"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 13 novembre 2012

Storiedallitalia. 29 Calati juncu ca passa a china.



A fianco. Disegno di Primantonio Polimeni (26.06.2001)
 
Al mio arrivo, i due sono di già al tavolo. Degustano, com’è d’obbligo nel luogo, una granita a piccoli sorsi. Di limone. Sfogliano giornali locali. L’aria è mite, anche se novembre ha bruciato la metà quasi delle sue giornate. Il mare è di uno splendore come non mai nella stagione. La calma assoluta della sua superficie mi rimanda alla memoria il magnifico racconto di Conrad e la Sua “linea d’ombra”. Lo scenario è straordinario, con le isole laggiù che fanno da degna cornice all’ameno luogo marino. I due sorseggiano e sfogliano i quotidiani. Parlottano. La lieve, lievissima brezza che spira dal mare, mi porta via, a tratti, brandelli della loro conversazione. Tendo l’orecchio ed origlio con inusitata voluttà. Vestono quasi estivo, come del resto la gente del luogo in questo novembre. È che lo scirocco domina la scena. Origlio e li osservo cercando per quanto possibile di raccoglierne la conversazione. I due sono sulla mezza età. Sull’incarnato abbronzato spiccano, su entrambi, baffi sottili e ben curati. Sorseggiano e sfogliano i quotidiani senza grande attenzione. Siamo, io ed i due, seduti all’aperto, ad apprezzare questo inatteso regalo della stagione. Portano occhiali da sole, come nella migliore stagione ferragostana. Altrove piove a dirotto. Altrove tutto frana. Altrove si contano le vite portate via dall’alluvione di questo novembre. L’uno dice: – Che minchia fa stu “Crucetta”? -. L’altro di rimando: - Cumpari, c… soi -. L’uno: - E no cumpari, voli mannari a la casa nu fottiu di genti -. L’altro: - Cumpari, comu si dici, “calati juncu ca passa a china” -. L’uno: - Cumpari, fici bonu a non annari a votari -. L’altro: - Cumpari, a stissa cosa fici -. I due ignorano – è buona cosa certamente - la recente dichiarazione di Gaspare Mutolo – settantaduenne collaboratore di giustizia, in un’intervista a “il Fatto Quotidiano” del 4 di novembre a firma di Silvia Truzzi: “La mafia in Sicilia è in condizioni di pilotare ancora – ma veramente – il voto, con le buone o con le maniere sue”. Se ne adonterebbero i due se ne venissero a conoscenza? Ed ancora Gaspare Mutolo: “Quelli che non hanno votato sono controllati dalla mafia”. Non sarà vero, che diamine! E poi, chi sono “quelli”? L’effetto, di quel che lascia balenare il Gaspare Mutolo, però c’è stato nella straordinaria misura dell’astensionismo alle ultime elezioni regionali. Slegato, l’astensionismo registrato, certamente, dai dettami della “onorata società”. Come ci si deve sentire, comunque, con un simile apparentamento? È possibile discernere l’astensionismo buono da quello cattivo? Come condividere una simile neghittosa cittadinanza? Non bene di certo! Scriveva Michele Serra – “Cerimonie”, Feltrinelli editore (2002) – a proposito degli italiani: “(…). Gli italiani hanno quasi tutti facce da fuggiaschi. I loro sguardi intelligenti, la loro complice mimica paiono vibrare di un lunghissimo scampato pericolo, braccati per generazioni da ogni sorta di autorità e sempre imboscati. Logico che questa sola qualità largamente nazionale – sottrarsi a tutto – sia divenuta ragione di ostinata identità. E il peggio è che questo vizio atavico è in odore di virtù: lo si capisce dai sorrisi che si scambiano, gli italiani, quando si riconoscono nelle rispettive incapacità di compromettersi fino in fondo con un sistema di pensiero appena più complicato e arduo del loro così spontaneo adeguarsi alla vita. Sempre pronti a promuovere questa speciale inettitudine al rango nobile della ribellione come se avessero sperimentato fino in fondo, e quindi ripudiato, quei rischi intellettuali che invece non si sono mai sognati di affrontare. (…)”. Consumo in fretta, lascio i due alle loro convinzioni, e mi allontano desideroso di respirare un’aria più buona, quella dello scirocco che imperversa. Trascrivo di seguito, in parte, l’interessante intervista della scrittrice Silvia Truzzi a Gaspare Mutolo.

