A fianco. Disegno di Primantonio Polimeni (26.06.2001)
Al mio arrivo, i due sono di già
al tavolo. Degustano, com’è d’obbligo nel luogo, una granita a piccoli sorsi.
Di limone. Sfogliano giornali locali. L’aria è mite, anche se novembre ha
bruciato la metà quasi delle sue giornate. Il mare è di uno splendore come non
mai nella stagione. La calma assoluta della sua superficie mi rimanda alla
memoria il magnifico racconto di Conrad e la Sua “linea d’ombra”. Lo
scenario è straordinario, con le isole laggiù che fanno da degna cornice all’ameno
luogo marino. I due sorseggiano e sfogliano i quotidiani. Parlottano. La lieve,
lievissima brezza che spira dal mare, mi porta via, a tratti, brandelli della
loro conversazione. Tendo l’orecchio ed origlio con inusitata voluttà. Vestono
quasi estivo, come del resto la gente del luogo in questo novembre. È che lo
scirocco domina la scena. Origlio e li osservo cercando per quanto possibile di
raccoglierne la conversazione. I due sono sulla mezza età. Sull’incarnato
abbronzato spiccano, su entrambi, baffi sottili e ben curati. Sorseggiano e
sfogliano i quotidiani senza grande attenzione. Siamo, io ed i due, seduti
all’aperto, ad apprezzare questo inatteso regalo della stagione. Portano
occhiali da sole, come nella migliore stagione ferragostana. Altrove piove a
dirotto. Altrove tutto frana. Altrove si contano le vite portate via
dall’alluvione di questo novembre. L’uno dice: – Che minchia fa stu “Crucetta”?
-. L’altro di rimando: - Cumpari, c… soi -. L’uno: - E no
cumpari, voli mannari a la casa nu fottiu di genti -. L’altro: - Cumpari,
comu si dici, “calati juncu ca passa a china” -. L’uno: - Cumpari,
fici bonu a non annari a votari -. L’altro: - Cumpari, a stissa cosa fici
-. I due ignorano – è buona cosa certamente - la recente dichiarazione di
Gaspare Mutolo – settantaduenne collaboratore di giustizia, in un’intervista a “il
Fatto Quotidiano” del 4 di novembre a firma di Silvia Truzzi: “La
mafia in Sicilia è in condizioni di pilotare ancora – ma veramente – il voto,
con le buone o con le maniere sue”. Se ne adonterebbero i due se ne
venissero a conoscenza? Ed ancora Gaspare Mutolo: “Quelli che non hanno votato sono
controllati dalla mafia”. Non sarà vero, che diamine! E poi, chi sono “quelli”?
L’effetto, di quel che lascia balenare il Gaspare Mutolo, però c’è stato nella
straordinaria misura dell’astensionismo alle ultime elezioni regionali. Slegato,
l’astensionismo registrato, certamente, dai dettami della “onorata società”. Come
ci si deve sentire, comunque, con un simile apparentamento? È possibile
discernere l’astensionismo buono da quello cattivo? Come condividere una simile
neghittosa cittadinanza? Non bene di certo! Scriveva Michele Serra – “Cerimonie”, Feltrinelli editore (2002)
– a proposito degli italiani: “(…). Gli italiani hanno quasi tutti facce
da fuggiaschi. I loro sguardi intelligenti, la loro complice mimica paiono
vibrare di un lunghissimo scampato pericolo, braccati per generazioni da ogni
sorta di autorità e sempre imboscati. Logico che questa sola qualità largamente
nazionale – sottrarsi a tutto – sia divenuta ragione di ostinata identità. E il
peggio è che questo vizio atavico è in odore di virtù: lo si capisce dai
sorrisi che si scambiano, gli italiani, quando si riconoscono nelle rispettive
incapacità di compromettersi fino in fondo con un sistema di pensiero appena
più complicato e arduo del loro così spontaneo adeguarsi alla vita. Sempre
pronti a promuovere questa speciale inettitudine al rango nobile della
ribellione come se avessero sperimentato fino in fondo, e quindi ripudiato,
quei rischi intellettuali che invece non si sono mai sognati di affrontare.
(…)”. Consumo in fretta, lascio i due alle loro convinzioni, e mi
allontano desideroso di respirare un’aria più buona, quella dello scirocco che
imperversa. Trascrivo di seguito, in parte, l’interessante intervista della
scrittrice Silvia Truzzi a Gaspare Mutolo.
(…). “Se la mafia voleva, faceva
andare a votare e mettere in minoranza a Crocetta, un uomo onesto che ha sempre
lottato alla mafia. Ma ha lasciato che vincesse, per mandare un messaggio a Pdl
e Udc. I boss si sono sentiti traditi”.
