"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 4 marzo 2014

Eventi. 17 “C’è un’Europa oltre Bruxelles scegliamola con il voto”.



L’Europa (per riprendere una metafora del sociologo francese Bruno Latour) si trova nella situazione di un’azienda automobilistica che constata che i suoi modelli di punta hanno freni malfunzionanti e producono emissioni di anidride carbonica nocive per la salute dei guidatori e dei passeggeri. Cosa fa l’azienda? Ritira il suo prodotto! L’Europa deve riportare in un’officina di riparazione il suo modello di modernità autodistruttiva – ossia: ripensarlo e ricollaudarlo politicamente. È quanto andava scrivendo il sociologo Ulrich Beck - “Quattro risposte sull'Europa” - sul quotidiano la Repubblica del 4 di maggio dell’anno 2013. Siamo a soli due mesi dalle elezioni europee. Ed ho avuto modo di scrivere, nel post precedente, che il tempo è venuto. È venuto il tempo che si parli di Europa in Europa ma anche e soprattutto nel nostro paese. E bisognerebbe parlarne alla luce di quanto Ulrich Beck aggiungeva nella Sua riflessione: Immaginiamo che in Gran Bretagna gli euroscettici prendano il sopravvento e che la Gran Bretagna esca dall’Ue. I britannici avrebbero allora un senso più chiaro della loro identità? Avrebbero più sovranità per decidere sulle loro faccende? No! Molto probabilmente gli scozzesi e i gallesi rimarrebbero nell’Ue; di conseguenza, si creerebbe una frattura dell’United Kingdom. E la Gran Bretagna – no, l’Inghilterra! – subirebbe una notevole perdita di sovranità, se per sovranità si intende il potere reale di influenzare le proprie faccende e le decisioni degli altri. Credo che la situazione storica sia assolutamente inequivocabile: l’Unione Europea è in grado di realizzare gli interessi nazionali più di quanto potranno mai fare le nazioni da sole. Perché si affermi questa convinzione, è necessario battersi in Europa per l’Europa. Poiché deve essere chiara la scelta di fronte alla quale ci troveremo in quanto elettori: non tanto un antistorico “Europa sì/Europa no” ma piuttosto quale Europa in un mondo della complessità e delle grandi dimensioni che solo aggregando forze consentirà di entrare a pieno titolo nella competizione planetaria. Ed a tale proposito Ulrich Beck sottolineava: Tutti si interrogano sull’Europa, ma nessuno ribalta da capo a piedi la domanda sull’Europa. Non dobbiamo soltanto riflettere sulla visione di un altro futuro europeo, ma anche sulla visione di una “altra nazione”: come si possono liberare dall’orizzonte del XIX secolo e come si possono aprire al mondo cosmopolitico del XXI secolo l’autocomprensione della grande nation, del nazionalismo e la categoria dello Stato nazionale democratico? Occorre allora distinguere chiaramente tra un fondamentalismo nazionale non-patriottico, che si rifugia nella nostalgia e si chiude all’Europa e al mondo, e un nazionalismo cosmopolitico, che ridefinisce i suoi interessi nazionali aprendosi al mondo, nell’alleanza cooperativa con gli altri paesi europei. Che l’Ue abbia un futuro dipende da una Francia europea, una Grecia europea, una Germania, una Spagna, una Polonia, un’Olanda, ecc. europee. È questa la dimensione utile che dovrebbe assumere la discussione su l’Europa che si vorrà dalle elezioni di maggio. Ma nel bel paese tutto si confonde in un chiacchiericcio inconcludente che soccorre bene la politica dalla qualità pessima. Eppure non dovrebbe sfuggire ai più che la partita è decisiva e della massima importanza sol che si voglia invertire una linea politica europea improntata esclusivamente alla più disperata strategia dell’austerità a tutti i costi. Ritengo che sia importante allora prepararsi a nuove strategie e a dare credito alle nuove proposte che vengano dalla società civile che ben poco peso e nessuna parola ha potuto avere e manifestare sulle scelte operate dalle oligarchie europee. Il tempo è venuto ho di già scritto, aggiungendo che non ce ne sarà concesso un altro ancora. Il dramma del paese ellenico, mirabilmente tratteggiato da Barbara Spinelli sulla