"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 19 dicembre 2015

Lalinguabatte. 7 “I mcsleepers e Mr. Liu Yiqian”.



Avete sotto mano il “Venerdì di Repubblica” dell’11 di dicembre ultimo scorso, il fascicolo n° 1447? È probabile che, pur avendolo, gli abbiate dato una sommaria scorsa, una sfogliata veloce e basta, magari distesi sul divano del Vostro confortevole soggiorno con il “mostro domestico” che gracchia incessantemente. Se non lo aveste proprio, allora fate in modo di procurarvene una copia. Trovereste alla pagina 27 un interessantissimo reportage di Luciana Grosso che ha per titolo “Vivere da mcsleepers: di giorno a lavoro, la notte da McDonald’s”. Ma chi saranno mai i mcsleepers”? Il reportage viene da Hong Kong ed i mcsleepers” sono i nuovi proletari dell’opificio del mondo. Nuovi proletari poiché per un breve, anzi brevissimo tempo, hanno fatto parte, o glielo hanno fatto credere di farne parte, di quel ceto medio che il capitalismo manifatturiero era riuscito a creare nel corso dei secoli diciannovesimo e ventesimo e che il secolo ventunesimo sta ricacciando in un condizione di proletarizzazione non più accettabile. Poiché imcsleepers” sono, secondo il reportage menzionato, “impiegati,bancari, piccoli commercianti, manovali, insegnanti” che non potendo acquistare o prendere in fitto un appartamento per quanto modesto in quel di Hong Kong passano le notti sui tavolacci dei McDonald’s presso i quali consumano i loro frugali pasti. I più fortunati dei mcsleepers” detengono in fitto sì una casa per il resto della famiglia, ma essi non la raggiungono nel quotidiano considerate le spropositate spese necessarie per spostarsi dal posto di lavoro alla propria familiare dimora. Fortuna vuole che i mcsleepers” siano tollerati dal personale dei McDonald’s che li lasciano dormire consentendo loro, al mattino prima di raggiungere il posto di lavoro, di utilizzare i locali dei servizi per la “toilette” del mattino. È quanto mi viene da dire dei mcsleepers”, per quel quanto che ho ripreso dall’interessante reportage di Luciana Grosso. Se ne frattempo avete fortunosamente ripescato la Vostra copia del “Venerdì di Repubblica” n° 1447 scorretela alla pagina 101. Scrive un pregevole pezzo Claudio Strinati che ha per titolo “Modigliani, la sfida folle di un magnate made in Cina”. Vi risparmio l’intero suo contenuto, con una brevissima notazione. In essa Claudio Strinati ci fa sapere che Mr. Liu Yiqian, magnate che vive nell’opificio del mondo al apri dei tantissimi mcsleepers”, ha proceduto all’acquisto di un dipinto dell’Amedeo Modigliani che ha per titolo “Nu couché”.  Lo ha acquistato per la modica somma di 170.400.000 dollari. E ci fa sapere pure, lo Strinati, che Mr. Liu Yiqian ha proceduto all’acquisto, tempo addietro, di “una tazzina di ceramica cinese Ming, di rara e mirabile bellezza” per la miserevole somma di 36.000.000 di dollari. E che, dopo aver perfezionato l’indispensabile acquisto, abbia “chiamato i giornalisti e ci ha bevuto un tè, indignando una Nazione intera”. È quanto questo numero del settimanale di repubblica ci offre su come vanno le cose nel mondo del ventunesimo secolo. In un mondo nel quale la politica è di fatto assente e che se pur riesca a farci sapere della sua irrilevante esistenza ci rende in pari tempo edotti di come essa prenda gli ordini esclusivamente dal mondo della finanza, un mondo che non finisce mai di indignarci per la sfrontatezza del suo vivere ostentato senza ritegno alcuno. Fino a quando?
Rileggiamo il dossier inviato dall’immenso opificio del mondo e pubblicato sul quotidiano la Repubblica del 26 di agosto 2015 - “Ridateci i soldi caccia agli yuppies in strada a Shanghai. È la fine di un sogno” –, dossier a firma di Giampaolo Visetti: (…). A Shanghai e a Shenzhen ora è aperta la caccia a brokers, traders e funzionari di banca. Sparite, nel quartiere dei grattacieli eleganti di Pudong, auto sportive e borsette di lusso. Chiusi i ristoranti gourmet, spente le vetrine con gli orologi svizzeri. Lavorare in Borsa, fino a due mesi fa, in Cina era il simbolo del successo e proiettava nella “dolce vita all’occidentale”. Regola numero uno: esibire l’eccesso, mostrare a tutti di avercela fatta. (…). Nella