"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 9 settembre 2017

Quodlibet. 16 “Il tramonto del padre”.



Da “Dalla fede alla politica il tramonto del padre” di Zygmunt Bauman  pubblicato sul quotidiano la Repubblica del 9 di settembre dell’anno 2016: (…). Molti anni fa Italo Calvino, proprio sui giornali, aveva parlato di una specie di centro “strano”, affermando che: «La società moderna tende verso un complicato set-up, che gravita verso un centro vuoto, ed è in questo spazio, che si rivela vuoto, che tutti i poteri e valori si riuniscono». Questo processo potrebbe aver dato il via, per ricordare ancora Calvino, a una potente teoria di forza centripeta del vortice di contemporaneità, ad un centro schizzato dai “cadaveri” dei tanti che aspiravano in passato a stabilirsi in un presunto centro che in realtà si è scoperto poi vuoto. (…). …l’aspetto più interessante, in questo scritto, è quello che riguarda una figura tradizionalmente vincente e, da qualche tempo, tragicamente perdente: il Dio Padre, il Padre, la Patria.  (…). Il cadavere che ha attirato l’attenzione di Lacan era il Padre; per Nietzsche era il Padre di tutti i padri: Dio; per molti altri, la Patria, un’altra tipologia di padre. Dio, il Padre, la Patria sono i nomi diversi dati a una totalità più grande della somma delle sue parti (individuali): basti pensare ad esempi molto importanti come il Leviatano di Hobbes. Invece la figura del Sovrano di Schmitt ha dimostrato di avere caratteristiche particolari. In Political Theology, il filosofo definisce la figura del “sovrano” (altra variante del padre) non tanto per la sua prerogativa di legiferare, ma per la sua irresponsabilità, a volte, nella violazione della legge, un motivo (quasi come un curioso paradosso) giustifica l’atto del fare le leggi e poi di infrangerle; un atto, pur sempre decisionale, esclusivamente basato sulla volontà del sovrano, anche se in negativo; in ultima istanza, il sovrano è colui che non deve rendere ai soggetti del suo governo né scuse e nemmeno spiegazioni delle sue mosse. È colui che ha in assoluto la libertà decisionale che tutti noi – i suoi soggetti, dipendenti dai suoi voleri e dalle sue scelte – dobbiamo tenere in conto, anche quando si basano sulla violazione della legge. Paradossalmente, però, il “timore e tremore” generato, come direbbe Kierkegaard, dal confronto con una tale potenza assoluta, prepotente e insopportabile, imperscrutabile e incalcolabile, sembra essere un artificio culturale ingegnoso ed efficace, in grado di rendere sopportabile – anzi, addirittura vivibile – una vita vissuta di fronte al destino ostinatamente impenetrabile. Invece di esacerbare il confronto con il potere, attenua il terrore, altrimenti incurabile, dell’ignoto. Dio, Padre, Re vede ulteriormente e sente più di me. Non solo egli sa che cosa il futuro ha in serbo, ma lo rende flessibile. Egli è onnisciente e onnipotente; se lui desiste dal fare quello che ho a cuore, deve essere perché sa, mentre io, con la mia ragione, non so e non sarei in grado di capire davvero se sapessi. Tendo a individuare il 1755 come l’anno in cui il mandato per lo sgombero di Dio dal centro dell’universo ha cominciato ad essere redatto – anche se, piuttosto che parlare di sfratto di Dio, sarebbe meglio parlare di abbandono del centro, abbandono del dovere o fuga di un inquilino insolvente. Nel 1755 accadde un triplo disastro. Terremoti, incendi e inondazioni in rapida successione toccarono Lisbona, a quel tempo generalmente considerata come uno dei principali centri del potere europeo, grazie alla sua ricchezza, ma anche per la sua cultura. Lisbona fu distrutta, ma i colpi della distruzione cadevano a caso; come Voltaire era pronto ad osservare: «sia l’innocente che il colpevole subiscono questo male inevitabile». Il verdetto di Voltaire era cristallino: il soggiorno di Dio al centro dell’universo non era riuscito a superare la prova della Ragione e della Morale impostate dagli esseri umani. Ora toccava agli uomini la nuova gestione. Lo sfratto era avvenuto. Attraverso i due secoli successivi abbiamo imparato comunque, e nel modo più duro, che i “manager umani” sono capaci di fare molto caos, con razionalità e senso morale; così come abbiamo imparato la resistenza del Grande Ignoto nel fare un passo indietro, e la fermezza di vincoli che ostacolano i “manager umani”, i quali comunque sono ben al di sotto nel raggiungere l’onniscienza, per non parlare dell’onnipotenza. Ad esempio, lo Stato e il mercato, le due agenzie che la Ragione e la Morale hanno elaborato in consultazione reciproca, anche se non necessariamente in pieno accordo delle due agenzie, gestiscono parte dell’universo ma sono fallite e continuano a fallire, lasciando frustrate le aspettative degli uomini.

venerdì 8 settembre 2017

Paginatre. 95 “8 di settembre: anniversario crudele negli annali d'Italia”.