scorta dei dati forniti dalla rivista medico-scientifica Lancet, sta lì a gettare una luce sinistra su di un avvenire non troppo lontano che potrebbe inverarsi anche per tanti altri paesi della vecchia Europa. In questa direzione va l’appello che Ulrich Beck – “C’è un’Europa oltre Bruxelles scegliamola con il voto” – ha lanciato dalle colonne del quotidiano la Repubblica  del 27 di febbraio, appello sottoscritto anche da Zygmunt Bauman, Elisabeth Beck-Gernsheim, Daniel Birnbaum, Angelo Bolaffi, Jacques Delors, Chris Dercon, Slavenka Drakulic, Ólafur Elíasson, Péter Esterházy, Iván Fischer, Anthony Giddens, Lars Gustafsson,Jürgen Habermas, Ágnes Heller, Harold James, Mary Kaldor, Navid Kermani, Ivan Krastev, Michael Krüger, Pascal Lamy, Bruno Latour, Antonín Jaroslav Liehm, Robert Menasse, Christoph Möllers, Henrietta L. Moore, Edgar Morin, Adolf Muschg, Cees Nooteboom, Andrei Plesu, Ilma Rakusa, Volker Schlöndorff, Peter Schneider, Gesine Schwan, Hanna Schygulla, Tomáš Sedlácek, Kostas Simitis, Klaus Staeck, Richard Swartz, Michael M. Thoss, Lilian Thuram, Alain Touraine, António Vitorino, Christina Weiss, Michel Wieviorka: Il prossimo maggio le cittadine e i cittadini saranno per la prima volta chiamati alla scelta sul futuro dell’Europa. Quale Europa vogliamo? Dal momento dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona e per tutta la durata della crisi i cittadini non hanno mai avuto l’opportunità di esprimere il loro giudizio sul futuro dell’Unione Europea, in un processo di formazione democratica della volontà. Questa volta, la novità è costituita dalla presenza di diversi candidati alla carica di presidente della Commissione europea, con la possibilità di scegliere tra diversi modelli d’Europa. È un salto quantico politico. Infatti, nel medesimo momento e in tutta l’Europa discuteremo in lingue diverse sugli stessi temi – cioè su persone e sui loro programmi. Vogliamo il “meno Europa” di un David Cameron, dettato dagli imperativi del mercato, oppure un’“altra Europa”, che sottopone il mercato a regole democratiche, come ha in mente il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz? I partiti anti-europei e i loro candidati vogliono essere eletti democraticamente per minare la democrazia in Europa. Invitiamo i cittadini d’Europa a negare il loro voto a questo attacco politico suicida. Ma è assolutamente necessario prendere sul serio lo scetticismo dei cittadini. Per la rinascita dell’Europa è indispensabile mettere pubblicamente in luce i difetti congeniti dell’Ue. Noi siamo contrari a una politica europea capace di mobilitare 700 miliardi di euro per stabilizzare il sistema bancario, ma che vuole spendere soltanto 6 miliardi per contrastare la disoccupazione giovanile. Molti, e tra di loro anche tanti giovani europei, hanno la sensazione che esista un mondo parallelo anonimo chiamato “Bruxelles”, e che esso minacci la loro identità, la loro lingua e la loro cultura. È sorta un’Europa delle élites, senza un’Europa dei cittadini. Per guadagnare i cittadini all’Europa, la politica deve affrontare i temi che stanno a cuore alle persone. L’Europa si trova in un moment of decision. Dipenderà essenzialmente dall’esperienza, dagli orientamenti di fondo, dal coraggio e dall’abilità del prossimo presidente della Commissione europea se riusciremo a superare in Europa il “dispotismo benintenzionato” (Jacques Delors) e a far acquisire al vecchio continente una posizione energica e una voce che parli del futuro in un mondo globalizzato. Il tempo è venuto, allora. E non ci si potrà sottrarre al dovere ed all’impegno di dare un nuovo indirizzo all’Europa che non sia più l’Europa dei mercati ma diventi un’Europa che pieghi i mercati alle necessità ed ai bisogni dei cittadini europei. Se non al prossimo maggio, quando? Sol che ci si liberi da vetusti schemi mentali e che si faccia convinzione comune e diffusa che l’interdipendenza e l’unione sono necessarie per competere nel mondo globalizzato del secolo ventunesimo.  

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