"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 30 marzo 2014

Sfogliature. 21“La TV del potere sconfitta dal voto?”.



Ha scritto Michele Serra sul quotidiano la Repubblica del 28 di marzo – ne’ «L’amaca» -: L’altra sera, mentre mangiavo in autogrill, le news che scorrevano a rullo su un video mi informavano, ogni tre minuti circa, della rottura tra Balotelli e una certa Fanny. Il mio compagno di viaggio ha confermato: aveva saputo poco prima di quel grave fatto sentimentale alla stazione di Milano, anche lui occhieggiando uno dei tanti video che trasmettono pubblicità e notizie in briciole, e rilucendo attirano i nostri sguardi di falena. Fino a pochi anni fa tenersi al corrente di queste faccende di cuore o di letto era facoltativo: bisognava acquistare rotocalchi specializzati e autorevoli. Cioè pagare. Oppure frequentare barberie o sale d’aspetto dentistiche, di solito fornite di quel genere di pubblicazioni. Oggi sapere di Balotelli e Fanny è, in un certo senso, obbligatorio. Gratuito e obbligatorio. Per non saperlo, di Balotelli e Fanny, bisognerebbe chiudersi in casa al buio e con un paio di cuscini sulla testa; o rifugiarsi nelle foreste canadesi, a vivere in una capanna di tronchi. Facendo però attenzione, in Canada, a non guardare il cielo: potrebbe passare un biplano con la scritta “Avete saputo di Balotelli e Fanny?”.
È così che vanno le cose in questo lercio mondo. La qual cosa mi ha ricordato di un post “antico” di questo blog, quando esso dimorava su di una diversa piattaforma della rete. Me lo sono andato a cercare. Esso, quell’antico post, risale al 4 di giugno dell’anno 2011. Faceva parte, esso post, di una rubrichetta senza pretese che aveva per titolo “Mediaculturapotere”. Il post che di quella rubrichetta ripropongo per l’occasione aveva per numero progressivo il 53. Titolo di quel post “La TV del potere sconfitta dal voto?”. Poiché al tempo si era ancora ai primordi della politica sul web. Vi lascio all’antico testo: Scriveva Pier Paolo Pasolini, nell’ormai remotissimo 9 di dicembre dell’anno 1973, un articolo che aveva per titolo “Sfida ai dirigenti della televisione” che venne allora pubblicato sul “Corriere della sera”. Quanta attualità quell’articolo, profetico allora, mantiene ancor’oggi? Ne trascrivo un brevissimo stralcio: “(…). La responsabilità della televisione, (…), è enorme. Non certo in quanto mezzo tecnico, ma in quanto strumento del potere e potere essa stessa. Essa non è soltanto un luogo attraverso cui passano i messaggi, ma è un centro elaboratore di messaggi. È il luogo dove si fa concreta una mentalità che altrimenti non si saprebbe dove collocare. È attraverso lo spirito della televisione che si manifesta in concreto lo spirito del nuovo potere. Non c’è dubbio (…) che la televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di informazione al mondo. Il giornale fascista e le scritte sui cascinali di slogan mussoliniani fanno ridere: come (con dolore) l’aratro rispetto a un trattore. Il fascismo, voglio ripeterlo, non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l’anima del popolo italiano: il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specialmente, appunto, la televisione), non solo l’ha scalfita, ma l’ha lacerata, violata, bruttata per sempre…”. Quanto si è inverato di quella pasoliniana profezia? E quanto, ancor’oggi, ne sopravvive anche in forme più subdole, pericolose ed estreme? Gli ultimi risultati elettorali hanno spinto più di un osservatore a decretare la “morte” della televisione pubblica o privata in quanto strumento di condizionamento della pubblica opinione centralistico, e quindi pachidermico, uscendone quindi sconfitta nei confronti della duttilità e della maggiore manovrabilità degli strumenti comunicativi della rete. Mi pare che occorrerebbe più cautela per simili affermazioni, ma soprattutto occorrerebbe una verifica sul campo per validare queste tesi che mi paiono molto ardite. L’occasione prossima è rappresentata dai referendum del 12 e del 13 di giugno. Scrollatasi di dosso l’attualità più stringente e contingente che sempre connota un’elezione amministrativa, la risposta delle urne referendarie confermerà la risposta “politica” che in molti hanno visto, o voluto vedere, essere contenuta nei risultati delle urne amministrative? Sarà stato davvero che l’elettorato abbia voluto punire l’arroganza del potere, la lotta politica condotta con il discredito dell’avversario, la