(…). …da secoli l'Italia si è
conquistata nel mondo una grande fama come patria dei veleni. Chiedere per
conoscenza all' inventore del Rinascimento italiano, lo storico Jacob Burckhardt,
o a Stendahl, quell'Arrigo Beyle milanese appassionato lettore delle antiche
cronache italiane. Nell' Italia del Rinascimento, secondo Thomas De Quincey, il
veneficio conferì all'assassinio la raffinatezza di un'opera d'arte: da allora
in poi chi ricorre al pugnale o alle armi da fuoco è come chi preferisce una
rozza riproduzione al capolavoro originale. È un fatto che da noi, in Italia,
le lotte per il potere, per l'amore, per la gloria, hanno mostrato una decisa
predilezione per le vie sottili e tortuose degli intrighi e dei venefici
evitando la prova di forza a viso aperto, la violenza semplice e brutale. È noto
che il veleno come opera d'arte conobbe la sua massima raffinatezza e il più
intenso uso nella corte papale: celebri fra tutti i casi dei Borgia, che fecero
sistematicamente uso di quei mezzi e lasciarono a Lucrezia, che fu in tutti i
sensi la donna di famiglia, la discutibile eredità di una fama sinistra, non
cancellata dalle tardive pratiche devote. L'arte del veleno fu dunque una
invenzione tutta italiana, una «abominable innovation from Italy», scrisse De
Quincey. Strumento prediletto delle congiure, i principi rinascimentali
italiani le dedicarono la stessa cura che altri sovrani europei investivano
allora nell'organizzazione di eserciti e flotte. E se lo zio di Amleto non era
un italiano, William Shakespeare apprese molto dall'Italia, come si conveniva
al supremo artista del teatro del potere. L'arte poi declinò ai tempi dell'incipiente
borghesia, involgarendosi a strumento di gelosie d'amore e di inferni
domestici. Ma una volta identificati e classificati i preparati mortali nei
laboratori di polizia cominciò a languire il fascino sinistro del veleno:
quello di una morte che arriva a destinazione, spedita da mano lontana,
strisciando come il serpente nascosto nel giardino dell'Eden. La possibilità di
sbarazzarsi dell'avversario senza lasciare tracce ha sempre aguzzato gli
ingegni. È per questo che, nel declino della morte per veleno (che tuttavia esiste),
ne è rimasta immortale l'idea e si è ripresa la ricerca. C'era bisogno di
qualcosa di nuovo. E ancora una volta è stata l'arte italiana a trovare la
risposta, rinverdendo la sua antica perizia nelle invenzioni abominevoli, il
suo gusto impareggiabile per la scelta di astuzie coperte al posto della
violenza palese e dello scontro sul campo. Oggi il veleno che uccide non è un
artificio segreto: è una cosa che sta sotto gli occhi di noi tutti, come la
lettera smarrita di un celebre racconto di Edgar Allan Poe. Basta una
carticella, un documento adeguatamente ritoccato e cucinato, non importa se
falso o autentico, meglio se misto di verità e di invenzione: lo si tiene in
serbo per usarlo al momento opportuno. Lo si inocula nella forma più pubblica e
clamorosa possibile, via Internet, sulla stampa quotidiana, in televisione. Più
si domina il campo dell'informazione meglio è. L'opinione pubblica diventerà il
portatore sano del veleno spedito alla vittima designata. Da quel momento in
poi basterà aspettare. Il destinatario potrà avere reazioni diverse:
accasciarsi e sparire in silenzio, (…), reagire con ira e con clamore, (…). Non
importa. L'effetto è sicuro. La vittima designata assorbirà il veleno e subirà
gli effetti letali della gogna mediatica rilasciata a dosi quotidiane tanto più
rapidamente quanto più rigido sarà il suo senso dell'onore, più forte la sua
sensibilità all'esposizione della propria immagine pubblica. Ma prima o poi si
leverà di mezzo o altri lo convinceranno a farlo. Questa almeno è ciò che spera
il mandante, che intanto si manterrà lontano, silenzioso e apparentemente
estraneo alla vicenda. Ai nuovi canoni si sono dovuti adeguare le
formazioni o i raggruppamenti degli umani che operino nelle verdi contrade del
bel paese. E lo ha fatto la politica. Lo ha fatto pure quella che passa per la
chiesa di Roma. Che continua la “sua” “missione politica” con i
mezzi propri della politica secolare. È solo un ricordo lontano assai la
pratica venefica della Lucrezia citata en passant da Adriano Prosperi nel
Suo pezzo “L’arte del veleno
un’invenzione italiana”, pubblicato sul quotidiano la Repubblica del 28 di
settembre dell’anno 2010, che ho appena trascritto in parte. I veleni
oggigiorno si inoculano per altre vie, come la storia irrisolta, al momento,
dei “corvi
vaticani” insegna. È che quella chiesa è rimasta prigioniera della sua
storia più tenebrosa. Dichiara don Andrea Gallo nella intervista rilasciata a
Fabrizio d’Esposito de’ “il Fatto Quotidiano” – intervista che ha per titolo “Ratzinger è debole, comanda l’Opus Dei”
-: (…).
