Spero non vi siate lasciati
sfuggire il pensiero di oggi di Chiara Saraceno riportato in testata e che
campeggia sovrano nei suoi rutilanti caratteri. Rutilanti come i fatti di
questi giorni che hanno visto una mobilitazione su scala europea che non si sarebbe
immaginata, sino a qualche tempo fa, di poter registrare. Tale è lo stato
calamitoso della situazione economica e sociale dell’Europa tutta. È un
pensiero dell’oggi quello di Chiara Saraceno. Ma Chiara Saraceno ne aveva
preannunciato nefasti esiti in un’intervista rilasciata al quotidiano l’Unità
del 3 di febbraio dell’anno 2011, intervista a firma di Laura Matteucci, intervista
che ha per titolo «Scivoliamo in basso.
Più poveri e con una peggiore qualità della vita». Affermava l’illustre
studiosa: «Il segno del nord che soffre è una spia socio-economica molto
importante. Se nel sud non si è registrato un peggioramento non è certo perché
sta bene: non è lì che si è perso il lavoro, perché già non c’era, e non si
sono erosi risparmi e capitali, perché non c’è ricchezza diffusa». È
avvenuto che l’”apatia”, soprattutto delle giovani generazioni, trovasse una
giustificazione nel sistema-tampone che il bel paese riusciva a mettere in
campo raschiando sino al fondo il ricco, un tempo, barile dei risparmi delle
famiglie. Raschiato sino al fondo il barile, il bel paese si è ritrovato
esposto alle intemperie della crisi al pari della Spagna o del Portogallo o
della Grecia. I fatti di questi giorni ne sono una dimostrazione lampante. Più
oltre in quella intervista: Un allineamento verso il basso? «Esatto. Il
centro-nord resta comunque più ricco e con meno disoccupazione, ma la perdita è
notevole. Non sono dati sorprendenti: la crisi ha colpito soprattutto in
Piemonte, con un calo del reddito da lavoro, e in Lombardia, dove è in
flessione il reddito da capitale». La sociologa Chiara Saraceno, (…), commenta
gli ultimi dati sul calo del reddito degli italiani nel 2009: -2,7% di media
che contiene il -4,1% del nord-ovest e il -1,2% del sud. Ma il dato più
drammatico, ricorda, resta quello sulla disoccupazione giovanile, «un problema
enorme, e certo non solo economico». Leggiamo ancora: I
dati si riferiscono al 2009, ma il 2010 non ha certo invertito la tendenza.
«Direi di no. Il fatto è che nel 2008 sembrava che tutto ancora tenesse, la
crisi non aveva ancora lasciato il segno. Ma nel 2009 ha colpito eccome, e
gli indicatori del 2010 su cassa integrazione e occupazione non ci parlano
affatto di una ripresa. (…). In Italia (…) si sommano due fenomeni: da un lato
la cig resta sì protettiva – (…) - ma significa comunque una perdita di
reddito, tanto più se prolungata. Secondo punto, il problema dei giovani, i
primi insieme alle donne a perdere i contratti precari che avevano. Sono stati
i primi a perdere il lavoro, e saranno gli ultimi a riaverlo. Questa è una
generazione a rischio, costretta a farsi mantenere dalle famiglie di origine,
se possibile, molto più a lungo di quanto vorrebbe. (…). Questo dei giovani
privati della loro autonomia, che non è solo un problema economico, è l’indicatore
più drammatico, anche perché non è certo al primo posto nell’agenda di
governo». (…). Oramai la risorsa famiglia è più che compromessa.
Continua l’intervista: Che paese ci avviamo a diventare? Sempre più
povero e più diseguale? «Le famiglie hanno ancora riserve di ricchezza, ma fino
a quando? Scivoliamo sempre più in basso, e non staremo affatto bene, perché
non abbiamo una buona qualità della vita, in termini di relazioni personali e
nemmeno con l’ambiente. Si aspetta a metter su famiglia, a comprare il frigo o
l’auto nuova, il che certo non aiuta la ripresa. Ai giovani dico: pensate a voi
stessi, non aspettatevi niente dal governo in termini di formazione e di
sostegni a forme imprenditoriali. Il vostro destino dipende in larga misura da
voi». Un paese, insomma, che aggiunge ad una stridente disuguaglianza
nella distribuzione della ricchezza la negazione di una qualsivoglia prospettiva
di ascesa tra le classi sociali. È quest’ultimo aspetto il risultato
più ingeneroso e drammatico della lotta di classe all’incontrario che la crisi
globale ha innescato e portato pervicacemente avanti. Ha scritto di recente Furio Colombo – “il
Fatto Quotidiano” del 28 di ottobre, “Europa,
gli spettri bussano alla porta” -: (…). La situazione è la grande crisi. E
resta la domanda: che cosa è la grande crisi, un evento vasto, grave e
misterioso che impone di abbandonare solidarietà e riformismo, proprio su
ordine perentorio dei suoi supposti predicatori e paladini? Provo a
descriverla. Due forze attraversano con furore la storia dei nostri giorni.
Puntano in direzioni opposte, ma non si scontrano perché entrambe sono o
sembrano immateriali. Una è la finanza del mondo. Tutto ciò che viene strappato
e disossato dallo stremato settore manifatturiero diventa vapore di immensa
ricchezza che si muove in cieli senza frontiere dove non incontra alcun
possibile controllo, dove non può essere regolato da alcuna legge salvo frange
di corruzione e tracce sparse e minime di esistenza fisica (qualche residuo
accumulo di ricchezza trovato qua e là da bravi investigatori) abbandonate
nelle retrovie della grande fuga da ogni possibile accertamento. L'altra forza
che invade l'universo virtuale è l’informazione, un’immensa massa mondiale di
notizie che ha dimostrato una strana, inaspettata tendenza, inversa a quella
della finanza. La rete abbraccia il mondo, ma è fanaticamente locale. Il mondo
in rete è quasi solo il volto di avversari vicinissimi che abitano accanto.
(…). L'Alba dorata (formazione politica di estrema destra ad
ispirazione nazistoide n.d.r.) di Atene sembra essere una delle promesse
fisiche per i senza futuro. L'altra è quella di eliminare dalla scena chiunque
stia facendo, bene o male, in modo criminale o corretto, qualunque cosa. La
colpa è di esserci da prima. È un comportamento folle, ma non ha diritto di
giudicarlo o di contestarlo chi ti costringe a vivere senza futuro. Chi ha
cancellato il futuro per ragioni che, ti dice, sono ragionevoli, pragmatiche,
ma anche obbligate (“non siate choosy”) sembra non avere pensato a quanto
profonda e vasta sarebbe stata la risposta fisica, in piazza. Una folla giovane
destinata a ingrossarsi è in corsa verso il Palazzo, senza progetti, senza
ideali, ma con un pesante carico di rancore. (…). Qualcosa si muove.
Quanto sarà dirompente questo qualcosa sugli equilibri che la lotta di classe
all’incontrario ha stabilito per tutti noi?
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