"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 9 dicembre 2015

Oltrelenews. 74 “Business&Clima”.



Da “Il pianeta e il business della Green Economy” di Fabio Bogo, sul settimanale “Affari&Finanza” del 7 di dicembre 2015: (…). Inquinamento e effetto serra hanno un impatto socio-economico pesantissimo. Negli ultimi 30 anni, secondo la Banca mondiale, i disastri naturali hanno provocato 2,5 milioni di morti e provocato danni per 4 trilioni di dollari. Le perdite per il sistema economico nell'ultimo decennio - ha calcolato la Munich Re - sono ammontate a 200 miliardi di dollari l'anno. Enormi anche le conseguenze finanziarie. L'università di Cambridge ha stimato che da qui al 2020 il valore del capitale investito possa deprezzarsi del 45 per cento a causa di cambiamenti nella politica ambientale, novità tecnologiche ed eventi meteorologici; l'Economist Intelligence Unit prevede addirittura che i rendimenti medi annui dell'industria interessata da problemi legati al clima possano venire tagliati tra il 26 e il 138 per cento. Lo scenario, insomma, è catastrofico, e senza azioni concrete che contrastino la deriva ambientale il costo del cambiamento climatico in atto può essere equivalente ogni anno al 5% del Pil mondiale (la stima è di Stern Review). L'emergenza ambientale è anche emergenza economica. Ma proprio nell'economia l'ambiente può trovare un solido aiuto. Gli investimenti mondiali in una maggiore efficienza energetica negli anni recenti hanno oscillato tra i 130 e i 300 miliardi di dollari l'anno. Entro il 2035, stima la Iea, possono salire a 8-15 trilioni di dollari, con una media di 550 miliardi di dollari l'anno. Se vorrà raggiungere gli obiettivi prefissati la sola Cina dovrà fare investimenti per 2,7 trilioni di dollari entro il 2030. La transizione all'energia pulita in sostanza è un business, sul quale si sono già lanciate le corporation che hanno infatti aumentato esponenzialmente le emissioni di Green Bond. Sono otto i grandi settori di intervento: le auto, gli edifici, l'industria, l'internet delle cose, l'information technology (inclusi i cloud e i data center), l'illuminazione, l'immagazzinaggio di energia, e i trasporti aerei, su gomma e rotaia. Nel solo settore immobiliare, ad esempio, la spesa per migliorare l'efficienza energetica degli edifici residenziali può salire a 160 miliardi di dollari l'anno entro il 2035, e quella relativa a edifici pubblici e centri commerciali a 127 miliardi l'anno entro il 2023 (Iea e Navigant Reserarch). Ridurre l'uso di emissioni fermando le macchine industriali e usando i robot può far crescere il volume d'affari del settore a 153 miliardi di dollari entro il 2020, mentre rendere "verde" l'energia usata per i data center e risparmiare l'88 per cento di emissioni vale almeno 76 miliardi di dollari (Precourt Istitute di Stanford). Insomma pulire il pianeta è un business. E forse saranno gli affari, più che gli atolli in pericolo, a far cambiare il corso alle cose.