(…). “Se la mafia voleva, faceva andare a votare e mettere in minoranza a Crocetta, un uomo onesto che ha sempre lottato alla mafia. Ma ha lasciato che vincesse, per mandare un messaggio a Pdl e Udc. I boss si sono sentiti traditi”.
Mutolo, da cosa si sono sentiti traditi i mafiosi? - Dalle promesse non mantenute. I loro beni sono stati, in parte, confiscati. I padrini sono da vent’anni dentro, gli uomini più importanti al carcere duro: mi spiego? -.
Crocetta ostacolerà la mafia: non è un controsenso? - No, perché Crocetta non se la prenderà solo con le coppole storte, ma anche con i referenti politici. Io ho paura che ci sarà una stagione più violenta di quella del ‘92-‘93. L’unica speranza è Crocetta: se riesce veramente a fare pulizia, può darsi che la Sicilia si salvi -.
La mafia si sta organizzando? - Questo silenzio – che non succedono cose, che non ci sono omicidi – era una direttiva di Provenzano, poco prima di essere arrestato: stare sette anni senza fare rumore. Se lo Stato non riesce a dare una svolta, molti personaggi importanti che stanno a Roma, avranno cose da temere: avevano garantito che per i siciliani sarebbe andata diversamente. Se torniamo indietro, sappiamo perfettamente che la mafia si muove sempre per un interesse vitale. Il primo segnale c’era stato nell’87, quando la mafia smise di votare per la Democrazia cristiana e scelse i socialisti: nell’84 era nato il maxi-processo, e dopo tre anni erano ancora tutti dentro. Quello era un messaggio alla Dc che perdeva tempo, diceva ai boss di avere pazienza.
Lei se lo ricorda? - Alle famiglie, sia quelle di sangue che quelle di mafia, ci comandarono di votare Psi. Io ero nel carcere all’Ucciardone per il maxi-processo. Venne da me Peppe Leggio e mi disse: “Gaspare tu dici alla tua famiglia che vota per i socialisti”. A lui sicuramente glielo aveva detto qualche personaggio più importante -.
Poi è caduta la Prima Repubblica. - Visto che sono collaboratore di giustizia, ho potuto ascoltare un’intercettazione ambientale, in cui si sentivano parlare alcuni boss riuniti in un albergo dei Graviano. Ancora non era nata Forza Italia che già parlavano di sostenerla: cercavano i nuovi referenti, dopo la fine della diccì -.
Perché dice che la situazione oggi è preoccupante? - La mafia in Sicilia è in condizioni di pilotare ancora – ma veramente – il voto, con le buone o con le maniere sue. Cosa nostra sa bene a che livello è la collusione con la politica, quindi secondo me i mafiosi hanno permesso di vincere a Crocetta per dire ai signori politici che stanno a Roma: guardate che questo a noi ci ha sempre combattuto, ma ora cercherà di combattere anche a voi. Loro parlano così. La morte di Enzo Fragalà, avvocato e deputato del Pdl ucciso a bastonate nel 2010, secondo me è stato uno degli ultimi omicidi della mafia, ed è stato l’ennesimo avvertimento. Questa delle regionali è un’avvisa – glia per le elezioni nazionali. I politici cambiano partito, ma gli uomini sono sempre gli stessi. E quando si voterà per il nuovo governo e per le Camere, se non ci saranno provvedimenti favorevoli ai boss, come – mi ripeto, ma è molto importante – è stato promesso vent’anni fa, si avvierà una stagione ancora più violenta -.
Ha votato solo lo 0,6 per cento dei detenuti. In tutte le carceri siciliane. Lirio Abbate ha scritto sull’Espresso : “All’istituto di pena di Pagliarelli di Palermo dove si trovano rinchiusi i mafiosi, su 1.300 detenuti solo uno si è presentato al seggio elettorale, ed è in custodia cautelare per reati che non sono di mafia”. Che significato ha l’astensione dei detenuti? - È un sintomo coerente con la mia lettura. L’ordine è stato categorico, evidentemente. Quelli che non hanno votato sono controllati dalla mafia. E ora la mafia spera che i politici hanno una reazione. I voti della mafia sono stati fermi, per adesso . Vede, così a lungo i mafiosi non ci sono stati mai dentro, soprattutto con questo regime duro del 41-bis. Per loro è una cosa inaccettabile. Dell’Utri, Schifani, Berlusconi sono ancora nei posti chiave: i pezzi da novanta vogliono mandare un messaggio. Prova ne sia che c’è ancora il processo sulla trattativa e sappiamo quali sono le richieste della mafia -.(…).

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