Prima di continuare a leggere
siete invitati a fissare con attenzione la tabella posta a lato. Ne emerge un
dato sconcertante: nel bel paese – bello poi per chi? – i detenuti per reati
fiscali sono solamente 156, ovvero lo 0,4 per cento degli ospitati nelle patrie
galere. È per questo motivo che il prossimo incontro del nostro funambolico
primo ministro comincia proprio sotto una cattiva stella. Sembra che le
congiunzioni astrali abbiano tramato a bella posta contro il globetrotter della
politica de’ noantri. Cosa oserà dire alla Cancelliera di ferro per convincerla
della nostre buone intenzioni? Twitterà anche in questa occasione? Lo escludo. La
dama non glielo consentirà. È che il destino cinico e baro gli ha tirato uno
scherzetto niente male. Nel teutonico paese un personaggio calcisticamente
straordinario decide di farsi la galera non tentando neppure un ricorso in
appello contro una sentenza – di primo grado solamente – dei giudici di quel
paese che lo hanno condannato per frode fiscale. In un altro paese che non è
teutonico un condannato definitivo per frode fiscale deride i giudici e
minaccia di presentarsi alle prossime elezioni europee fregandosene della
condanna che gli è stata irrogata. Quale dei due paesi possiede autorevolezza e
credibilità maggiore? Per non dire che è quel paese – il non teutonico - che
detiene la straordinaria percentuale riportata nella tabella di cui sopra. Che
non è l’unica vergogna. È il paese che detiene tutti i primati negativi che si
possano pensare: corruzione dilagante nella sua pubblica amministrazione;
corruzione dilagante nella sua “casta” della politica; l’intero suo territorio
occupato “manu militari” dalla delinquenza divenuta potenza finanziaria
planetaria; ruberie negli appalti determinando costi esorbitanti per la
qualsivoglia opera pubblica; concorsi truccati nella pubblica amministrazione
onde prevale sempre colui il quale può contare sulla “famiglia”. Quale
credibilità potrà offrire il funambolico primo ministro di quel paese alla
teutonica dama? Il confronto è impari. Quello straordinario twittatore parte di
già battuto. Ha scritto sul quotidiano la Repubblica di oggi lo scrittore
tedesco Peter Schneider – “L’altra
faccia dell’eroe del calcio” -: Hoeness non era un cinico, quando nei
talk-show attaccava il capitalismo neoliberale privo di scrupoli: era ed è una
personalità sdoppiata, un po’ Dr. Jekyll e Mr. Hyde. Non mi stupirebbe se
adesso, quando avrà molto tempo, lancerà — magari scrivendo un libro — un j’accuse
contro il sistema del denaro che ha sedotto lui stesso, lui che provava sempre
empatia per i poveri, gli sfortunati, e coesisteva con l’altro Hoeness che
giocava d’azzardo con fondi neri in Svizzera. Evadeva, ma conservava un cuore
per i poveri. (…). Quanto è diverso questo self-made man Uli Hoeness da un
Berlusconi che si dichiara sempre innocente e insulta i giudici come una banda
di comunisti. No: Hoeness si pone di fronte alle sue responsabilità, si piega a
un sistema che accetta il potere della giustizia, in modo sconosciuto in Italia
ma anche altrove. Hoeness che chiede di andare in prigione è un cittadino della
Germania dove molti ministri si sono dimessi “soltanto” perché accusati di aver
copiato le tesi di dottorato. Quanti politici, secondo criteri del genere,
dovrebbero sparire dai Parlamenti di altri paesi? È un esempio di accettazione
del potere giudiziario, che in Italia e altrove sarebbe auspicabile. Da noi
vige un consenso civico costitutivo: la maggioranza dei cittadini pensa che sia
giusto pagare le tasse, anche perché lo Stato ti rende qualcosa. È terribile
quando viene meno la fiducia nello Stato e pensi che chi ti tassa ti deruba. (…).