Da “Clima, così si distrugge il continente africano” di Richard S. Odingo - vice presidente  dell’”Intergovernmental Panel on Climate Change” -, a commento di un rapporto dell’Ipcc del 24 di settembre dell’anno 2007: In un Rapporto dell´Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) reso noto nel maggio 2007, il processo inarrestabile di mutamento climatico prodotto dall´uomo è stato confermato. Secondo tale Rapporto, il continente africano emerge come uno dei più vulnerabili alla variabilità e al mutamento climatico. Il documento mette in risalto il fatto che i principali settori economici dell´Africa sono vulnerabili all´attuale variabilità climatica, con conseguenze economiche enormi, e che questa vulnerabilità è accresciuta dalle attuali sfide ambientali globali che gravano sul continente, come la povertà endemica, governi senza risorse e istituzioni deboli, accesso limitato ai capitali e ai mercati, carenza di infrastrutture e tecnologia, degradazione degli ecosistemi, complesse calamità e conflitti. Le conseguenze del cambiamento climatico in Africa porteranno molti problemi alla maggior parte del continente. Per esempio è stato stimato dall´Ipcc che la produzione agricola e la garanzia del cibo in molte regioni africane sarà assai probabilmente compromessa in modo grave. Inoltre, è un dato di fatto che il mutamento peggiorerà la mancanza d´acqua che già oggi devono affrontare alcuni paesi africani, mentre altri che oggi non sono a rischio lo diventeranno rapidamente poiché il clima continua a cambiare. Inoltre, intere zone costiere saranno investite dal cambiamento climatico, con conseguenze disastrose per la pesca e il turismo. Il previsto innalzamento del livello del mare, benché al di sotto di un metro, farà aumentare la frequenza delle inondazioni, e quindi la già alta vulnerabilità fisica e socio-economica di città e insediamenti costieri dell´Africa. Infine, l´impatto del mutamento climatico sarà avvertito sul piano della salute umana, già compromessa da molti altri fattori. Per esempio, il cambiamento del clima porterà con sé un´alta incidenza di malaria in Africa meridionale e negli altipiani dell´Africa orientale. Altre malattie di cui si prevede l´aumento sono i colpi di calore, il colera e la meningite. Le inondazioni sono causa di epidemie di malaria e di febbre della Rift Valley nelle zone aride e semiaride. Si calcola che almeno 162 milioni di persone vivono in aree ad alto rischio di epidemie di meningite. Di tutti i settori economici africani, l'agricoltura è la più vulnerabile alla variabilità e al mutamento climatico, ma è anche il settore cruciale per il sostentamento di molti paesi africani e contribuisce in larga misura al loro Prodotto interno lordo. Nelle zone aride e semiaride del continente, la desertificazione è un pericolo sempre presente. In Africa occidentale la diminuzione delle precipitazioni fra gli anni settanta e novanta provocò uno spostamento di 25-35 Km delle fasce ecologiche del Sahel, del Sudan e della Guinea, con un impatto incalcolabile sulle popolazioni, che forse si avverte molto al di là dei confini africani. Il cambiamento climatico viene ora chiaramente chiamato in causa per la rapida scomparsa dei ghiacciai sui monti Kilimanjaro (Kenya) e Ruwenzori (Africa orientale). Le conseguenze attese sulle risorse idriche delle zone legate a questi ghiacciai non sono state ancora quantificate, ma si pensa non solo che saranno serie, ma anche di lungo periodo. Si calcola che nel 2000 il Kilimanjaro avesse perso già l´80 per cento della sua copertura nevosa, e che se le attuali condizioni permarranno i ghiacciai rimasti spariranno probabilmente tra il 2015 e il 2020. Anche la rapida crescita demografica delle popolazioni africane contribuisce a esasperare l´impatto del mutamento climatico. Tutto ciò conduce alla migrazione dalle aree che sono considerate insicure, perché associate alla siccità e alla carestia. La migrazione diretta verso l´Europa ha già dato vita a preoccupazione in merito ai gruppi di africani che cercano illegalmente di raggiungere il vecchio continente in cerca di cibo, rifugio e lavoro. Problemi come la migrazione sorgono perché è fallito il tentativo di adattarsi al proprio ambiente che cambia, sebbene la fuga possa essere considerata una legittima risposta di adattamento. Un aspetto dell´impatto del cambiamento climatico che sarà graduale ma alla fine catastrofico riguarda l´aumento globale del livello medio dei mari. Questo valore sta crescendo globalmente a un ritmo di 1,77 mm all'anno. Il fenomeno già sta colpendo le zone costiere in termini di erosione, ampliamento delle zone soggette a inondazioni, perdita di paludi costiere e di foreste di mangrovie. Il conseguente spostamento degli insediamenti umani produrrà problemi sempre maggiori, che diverranno molto più grandi nel giro di pochi anni. L´impatto dei cambiamenti climatici sugli oceani, i mari e i laghi provocherà gravi danni alla pesca e penalizzerà i rifornimenti alimentari. Lo sbiancamento del corallo danneggerà siti turistici ben frequentati come quelli che si trovano in varie zone costiere dell'Africa. In Africa l´impatto del cambiamento climatico sulla salute umana è già evidente nell´aumento dei casi di malaria di febbre della Rift Valley, di Dengue e di altre malattie collegate all´acqua. Non è impossibile immaginare alcune aree dell´Europa che oggi sono immuni dalla malaria venire colpite nuovamente da essa in pochi decenni. Il Rapporto indica che per alcuni fenomeni la migrazione forse sarà l´unica opzione di salvezza in molte regioni del mondo. Già in Europa meridionale si avvertono i segni della paura di una possibile ondata migratoria massiccia dall'Africa. Tuttavia, siamo ancora in tempo per affrontare il problema attraverso la mutua cooperazione tra Africa ed Europa.

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