Onore e merito alla RAI ed al suo servizio reso finalmente
“pubblico”.
Ieri, sul canale RAI 5, è passato il film “L’uomo
che verrà” del regista Giorgio Diritti. È un film che l’industria
cinematografica, assassina e non più culturale, ha lasciato nell’ombra, anzi
nella oscurità più assoluta. Non penso sia passato per le sale del bel paese.
Io l’ho conosciuto a seguito della scoperta di un altro gioiello di Giorgio
Diritti che è il film “Il vento fa il
suo giro”. Un film bucolico quest’ultimo, una bella e tragica storia
ecologica vissuta in un inesplorato mondo delle Alpi occitane. Il film passato
ieri su RAI 5 è tutt’altra cosa. È la storia di un inverno tra i più terribili,
il 1943. È la storia della piccola Martina, 8 anni, che vive in una povera
famiglia di contadini alle pendici di Monte Sole. La morte di un fratellino, a
pochi giorni dalla nascita, l’ha rinchiusa in un suo mondo fatto di silenzio
assoluto. Martina non parla. Quando la mamma rimane incinta Martina vive
nell'attesa del fratellino che verrà. La guerra infuria non risparmiando nulla,
uomini e cose e rendendo la vita sempre più difficile alle famiglie di
quell’angolo martoriato del bel paese, strette fra le brigate partigiane ed i
ferocissimi nazi-fascisti. Nella notte tra il 28 e il 29 di settembre 1944 nasce
il bambino tanto atteso, in uno scenario terrificante di distruzione e dolore.
Infatti, proprio in quei giorni, le colonne delle SS scatenano nella zona un
rastrellamento senza precedenti. Il 29 di settembre dell’anno 1944 le SS
trucidarono 770 persone tra bambini, donne e anziani in quella che la dolorosa
Storia di quegli anni ricorda come ‘la strage di Marzabotto’. Il massacro toccò
anche l’area di Monte Sole. Il film si chiude con una scena struggente, indimenticabile:
rimasta sola a seguito del massacro della intera sua famiglia, Martina riesce a
salvare il piccolo fratellino per il quale intona una ninna-nanna riprendendo
così a parlare dopo il traumatico, lunghissimo silenzio. Un film straordinario
che ha come protagoniste Maya Sansa – la madre -, Alba Rohrwacher - la
zia - e Claudio
Casadio il papà di Martina. Perché vi ho parlato di questo
straordinario film? Poiché è inimmaginabile quante altre “Martina” siano vissute
negli atroci anni della guerra di Liberazione. Non se ne ha memoria. Liliana, Gli ex bambini salvati per caso” dei quali Simonetta Fiori – su la
Repubblica del 21 di aprile – ci ha parlato in occasione della pubblicazione
del volume “Io ho visto” di Pier
Vittorio Buffa – Nutrimenti editore, pagg. 365, € 19.50 -, ed in occasione dell’attivazione
del sito www.iohovisto.it Dovere della Memoria. Scrive Simonetta Fiori: Alessandro
è uno dei ragazzini sopravvissuti a una guerra dimenticata, la “terza guerra”
dei nazifascisti contro i civili italiani tra il ’43 e il ’45. Quindicimila
vittime. Dopo un lunghissimo silenzio i loro famigliari hanno deciso di
raccontare. Trame che hanno il passo dell’epica, da leggersi con la cautela
dovuta quando si attraversano intimità sconvolgenti. Racconti preziosi per
restituire un capitolo di storia altrimenti minacciato dall’amnesia collettiva.
(…).
Ogni testimonianza è infelice a modo suo, ma quasi sempre c’è un motivo che
ricorre. La scarica della mitragliatrice e l’eco tagliente delle gutturali.
L’odore amaro della polvere da sparo e quello dolciastro del sangue. L’istinto
insopprimibile di fuga, raggelato dalla vista del fuggiasco tramortito dalle
pallottole. Il corpo materno che fa da scudo, e cadendo sul figlio ne
garantisce la salvezza sotto il mucchio dei cadaveri. E quei “racconti
preziosi”, brevi, brevissimi, quasi un lampo, sono proposti di seguito
come “dovere”
insopprimibile della Memoria.
Liliana Del Monte, undici anni il 24 di giugno
1944. “Abbasso le coperte. Ci sono le fiamme. Ma verso la finestra no, dal
letto alla finestra c’è come un corridoio senza fuoco. D’istinto, perché non
penso di aver riflettuto prima di muovermi, scendo dal letto e raggiungo la
finestra… la mamma e i nonni sono morti. Ho visto i loro corpi. Sulle lenzuola
c’era solo sangue e i nonni non si muovevano più. La mamma era per terra,
contro il muro, insanguinata, immobile”. Bettola, Reggio Emilia, 24
giugno 1944. 32 morti. Tra questi la mamma, il nonno, la nonna.
Grazie Ettore, di queste memorie. Mi pare che il
RispondiElimina25 aprile oggi sia stato quasi dimenticato. Un saluto Franca.