Perché, come ha scritto Marco
Travaglio – in “Amedeo Nazzari è morto”,
su “il Fatto Quotidiano” del 18 di aprile – “a un uomo libero come Rodotà non
basta neppure aver fatto quattro volte il deputato nella sinistra e il presidente
Pds per piacere al Pd”.? Ed argutamente specifica: “O
meglio, alle care salme che ne sequestrano i vertici, senz’alcun rapporto con
gli elettori (che invece Rodotà lo voterebbero al volo, e cantando per la
gioia). Tanto che, insinua: “Basti pensare che non vogliono neppure
Prodi, che ha il grave torto di aver battuto due volte B., mentre gli altri
hanno perso tutte le elezioni, infatti sono ancora lì”. A questo stato
comatoso è ridotta la cosiddetta “sinistra” del bel paese. È che i capi di quella
“sinistra” che hanno impersonato magnificamente e maldestramente l’”antipolitica”
che è al potere non solo non riconoscono più il proprio “popolo”, attraverso il
quale ricevono il consenso, ma non conoscono neppure i rappresentanti eletti che
siedono loro accanto all’interno del Palazzo. La cecità è totale. In verità era
nel novero delle cose. La “casta” al potere non ha più
sintonia alcuna con la gente e, per dirla con il filosofo Michele Ciliberto
(nel post “Del dispotismo democratico”
del 17 di aprile su questo blog), essa si è assuefatta al potere a tal punto
che come in “ogni forma di dispotismo il
controllo pubblico (le) è
strutturalmente estraneo; anzi, (le) è antitetico. Solo una
presunta superiorità del proprio ruolo d’interpreti della realtà, una vacua
supponenza, un’immarcescibile – anche nelle condizioni più avverse - opinione
di sé stessi, una cieca, sfrontata albagia, hanno potuto portare allo sfascio un
partito, un gruppo dirigente ed una malaccorta strategia. Viene da pensare che
la strategia perseguita fosse proprio quella delle “larghe intese”, andando al
braccio di quel leader che solamente i mercati sono riusciti a mandare a casa. Era
stata chiarissima Barbara Spinelli nel Suo editoriale dell’altro giorno, “Il coraggio della solitudine” sul
quotidiano la Repubblica, laddove scriveva che la cosiddetta “sinistra” del bel
paese “non può che scegliere un Presidente che nell'ultimo ventennio abbia
avversato l'anomalia berlusconiana, e pensato più di altri l'intreccio fra
crisi economica, crisi della democrazia, crisi della legalità, crisi
dell'informazione, crisi dell'Europa. (…). Non può che votare uno dei tre nomi
politicamente forti emersi dal dibattito nel Movimento 5 Stelle: Stefano
Rodotà, o Romano Prodi, o Gustavo Zagrebelsky”. È che Barbara Spinelli
si è dimostrata più in sintonia con il popolo della “sinistra” di tutti quei soloni
che occupano i posti di comando sulla tolda della nave e che, come un
qualsivoglia capitano “Schettino”, manderanno il paese alla rovina. Ciechi e
sordi anche quando, molto disinteressatamente, l’opinionista Alexander Stille consigliava
di procedere facendo - “Quattro consigli
al leader democratico”, sul quotidiano la Repubblica del 17 di aprile - “il
contrario di quello che vuole Berlusconi. (…). Vent’anni di esperienza hanno
dimostrato molto chiaramente che un governo con Berlusconi, per definizione,
non andrà da nessuna parte. Un governo di larghe intese non è un governo tra
destra e sinistra, ma un governo con Berlusconi. Il centro-destra non esiste:
esiste solo il suo padrone. Un governo con Berlusconi è per forza di cose un
governo di non-cambiamento e di non-riforme, perché un monopolista che ha paura
di finire in prigione non può e non vuole un paese dove la classe politica ceda
il potere ai cittadini, un paese più competitivo dove oligarchie e clientele
vengano sostituite con opportunità per gruppi nuovi”. Queste ore
consegnano al popolo della “sinistra” quelle amare risposte che ingenuamente si
sperava di non ricevere, anche perché, in fondo, quel popolo si è mostrato
tentennante, colpevolmente riluttante, a formulare le domande giuste a quegli
sprovveduti strateghi. Tenta di delineare una risposta a quell’iniziale “perché”
Marco Travaglio nel Suo editoriale di oggi - “Perché”, su “il Fatto Quotidiano”: Se la memoria degl’italiani non
fosse quella dei pesci rossi, che dura al massimo tre mesi, i contestatori in
piazza o nel web contro Marini e chi l’ha scelto ricorderebbero che sono
vent’anni che manifestiamo per la stessa cosa. Dal popolo dei fax ai girotondi,
dal Palavobis al popolo viola, da 5Stelle alle altre emersioni del fenomeno
carsico che Ginsborg chiama “ceto medio riflessivo”, l’obiettivo è sempre il
compromesso al ribasso destra-sinistra contro la Costituzione, la legalità, la
magistratura indipendente e la libera informazione. È ora di cambiare slogan e
prendere atto della realtà: urlare “Perché lo fate?” o “Non fatelo!” è troppo
ingenuo per bastare. Perché l’hanno sempre fatto e sempre lo faranno. E non
perché si sbaglino ogni volta. Non si può sbagliare sempre, ininterrottamente,
per vent’anni. È paurosa la sensazione di disorientamento di queste ore.
Si scopre però una certezza: il popolo della “sinistra” è guidato da strateghi
resi ciechi dalla supponenza del potere, dall’alterigia propria di creature
inadeguate a condurre oltre il guado un paese in affanno ed immiserito.
Ciao, Ettore. Da ieri sto cercando di far firmare l' appello per Rodotà PredidentedR. Ma che è successo al PD? Lascio un saluto.Franca.
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