Mutolo, da cosa si sono sentiti
traditi i mafiosi? - Dalle promesse non mantenute. I loro beni sono stati, in
parte, confiscati. I padrini sono da vent’anni dentro, gli uomini più
importanti al carcere duro: mi spiego? -.
Crocetta ostacolerà la mafia: non
è un controsenso? - No, perché Crocetta non se la prenderà solo con le coppole
storte, ma anche con i referenti politici. Io ho paura che ci sarà una stagione
più violenta di quella del ‘92-‘93. L’unica speranza è Crocetta: se riesce
veramente a fare pulizia, può darsi che la Sicilia si salvi -.
La mafia si sta organizzando? - Questo
silenzio – che non succedono cose, che non ci sono omicidi – era una direttiva
di Provenzano, poco prima di essere arrestato: stare sette anni senza fare
rumore. Se lo Stato non riesce a dare una svolta, molti personaggi importanti
che stanno a Roma, avranno cose da temere: avevano garantito che per i
siciliani sarebbe andata diversamente. Se torniamo indietro, sappiamo
perfettamente che la mafia si muove sempre per un interesse vitale. Il primo
segnale c’era stato nell’87, quando la mafia smise di votare per la Democrazia
cristiana e scelse i socialisti: nell’84 era nato il maxi-processo, e dopo tre
anni erano ancora tutti dentro. Quello era un messaggio alla Dc che perdeva
tempo, diceva ai boss di avere pazienza.
Lei se lo ricorda? - Alle
famiglie, sia quelle di sangue che quelle di mafia, ci comandarono di votare
Psi. Io ero nel carcere all’Ucciardone per il maxi-processo. Venne da me Peppe
Leggio e mi disse: “Gaspare tu dici alla tua famiglia che vota per i
socialisti”. A lui sicuramente glielo aveva detto qualche personaggio più
importante -.
Poi è caduta la Prima Repubblica.
- Visto che sono collaboratore di giustizia, ho potuto ascoltare
un’intercettazione ambientale, in cui si sentivano parlare alcuni boss riuniti
in un albergo dei Graviano. Ancora non era nata Forza Italia che già parlavano
di sostenerla: cercavano i nuovi referenti, dopo la fine della diccì -.
Perché dice che la situazione
oggi è preoccupante? - La mafia in Sicilia è in condizioni di pilotare ancora –
ma veramente – il voto, con le buone o con le maniere sue. Cosa nostra sa bene
a che livello è la collusione con la politica, quindi secondo me i mafiosi
hanno permesso di vincere a Crocetta per dire ai signori politici che stanno a
Roma: guardate che questo a noi ci ha sempre combattuto, ma ora cercherà di
combattere anche a voi. Loro parlano così. La morte di Enzo Fragalà, avvocato e
deputato del Pdl ucciso a bastonate nel 2010, secondo me è stato uno degli
ultimi omicidi della mafia, ed è stato l’ennesimo avvertimento. Questa delle
regionali è un’avvisa – glia per le elezioni nazionali. I politici cambiano
partito, ma gli uomini sono sempre gli stessi. E quando si voterà per il nuovo
governo e per le Camere, se non ci saranno provvedimenti favorevoli ai boss,
come – mi ripeto, ma è molto importante – è stato promesso vent’anni fa, si
avvierà una stagione ancora più violenta -.
Ha votato solo lo 0,6 per cento
dei detenuti. In tutte le carceri siciliane. Lirio Abbate ha scritto
sull’Espresso : “All’istituto di pena di Pagliarelli di Palermo dove si trovano
rinchiusi i mafiosi, su 1.300 detenuti solo uno si è presentato al seggio
elettorale, ed è in custodia cautelare per reati che non sono di mafia”. Che
significato ha l’astensione dei detenuti? - È un sintomo coerente con la mia
lettura. L’ordine è stato categorico, evidentemente. Quelli che non hanno
votato sono controllati dalla mafia. E ora la mafia spera che i politici hanno
una reazione. I voti della mafia sono stati fermi, per adesso . Vede, così a
lungo i mafiosi non ci sono stati mai dentro, soprattutto con questo regime
duro del 41-bis. Per loro è una cosa inaccettabile. Dell’Utri, Schifani,
Berlusconi sono ancora nei posti chiave: i pezzi da novanta vogliono mandare un
messaggio. Prova ne sia che c’è ancora il processo sulla trattativa e sappiamo
quali sono le richieste della mafia -.(…).
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