La Memoria*. “Ora e sempre Resistenza”, “ode” di Giovanni Torres La Torre, pittore, scrittore e poeta, scritta in
memoria di Irma Bandiera nata a Bologna l’8 di aprile dell’anno 1915 ed
assassinata a Bologna il 14 di agosto dell’anno 1944, partigiana e Medaglia
d'oro – alla memoria - al valor militare. Di famiglia borghese e benestante,
sentì fortissimo il richiamo della Libertà divenendo staffetta partigiana nella
VII brigata GAP di Bologna col nome di battaglia di “Mimma”. Catturata dai
fascisti dopo un trasporto di armi alla base di Castelmaggiore, venne torturata
e fucilata al Meloncello di Bologna. Il suo corpo fu esposto sulla strada
adiacente alla sua casa per un intero giorno. In suo ricordo una formazione di
partigiani operanti a Bologna prese il nome di “Prima Brigata Garibaldi Irma
Bandiera". Affermò Piero Calamandrei a Milano il 26 di gennaio dell’anno
1955, in
un Suo discorso indirizzato ai giovani sulla Costituzione nata col sacrificio,
anche della propria vita, nella Resistenza: “Se voi volete andare in
pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle
montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei
campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la
libertà e la dignità della nazione, andate là, o giovani, col pensiero, perché
là è nata la nostra Costituzione”. Il “dovere costituzionale” della
Memoria.
Sul nome della tua pietra
tornano palpiti di canti
bella fanfara
di quando da valle a valle
scendeva allegrando l’alba
nella festa che si annunciava.
Nel ricordo, così, l’anima si consola
di luce che riconforta
per quella canzonetta novella.
Non c’è scampo, però, al disincanto degli anni
le speranze da te amate
non hanno assunto il comando
e la vita non è quella che volevi
pace libertà lavoro
fontana piena che d’allegria spande
ma gioco di coltelli
orizzonti di cimiteri,
stupri di pace e di guerra
vetro nel seno e boschi riarsi
serpe nel cervello e sorgenti avvelenate.
Chi tornerà a salutarti
per amore che ancora stringe
e i figli dei nostri figli
smarriti nel mondo per un pezzo di pane
per farti coraggio diranno che
verrà un giorno la volta buona
ma noi non potremo vederla.
Un morso lacera ancora il tuo scialle
Piegato nel riposo più eterno e fondo
mentre nelle lontananze
geme un silenzio che si rintana.
Inquieta, a piedi nudi
si avventura una luna di cera
e nelle ombre delle porte
bussa cercando riparo.
Sul petto dell’amoroso nome fioriscono le belle parole
“ora e sempre Resistenza”.
*Per cortese, amichevole
concessione dell’Autore.
Per una Memoria condivisa. Da “Il
senso di Arturo per la Liberazione”, del poeta, scrittore e musicista
Andrea Satta, sul quotidiano l’Unità del 24 di aprile dell’anno 2011, poiché la
Liberazione è stata fatta per tutti e la Costituzione che ne è derivata non è
stata scritta dai “bolscevici”.
Arturo portava “er tranve” a
Roma. «…so’ der ’36 e so’ entrato all’Atac nel ’63 ». (…). «…ho portato er 5
che annava alla Garbatella, er 10 su pe’ er Policlinico, er 7, er 13, er 15 che
me ricordo partiva da Piazza Lodi». (…). Da qui, (…), cominciava la campagna. (…).
«Dopo la mietitura s’annava a fa la spiga, a quii tempi se magnevamo pure le
radici …». Arturo era ancora piccolo, alla fine della guerra, ma la storia se
la ricorda bene. Si narra di uno zio fascista, che però pare fosse umano, di un
certo Bragoni, altro fascistone del quartiere (uno smargiasso che abusava del
suo potere) e del Guercio che invece era tanto comunista. Il Bragoni, proprio
il Guercio continuamente provocava e minacciava. Per umiliarlo di più, ogni
tanto, a capriccio, lo offendeva andando a prendere uno dei due nanetti che
abitavano a via Giovanni Brancaleone, due fratelli piccoli piccoli, che quella
banda di balordi si trascinava dietro. «Uno, me ricordo ancora, che se chiamava
Arturo, proprio come me. In quattro teneveno fermo Er Guercio, spalle ar
tavolo. E giù schiaffoni dal nanetto, issato in piedi sulla sedia». Alla fine,
esasperato, il Guercio arrivò fino alla sezione del Fascio a raccontare tutto e
lì, incontrò lo Zio Michele, che lo comprese, intervenne, lo difese e la storia
finì. Nacque una inconfessabile stima fra il Guercio e lo Zio. Dopo la
liberazione, le carte si rovesciarono. Un pomeriggio, certi tipi armati,
vennero a cercare Zio Michele: era la resa dei conti. Partigiani? No, forse
solo gente che si faceva largo per aver ragione con mezzi spicci… Proprio
davanti alla trattoria del Guercio c’era un gran numero di persone, tutte prese
dall’odio e armate di fucile: «Al fascista! Al fascista! - si urlava - Questo
lo fuciliamo!», gridò altissimo uno indicando lo Zio Michele. Il Guercio uscì
dalla trattoria, richiamato dal fracasso e ottenuto il silenzio, fiero, disse:
«Non v’azzardate a toccare quest’uomo, non sapete neanche che cosa ha fatto per
me!». Così, Zio Michele, un fascista, salvò la pelle grazie al Guercio, un
comunista. Grazie Arturo per la storia e per il vino. Buona Festa della
Liberazione!