Il consenso civico ha piegato anche Hoeness. (…). Sono parole sopra le
righe? Sono parole supponenti? Sono parole di tracotanza teutonica? È che noi
come paese non siamo nelle condizioni di affrontare confronti con il resto del
mondo. Aggiungo altro in tema. Rientravo a casa ascoltando l’autoradio. Ricordo
benissimo che avevo sintonizzato la radio sulle frequenze di “Radio 24”, l’autorevole (sic!) radio
del quotidiano “Il Sole 24 Ore”. E così venivo a sapere della condanna di Uli
Hoeness. Ma la cosa sorprendente è stata che il cronista radiofonico, prima di
dare la notizia, ha commentato – riporto a memoria -: “Ora, una notizia che
farà discutere”. Come se la Germania fosse il paese del “sole mio”, degli
spaghetti e dei mandolini. Spero che quel cronista sia arrossito alla notizia
della decisone di Uli Hoeness di scontare la pena inflittagli. A conforto della
unicità planetaria del bel paese, ben rappresentata nella tabella che vi invito
a riguardare prima di passare oltre, mi corre l’obbligo di segnalarvi quanto ha
scritto, sempre oggi ma su “il Fatto Quotidiano” Paolo Ziliani – “Qui calcio italiano Hoeness chi?” -: Nel paese chiamato Italia c’è un
presidente, Cellino del Cagliari, che da settimane piange e strepita e urla al
cielo il suo dolore: è pronto ad acquistare il 75% del club inglese del Leeds
United ma la Football League, che deve valutarne il profilo morale, sembra
orientata a lasciarlo fuori dalla porta. In Inghilterra chi ha subìto condanne
per reati sportivi o reati contro la pubblica amministrazione non può detenere
più del 30% delle azioni di un club: e Cellino in questo senso non è messo benissimo.
Nel suo personalissimo palmares ci sono infatti una tentata truffa ai danni
dell’Ue per un acquisto taroccato di scorte di grano (14 mesi patteggiati); una
condanna a 1 anno e 3 mesi per falso in bilancio per irregolarità nell’acquisto
del Cagliari; 120 giorni trascorsi in carcere, la primavera scorsa, per
peculato e falso ideologico nell’inchiesta sui lavori di ristrutturazione dello
stadio Is Arenas; e martedì prossimo, tanto per non farsi mancare niente, sarà
giudicato per il mancato pagamento Iva (400 mila euro) di una barca acquistata
negli Usa: il pm ha chiesto 1 milione di multa e la confisca del bene. “Mi
stanno umiliando”, piange Cellino. La Football League vorrebbe evitare invece
che ad essere umiliato fosse il calcio inglese. Con Cellino a capo del Leeds.
Nel paese chiamato Italia c’è un presidente, Preziosi del Genoa, che ai tempi
del Como Calcio, da lui portato al fallimento, finì agli arresti domiciliari
con l’accusa di bancarotta fraudolenta (16 milioni) e falso in bilancio.
Preziosi incominciò a cedere i giocatori più importanti senza mettere i ricavi
a bilancio, depauperando il patrimonio del club e danneggiando erario e
creditori. Grazie al “pacchetto sicurezza” del ministro Alfano, patteggiò 23
mesi di reclusione, pena subito indultata. La giustizia sportiva gli inflisse 5
anni di squalifica con proposta di radiazione, ma lui – che intanto aveva
acquistato il Genoa – se ne fece un baffo: e da vero “borderline” del pallone
mise in scena il leggendario tarocco di Genoa-Venezia 3-2, la partita dei soldi
nella ventiquattrore del direttore sportivo, con i rossoblù retrocessi dalla
serie A alla C1 e la condanna di Preziosi anche in sede penale a 4 mesi (frode
sportiva). Tornato con fatica in serie A, Preziosi rilasciò un’intervista in
cui annunciava – trionfale – di aver ceduto a Moratti Milito e Motta. Peccato
che essendo ancora sotto squalifica non potesse farlo: gli inflissero altri 6
mesi, che certo non gli fecero perdere il sonno. (…). La svista del
cronista radiofonico di “Radio 24”
non è affatto una svista; sarebbe un errore pensarlo. È che in Italia quei 156
finiti in galera per reati fiscali sono proprio i più fessi di tutti. Se lo
sono meritato il carcere. Peggio per loro! Imparino!
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