- Sono un prete da oltre 52 anni e sai perché? Perché ho aderito a Gesù e alla
Chiesa, pensa un po’. Mi chiamano contestatore ma io non contesto nulla. Ho
avuto cinque cardinali arcivescovi e accetto la correzione fraterna. Non me ne
vado ma non taccio -”.(…).
I classici giochi di Curia si
sono trasformati in una guerra senza precedenti. - Vent’anni fa conobbi un
monaco di cui non faccio il nome perché è vivo e scrive libri. Era un importante
dirigente vaticano. Gli chiesi: “Come va a Roma? ”. Lui mi rispose: “Roma è una
sede vacante, governa l’Opus Dei” -.
La prelatura fondata da Josemaria
Escrivà, oggi santo. - Ho rivisto il monaco due anni fa e gli ho fatto un’altra
domanda: “È sempre valido quello che mi dicesti? ”. Mi ha fatto un sorriso
bellissimo e mi ha detto: “È ancora valido”. Uno dei tre inquisitori che
indagano è il cardinale Casado, allievo di Escrivà. Il vero problema della
Chiesa è una grande crisi di leadership. (…). –
Un papa debole. – (…). La
Controriforma è continuata e Roma è rimasta cieca e sorda di fronte ai fedeli.
Ci sono pilastri dogmatici che nulla hanno a che vedere con la Bibbia -.
La casa di Dio invasa dal fumo di
Satana. - Quando sento dire che il vento diabolico soffia sulla casa di Dio mi
chiedo: ma chi è questo Dio che abita in Vaticano? È quella la vera casa di
Dio? La Chiesa però è sempre gloriosa. Ed è “semper reformanda” -.
Uno dei punti del Concilio
Vaticano II. - Concilio significa confronto non arroganza del ministero ed
esclusione dalla comunione. Ratzinger ha sfiorato l’eresia nell’omelia dell’ultimo
Giovedì Santo, rispondendo all’appello dei teologi tedeschi -.
Chiusura netta. - Ha negato
l’ordinazione femminile perché non c’è alcuna indicazione in merito da Nostro
Signore, ha detto. Ma allora il Signore ha dato indicazioni più precise per
fondare lo Ior? Poi ha citato un’enciclica del Beato Giovanni Paolo II che
“irrevocabilmente nega” il sacerdozio femminile. Hai capito? Giovanni Paolo II
era una persona sulla terra non Dio eppure ha il potere di negare
irrevocabilmente -. (…).
Colpa degli scandali, dalla
pedofilia alle lotte di potere? - Aggiungo l’obbligo del celibato. Ma la Chiesa
siamo noi e dobbiamo salvarla, come ha scritto nel suo ultimo libro il grande
teologo Hans Kung. Il Vaticano è il nuovo Vitello d’oro. Finirà che da
disubbidiente divento teologo -.
Mi fa un certo effetto ancora e
mi scorre come un brivido improvviso lungo la schiena rileggere, dopo anni ed
anni, la brevissima lirica del poeta e musicista Ivan della Mea (1940-2009), lirica
pubblicata sul quotidiano l’Unità del 27 di settembre dell’anno 2001 che ha per
titolo “L'assassino siede alla destra
del suo Dio”. La trascrivo di seguito in parte.
(…). Il dio di Cortez e di
Pisarro era un dio genocida sì e il mio cuore ancora cerca i suoni di un “
condor pasa” libero su Ande libere.
Il dio del generale Custer era un
dio idiota, e presuntuoso e assassino sì e il mio cuore è ancora sepolto a
Wounded Knee.
Il dio di Hitler era un dio
sterminatore sì e gemello del dio Stalin e il mio cuore ancora non trova pace
tra i campi di sterminio nazisti siccome tra i ghiacci dei gulag siberiani.
Il dio di Osama Bin Laden è un
dio sanguinario sì e il mio cuore smarrito cerca ancora di ritrovarsi e di
capirsi tra le macerie delle Twin Towers. (…).
Quell’assassino siede sempre alla
destra del suo dio. Non è stato ancora scacciato dal tempio del Signore.
Perché? Fino a quando?
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