno essere o sembrare le “rampogne” del prete Farinella che fa parte della cosiddetta “altra chiesa”. Ai tanti, tantissimi creduloni, poco importerà che sia la Storia, quella non artefatta, a dire qualcosa di più di quell’uomo polacco; il tutto, l’interesse supremo, è spendere al momento un atto mediatico che sa di “paganesimo religioso”. Conclude don Paolo Farinella la Sua pubblica lettera: “(…). L’obiettivo di tutta questa nuova fregola di evangelizzazione è uno solo: annientare definitivamente il concilio Vaticano II, il cui solo nome è sintomo di destabilizzazione nel mondo curiale e clericale. Noi celebreremo come possiamo il 1° maggio con un concerto dedicato ad un lavoratore della musica, il M. Emilio Traverso nel IV anniversario della sua morte e con lui pensiamo a tutti i lavoratori del mondo che cooperano alla grandezza del mondo.” Su quello che potremmo definire senza ombre di dubbio “l’opificio laborioso delle santità” – “delle beatitudini” al tempo del mio post del 30 di aprile dell’anno 2011 - inaugurato dal rivoluzionario nuovo vescovo di Roma che si è voluto chiamare Francesco, ne ha scritto dottamente Vito Mancuso sul quotidiano la Repubblica 24 di aprile col titolo “La Chiesa di Bergoglio e il   bisogno dei Papi santi”. Scrive il teologo: Tra le religioni monoteiste è solo il cristianesimo a conoscere il fenomeno della santità, che invece rimane del tutto sconosciuto all’ebraismo e all’islam. Non che in queste due grandi religioni non vi siano stati e non vi siano uomini e donne di grande spessore spirituale, ma né l’ebraismo né l’islam nel riconoscerne il valore hanno mai sentito l’esigenza di dichiararli “santi”. Per queste due religioni infatti la santità appartiene per definizione solo a Dio, e l’uomo, fosse anche il migliore di tutti, fosse anche il profeta Elia o il profeta Muhammad, non può strutturalmente partecipare al divino, e quindi può essere sì giusto, osservante, devoto, ma mai può essere santo. Il cristianesimo al contrario crede nella possibilità della comunione ontologica tra il divino e l’umano. (…). C’è molto ottimismo, c’è molta simpatia verso l’uomo, nel dichiararne la santità. E non è certo un caso che tra le diverse forme di cristianesimo siano in particolare il cattolicesimo e l’ortodossia a insistere sulla santità, che invece è quasi del tutto dimenticata nel protestantesimo la cui teologia è perlopiù caratterizzata da un’antropologia pessimista secondo cui l’uomo non potrà mai giungere a una natura pienamente riconciliata (per Lutero si è sempre simul iustus et peccator, il male cioè non può essere mai del tutto sradicato neppure nel migliore dei giusti). (…). Che cosa contraddistingue allora la santità cattolica? La risposta è la Chiesa, ovvero il fatto che la santità non viene riconosciuta dal basso, dal popolo, per gli evidenti meriti del maestro, come fu il caso di Gandhi chiamato Mahatma già in vita, ma diviene tale solo in seguito a una formale dichiarazione della gerarchia ecclesiastica detta canonizzazione. E qui si inserisce, oltre alla dimensione teologico-spirituale dichiarata sopra, la valenza politica del fenomeno santità. La politica infatti ha sempre giocato un grande ruolo nella storia della Chiesa alla prese con la dichiarazione della santità dei suoi figli migliori. Nel bene e nel male. Si pensi nel primo caso alla rapidissima canonizzazione di Francesco d’Assisi, proclamato santo a neppure due anni dalla morte. E si pensi nel secondo caso alla canonizzazione dell’imperatore Costantino o alla beatificazione di Carlo Magno, uomini di immenso potere, dalla vita non proprio integerrima e tuttavia elevati agli onori dell’altare. (…). Aveva del tutto torto il cardinal Martini a essere contrario alla canonizzazione dei papi recenti? Tanto più che la politica ecclesiastica non si esprime solo sulle canonizzazioni in positivo, ma anche su quelle in negativo, sull’esclusione cioè di chi meriterebbe di essere riconosciuto santo ma non lo diviene. È il caso di monsignor Oscar Romero, ucciso dagli squadroni della morte il 24 marzo 1980 mentre celebrava la messa nella cattedrale di San Salvador per la difesa dei diritti dei poveri, e mai beatificato da Giovanni Paolo II, che anzi in vita l’umiliò, né in seguito da Benedetto XVI. Ed è il caso di Helder Camara, il vescovo di Recife, nel nord del Brasile, famoso per la sua lotta a favore degli ultimi (amava ripetere «quando do da mangiare a un povero dicono che sono un santo, quando chiedo perché è povero dicono che sono comunista») per la sua gente già santo ma non per il Vaticano. (…). Laicamente un buon primo di maggio a tutti Voi.

Nessun commento:

Posta un commento