capitale finanziaria gli investitori inferociti sfondano i portoni blindati che proteggevano i manager di quattro banche. «Ridateci i nostri soldi – grida la folla – dove li avete nascosti?». Immagini censurate dei media di Stato, che tacciono pure come banche, finanziarie e palazzi dei mercati, compresi quelli di Hong Kong, siano ora difesi dell’esercito. Per i cinesi accettare che in un giorno la “febbre gialla” dei listini bruci 5 mila miliardi di dollari, azzerando i guadagni da gennaio, è impossibile. «La ricchezza – scrivono i piccoli risparmiatori sulla facciata del secondo istituto di credito di Pechino – non può sparire: trovatela e restituitela al popolo». (…). …novanta milioni di neo-investitori capital-comunisti, ingrossati di 40 milioni in otto mesi, assistono in diretta smartphone all’evaporazione di guadagni e risparmi accumulati a colpi di debiti. Il partito-Stato rassicura, vieta di vendere per salvare almeno un centesimo del patrimonio perduto, e i compagni- giocatori cedono bottega, campagna e casa, impegnati per il miraggio di «diventare ricchi prima di diventare vecchi». (…). Per la prima volta (…) Pechino si scontra contro l’incensurabile, un sesto dell’umanità teme di poter perdere tutto, la leadership comunista vede lo spettro di un’inarrestabile “rivoluzione capitalista” e a Borse asiatiche chiuse, la banca centrale è costretta ad usare quella che un industriale del Guangdong definisce «l’ultima bomba atomica del soccorso di Stato». (…). Wang Jianlin, l’uomo più ricco della Cina, in poche ore vede sfumare 6,1 miliardi di dollari, primato mondiale, con il fondatore del gigante Wanda Group che si sveglia sotto i 30 miliardi di patrimonio. Per operai e casalinghe, contagiati e sterminati da quello che adesso la tivù di Stato definisce «virus del mercato», è l’unica consolazione: anche i nuovi “imperatori d’oro”, prima invidiati e ora odiati, in tre mesi hanno perso un quinto della ricchezza, 97 miliardi da venerdì, 14 solo ieri, un sesto dell’intero capitale. (…). Centinaia di milioni di cinesi, assieme al resto del mondo, si chiedono se i successori di Deng Xiaoping stiano «cavalcando la crisi», oppure se ne siano travolti, se «il nuovo Mao stia in sella o tra le zampe del cavallo». L’Occidente scopre di essere orfano del suo motore della crescita, ma milioni di cinesi si vedono rubare il sogno di archiviare per sempre fame, sacrifici e ciotola di riso. (…). Una gigantesca bolla di Stato gonfiata da milioni di micro-debiti privati fuori controllo, unita al fallimento fuori tempo massimo del modello made in China, rivela il potenziale per distruggere non solo il sostegno pubblico, ma anche l’illusione di rientro dell’irriducibile investitore privato.Tra i grattacieli-icona del trentennio d’oro gli ex rivoluzionari maoisti vanno così a caccia del trader alla Gordon Gekko, ma nel mirino cominciano a inquadrare proprio quello «Stato che li ha gettati in pasto al mercato» per sostituire l’ideologia con il profitto. Il Quotidiano del Popolo insinua il sospetto che «la crisi perfetta sia orchestrata dall’esterno per fermare l’ascesa della Cina e quella del suo leader». Insomma, il dito è puntato contro un Occidente «politicamente interessato a ridimensionare l’influenza di Pechino». Si riaffaccia la teoria dei soldi quale arma alternativa nelle guerre, l’Asia sino-centrica teme di perdere la sua occasione secolare e i cinesi, persi gli investimenti, intravedono non un’accelerazione delle promesse «nuove riforme di mercato», ma una «stretta del vecchio Stato di polizia». (…). Tirano più la crescita i traders o gli operai? Colletti bianchi e tacchi spillo questa sera a Pudong finiscono in cantina: ma le tute blu che assediano i «palazzi del grande furto dello Stato piegato al mercato» sanno bene che questo crack consegna proprio loro, per sempre, in un museo. Letto quel dossier di Giampaolo Visetti? Lo ricordavate? Lo avevate cancellato dalla memoria? O sparito quel fatto, venuto dall’opificio lontano del mondo e provvisoriamente salito all’onore delle nostre cronache quotidiane, il tutto vi è sembrato che avesse ripreso ad andare per il suo meglio? Non fidatevi.

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