decrepitezza di certi messaggi politici? L’occasione è interessante. Messasi o messa da altri da parte la TV per un cinico calcolo che sa tanto di occupazione del potere per il potere, potere in tutte le sue connotazioni, sarà capace la rete a veicolare il messaggio giusto e dirompente affinché si dia la risposta “politica” necessaria a chi pubblicamente definisce i referendum “inutili”? Che poi è sempre la stessa persona che di buon mattino, a seconda dell’umore dettatogli dal risveglio, incontrando uno dei tanti suoi “servitor cortesi” d’impeto e d’imperio lo innalza alla responsabilità di capo del suo partito. Alla faccia delle diatribe per l’elezione – elezione!! - che sconvolgono la vita degli altri partiti politici del bel paese! Sulla perdita di centralità della “TV del potere” ne ha scritto Nadia Urbinati sul quotidiano “la Repubblica” con un editoriale che ha per titolo “La TV del potere sconfitta dal voto”. Lo trascrivo di seguito in parte. “(…). Il centralismo dei sistemi di propaganda e creazione delle opinioni richiede un apparato costoso; i media online, decentrati e auto-gestiti dagli attori stessi, è low cost, con ricadute di straordinaria importanza per la democrazia. (…). …a completare il quadro, (…), anch´esso gravido di riflessioni politiche: lo scollamento fra il sistema di monopolio e ciò che i cittadini hanno in testa o pensano e vivono e, per converso, il legame stretto e quasi immediato che la comunicazione via rete consente. Non c´è nulla di nuovo nel riconoscimento che il monopolio si autocondanni alla sconfitta: in questo, siamo tutti figli di Adam Smith. È un fatto fisiologico, poiché controllare e filtrare le informazioni genera l´effetto indesiderato di far sì che chi controlla conosce solo parzialmente come stanno le cose. Il monopolio crea un mondo monocromatico del quale muore perché incapace di intercettare e tollerare le conoscenze che gli potrebbero invece servire per fare scelte oculate ed efficaci. Generare un mercato protetto è controproduttivo per chi lo genera, non solo per chi ne è vittima. Per converso, la diversità è quanto di più complicato da essere digerito per un sistema di centralismo monopolistico. In questo senso, il monopolio è forte nell´imporsi contro avversari piccoli e minori, ma diventa svantaggiato nel corso della gestione del suo dominio perché espelle la diversità, la quale comunque continua a esistere. Il monopolio è così autoreferenziale da non riuscire a comprendere il nemico. È debole perché troppo forte; perde perché ha vinto troppo. Ora, il sistema di duopolio mediatico che scelte politiche stolte e clientelari hanno contribuito a edificare nel nostro Paese a partire dal 1984 ha mostrato tutta la sua vulnerabilità poiché gli sfugge totalmente il mondo variegato, plurale e decentrato della vita sociale, il quale, tenuto fuori dalle televisioni nazionali, si manifesta liberamente attraverso la rete. Si è detto in questi giorni che Berlusconi ha perso altre volte in passato e poi è tornato a vincere. Ma occorre tenere conto del fatto che nelle volte passate non c´erano i media online e, soprattutto, la tv via cavo. Insomma, l´egemonia politica di Berlusconi si è costruita attraverso il controllo centralizzato dell´informazione e il blocco dell´innovazione tecnologica e declina insieme alla fine di questo controllo e di questo blocco. (…). Certamente, come tutti i mezzi, i media online possono essere usati per buone o pessime cause. Non è appunto che un mezzo. Ma è alla natura di questo mezzo che occorre prestare attenzione: alla sua resistenza ad essere centralizzato e monopolizzato. Si può dire, (…), che la tecnologia è un volano di libertà e di liberalizzazione. (…). Il controllo del mezzo di comunicazione che viaggia fuori dai palinsesti televisivi sarà d´ora in avanti il rischio più grave che la comunità democratica dovrà fronteggiare. Questa sarà molto probabilmente la sfida di domani. Ma oggi, in questo fine maggio del 2011, possiamo almeno convenire che un monopolio, quello della televisione tradizionale, è stato sconfitto”. Orbene, a distanza di qualche anno appena, concordate o non concordate con l’analisi dell’illustre studiosa? Oppure, quel che Michele Serra evidenzia nella Sua rubrica non sta lì a dimostrare come, in un paese semianalfabeta in fatto di nuovi media, il piccolo mostro continui a farla da padrone? Io propendo per la seconda.

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