Ricevo da Sabatino Nicola Ventura - Coordinatore di “Area Questione Meridionale” del Partito Democratico di Catanzaro - e posto:
RispondiEliminaIl 25 aprile 1945 è un giorno molto importante della storia d’Italia: è il giorno simbolo della vittoria sul fascismo e della liberazione dalle truppe tedesche. È una data sacra. Dal ’45 a oggi è una ricorrenza che coinvolge tutti noi non solo per il valore storico, ma per il significato profondo che ha assunto quale momento di avvio della libertà e della democrazia. Quest’anno assume valore particolare. Infatti, cade in un momento difficile delle istituzioni democratiche, tanto che si pongono domande anche drammatiche: dove va l’Italia? Che cosa sarà della nostra democrazia? Si potrà riavere, finalmente, dopo tanti anni, un’alta qualità della politica? Chi governerà le istituzioni avrà la capacità di avviare una stagione nuova e positiva, soprattutto per la vita dei giovani? I grandi valori di solidarietà, libertà, democrazia, laicità e di certezza di cittadinanza per tutti, sanciti in forma solenne dalla costituzione repubblicana, saranno riaffermati e rinvigoriti attraverso scelte nuove e di progresso? Sono le domande che dovranno trovare necessariamente risposte affermative, attraverso un rinnovato impegno e uno spirito nuovo di unità nazionale. Agli italiani, ora, bisogna chiedere un’attenzione e un lavoro di riappropriazione delle istituzioni democratiche. Il Parlamento dovrà ritornare a essere il luogo più alto della sintesi politica e civica. Quello, e non altri, dovranno continuare a essere il luogo del confronto, dello scontro politico e delle decisioni. I parlamentari dovranno recuperare l’onore e la qualità che da loro, giustamente, si pretende. Loro devono ridare dignità e autorevolezza alle istituzioni democratiche. Facciamo di questo 25 aprile il giorno della ripartenza dell’Italia democratica, ora che ci si appresta a varare un governo straordinario e, pertanto, per come penso, dovrà esserlo nelle decisioni e limitato nel tempo. Dovrà riassettare il sistema democratico, ma nella difesa della Costituzione. (…). Un grande Paese, qual è l’Italia, dovrà ridare grande dignità alle sue istituzioni. (…). I partiti, nuovi, rinnovati, modificati e quant’altro, dovranno ritornare a essere palestre d’idee, di programmi, di acculturamento e di attività fra e con i cittadini; dovrà essere una componente fondamentale della democrazia italiana. I giovani dovranno essere ascoltati e resi protagonisti del loro avvenire. Una simbiosi mutualistica si dovrà realizzare fra le diverse generazioni, per il bene dell’Italia. In nome del 25 aprile e per onorare i tanti, soprattutto giovani (ragazzi e ragazze) che, nella lotta di liberazione, hanno sacrificato la vita per offrire a noi la possibilità di vivere in una società più giusta, è necessario e urgente ritornare a un forte impegno politico, sociale e culturale per ricostruire il nostro Paese. Oggi deve ripartire una nuova lotta di liberazione.
Ricevo dall'amico dott. Ennio Nicotera - il "compagno Ennio" - e posto:
RispondiEliminaCaro Aldo stamattina 25 aprile eravamo a Piazza Maggiore (la piazza Grande di Dalla) a testimoniare la gratitudine a quanti con il loro sacrificio ci han restituiti alla libertà. La cerimonia particolarmente toccante, è stata conclusa da un discorso di Simona Lembi, presidente del consiglio comunale di Bologna, che ha sopratutto ricordato il contributo ed il sacrificio delle donne bolognesi ed emiliane alla lotta di liberazione. È stato un discorso bello. Tra le donne ricordate,128 le cadute della provincia di Bologna, c'è stata Irma Bandiera. I compagni e le compagne dell'ANPI vendevano una serie di opuscoletti sulla lotta Partigiana a Bologna e provincia. Anna Maria ne ha presi tre titolati “Irma e le altre”, uno per tenerlo gli altri per farne omaggio non ho ben capito a chi. A Bologna, a villa Spada han ricordato Irma e le altre a modo loro. C'è una lunga scalinata, a gradini larghi ed un muro che la costeggia; sul muro sono rappresentate con scritti e figure le 128 donne cadute nella lotta di liberazione. Un luogo bello e suggestivo. Vicino a villa Spada c'e anche via Irma Bandiera con una lapide che la ricorda. Un caro saluto dal vecchio compagno riformista