"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 17 aprile 2013

Lamemoriadeigiornipassati. 5 “Del dispotismo democratico”.



Quirinale e governo del paese: i temi del giorno. Il bel paese ad una svolta? Lo si è detto anche in altre occasioni. Ma ricorrente ed invincibile è da sempre il trionfo del cosiddetto “status quo”, il cambiamento purché tutto rimanga come prima. Ed invece le necessità incombono. E la necessità prima è rappresentata da una “rottura” non più procrastinabile rispetto a pratiche che hanno come disossato il bel paese, ne hanno “scarnificato” il pensiero. Con tutto ciò che tali pratiche hanno comportato per la tenuta delle istituzioni, per l’etica ed il costume sociale e per la stessa pacifica convivenza dei cittadini. Scriveva il 17 di aprile dell’anno 2011 il filosofo Michele Ciliberto sul quotidiano l’Unità – “Dispotismo democratico” – usando quell’ossimoro: (…) …il potere, specie quello di tipo dispotico, non ha mai tollerato la dimensione ‘pubblica’, come spiegò a suo tempo Girolamo Savonarola nel suo Trattato sul governo di Firenze: “...el tiranno è pessimo quanto al governo, circa al quale principalmente attende a tre cose. Prima, che li sudditi non intendano cosa alcuna del governo, o pochissime e di poca importanza, perché non si cognoschino le sue malizie...”. Ecco: a questa denuncia del grande ferrarese occorre più che mai che oggi si diano risposte vere, senza sotterfugi. Ecco perché non hanno senso “larghe intese” o quant’altro possa afferire a quel “dispotismo democratico” del Ciliberto che sotto traccia ha segnato la vita politica e sociale del bel paese da un ventennio e passa. Oggigiorno abbisogna un cambiamento, reale, nella prassi e nella sostanza. E tutto ciò che andasse contro questa esigenza, espressa anche dalle urne delle politiche di febbraio, andrebbe pericolosamente a rafforzare quel “dispotismo democratico” che affossa presente e futuro del bel paese. Continua Michele Ciliberto: Ad ogni forma di dispotismo il controllo pubblico è strutturalmente estraneo; anzi, gli è antitetico. Il dispotismo può essere combattuto, e anche sconfitto; ma non addomesticato. Specificando i tratti propri del tiranno, Savonarola ne individuava anche un altro, che può essere utile citare, per comprendere qualche tratto del governo dispotico attualmente al potere in Italia: “si trova rare volte, o non forse mai, tiranno che non sia lussurioso e dedito alla delettazione della carne”. Come si vede, alcuni comportamenti (…) erano stati già illustrati alcuni secoli fa, come pure era stato messo a fuoco, sempre da Savonarola nel Trattato, il rapporto del tiranno con la legge. Come diviene possibile stringere accordi con un “dispotismo” che ha lasciato un segno profondo nel corpo vivo del paese, minandone le istituzioni, corrompendone lo spirito sino alle più sottili delle sue fibrille? Oggi si gareggia per l’alto Colle ma lo sguardo è puntato oltre, altrove, per quello che dovrà essere il governo del bel paese. Non esistono scambi che possano giustificare pratiche oramai invise alla maggioranza dei cittadini. A quella data – 17 di aprile dell’anno 2011 - Michele Ciliberto aggiungeva nella Sua riflessione: Dal punto di vista del potere dispotico, la lotta con il potere giudiziario è una questione di vita o di morte; né può essere conclusa da qualche forma di tregua o di compromesso. Stupisce leggere ogni tanto commenti politici nei quali si depreca questa situazione, auspicando una sorta di tregua, se non di pacificazione. È un auspicio giusto e comprensibile. Chi non vorrebbe che si uscisse da questa guerra quotidiana tra potere esecutivo e magistratura? Ma illudersi su questo significa non aver compreso la situazione attuale dell’Italia, la conformazione dispotica che ha assunto il nostro tempo storico. Il ‘dispotismo democratico’ è fondato sul rifiuto della moderna distinzione dei poteri. Quello che distingue il moderno ‘dispotismo democratico’ dalle forme tradizionali di dispotismo è la diffusione a livello di ‘senso comune’, quotidiana e ordinaria di questo modo di pensare. Il capo del moderno ‘dispotismo democratico’ usa la legge in chiave privatistica, capovolgendo, in altre parole, il significato stesso della legge e sostituendo ad essa il proprio arbitrio; ma ha avuto, e continua in parte ad avere, il consenso di una larga parte del paese. Da qui la sua novità. A ben due anni da quello scritto le vicende politiche inducono ad una assunzione di responsabilità che, se tradita o disattesa, potrebbe condurre il bel paese verso scenari ancora più difficili se non tragici. Aggiunge quasi in chiusura Michele Ciliberto: Non è necessario citare Kelsen o Bobbio (…); è sufficiente pensare alla storia del ‘900 e alle forme dispotiche – anche di tipo democratico – che lo hanno connotato: per quanto diverse esse fossero, sono state tutte costruite sul primato del ‘popolo’ – cioè della sostanza – contro la ‘forma’ – cioè la legge. (…). È questo il frutto più avvelenato del moderno ‘dispotismo democratico’. Esso inquina l’ethos del paese, le ragioni sostanziali per cui un insieme di uomini diventa una comunità di cittadini, una repubblica, uno Stato, trasformando in un fatto quotidiano la distruzione della certezza del diritto e della legge. In questo senso, per ricostituire in Italia la vita democratica non bisogna ricorrere né ai carabinieri, né alla polizia; la prima cosa da fare è ristabilire, contro la ‘sostanza’, il primato della ‘forma’, su tutti i piani, a cominciare dalla vita quotidiana. È con la realtà forse dimenticata – ma non superata - di quei giorni, così come la delineava magistralmente Michele Ciliberto quel 17 di aprile dell’anno 2011, che il bel paese deve fare assolutamente i conti: senza sconto alcuno, senza assoluzioni che sappiano di “è cosa passata”, poiché il “dispotismo democratico” penso sia la forma peggiore del cosiddetto “dispotismo” – assoluto, senza aggettivazione – che il bel paese abbia forse inconsapevolmente vissuto, sottovalutandolo, ignorandolo, ma pagandone oggigiorno un costo altissimo.

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