Da “I giorni della resa (e del riflusso)” di Franco Cordero, pubblicato sul quotidiano la Repubblica dell’11 di settembre dell’anno 2014: 8 settembre è anniversario crudele negli annali d'Italia. L'estate calda non finiva mai. Dopo vent'anni, otto mesi, 25 giorni, nella notte del 25 1uglio 1943, domenica, l'era delle false aquile svanisce come l'ombra d'una lanterna magica: le cronache annoverano un solo suicida; spariscono insegne e divise. Mussolini in asilo segreto. Governa l'Italia diroccata Badoglio, famoso sornione. Truppe in servizio d'ordine pubblico sparano sui manifestanti antifascisti. Nella cuneese piazza Torino muore un bambino. Tra i pochi superstiti portava a casa una pleurite, ferita e medaglia d'argento, disgusto delle retrovie corrotte, tanto acuto da farsi rispedire in prima linea sul Don. Poi l'inferno bianco, nella steppa dal 30 gennaio al 10 febbraio. Ancora sofferente, cova pensieri tristi. Ha sbattuto la porta, uscendo dalla Casa del Fascio dove un funzionario elefantiaco raccomandava versioni eufemistiche, ma la conversione resta imperfetta: lunedì 26 luglio ascolta perplesso l'avvocato Galimberti che dal balcone chiede guerra contro Hitler; nella baraonda conta i trasformisti; «è fascista», grida un omuncolo rissoso, sfollato da Genova. Dall'autunno 1942 prestava servizio nel II Alpini un sottotenente senior, classe 1914, antifascista organico: Leonardo Dunchi, scultore, viene dalle Alpi Apuane, anarchico, incline all'azione contro il mondo perverso; compatisce i sofferenti. Le sue Memorie partigiane filano discorso scabro e vivo, dialoghi, descrizioni d'una natura poeticamente percepita. Lunedì 6 settembre, nell'«ombra azzurrognola dello studio», tra codici voluminosi e «generali dipinti», riceve direttive da Galimberti, col quale aveva intese: manca poco all'armistizio; consta da fonte sicura; sarà guerra per bande dalle valli; se ne formeranno a Madonna del Colletto e in Val Grana; il suo posto è sulla Bisalta. Mercoledì 6 guardava le rondini verso sera quando suona la ritirata: Badoglio parla alla radio stando nel vago; in caserma colonnelli non pensanti dicono d'aspettare ordini. Nella notte sferragliano autocarri. Era il preludio d'un riflusso caotico. La IV Armata irrompe dalla Francia disseminando vetture, cavalli, muli, armi, farina, formaggio in ruote, roba variopinta: basta chinarsi e raccogliere, materia da grassa borsa nera; fioriscono mercati mai visti. I fuggitivi cercano abiti borghesi. Comandava il II Alpini un colonnello maniaco dei fiori. Li visita ogni mattina, salutato dal picchetto con tromba.

giovedì 7 settembre 2017

Sfogliature. 83 “Un potere su basi emotive è molto pericoloso”.




Il 30 di marzo dell’anno 2010 postavo la “sfogliatura” di oggi. Sette anni e mezzo per ritrovarsi nell’incombente turno elettorale siciliano – indicato quale fucina delle politiche del prossimo futuro da estendersi al resto del bel paese – con quell’uomo venuto da Arcore a determinare ancor oggi le sorti politiche italiote. Sette anni e mezzo che sembra siano stati spesi giusto per ritrovarsi al cosiddetto punto di partenza. Un bel progresso, non c’è che dire. Scriveva a quel tempo Paolo Villaggio sul quotidiano l’Unitàin “Le foto dei politici” -: “La nostra felicità di cittadini onesti è corrosa da una maledetta malattia che ci sta divorando lentamente: la corruzione della casta politica. Ve l’ho già detto altre volte il politico è un animale mediocre privo di talento. Non sa fare lo scrittore, l’avvocato, il pittore, l’ingegnere, mi verrebbe da dire quasi che sa solo fare il porta borse, il leccaculi, di un ladro e poi si laurea vice ladro e poi diventa ladro patentato. È un uomo con un animo piccolo ingeneroso e quando mette le mani sul potere cerca di non mollarlo più. Allora cerca mezzucci illeciti si allea con la malavita usando il voto di scambio per aumentare i numeri dei consensi che gli daranno la possibilità di arraffare impunemente. Ed eccoli i cartelli con le loro facce sorridenti: sotto c’è scritto «fidati ti puoi fidare io sono onesto» ma con quello che si vede e si legge è roba da brividi”. Quanto è cambiato il clima politico da allora? E perché non si è imposta una maggiore e più sana rettitudine della politica? Al tempo di questa “sfogliatura” si tennero consultazioni regionali. Ne scrivevo così: