"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 8 aprile 2014

Cosecosì. 75 “Gli sfruttati di Marx ed i poveri di Gesù”.




Ha scritto Corrado Augias sul quotidiano la Repubblica di oggi martedì 8 di aprile, in risposta ad un lettore di quel quotidiano – “Perché gli sfruttati di Marx non sono i poveri di Gesù” -: (…). …cristianesimo e marxismo sono gli unici due grandi movimenti ad aver messo i poveri al centro della loro dottrina. C’è anche nel marxismo un certo messianismo che non stupisce essendo anche Marx un ebreo. Le analogie però, a mio parere, finiscono qui diversi essendo metodo e finalità di questa presa di coscienza. Marx ragionava in termini di classi sociali, più che ai poveri pensava agli “sfruttati” cioè ai produttori che venivano depredati di una parte del loro lavoro dal sistema capitalistico. È il famoso “plusvalore”, ovvero la differenza tra il valore del prodotto del lavoro e la remunerazione sufficiente al mantenimento della forza-lavoro. Degli individui a Marx importava poco (?), la sua finalità era che le masse, presa coscienza del loro sfruttamento, si ribellassero facendosi levatrici di storia. L’esatto contrario per Gesù che pensava soprattutto ai singoli. È a questo punto che il discorso dell’illustre Autore mi si fa contorto.

sabato 5 aprile 2014

Storiedallitalia. 45 Ce ne faremo una ragione. Ma quando?



“Ce ne faremo una ragione”. È il mantra di questi giorni. Irriverente. Come tutte le cosiddette “battute” di un qualsivoglia “bagaglino”. Il peggio del peggiore degli avanspettacoli. Ma detto nei fatti della politica. Incontra incontrastato successo. È accaduto in tante altre occasioni. È la formuletta magica che poi corre di bocca in bocca, per tutte le ubertose contrade del bel paese, in bocca ad un popolo imbesuito. Ha scritto quel grande, geniale viaggiatore inglese che ha nome George Robert Gissing (1857-1903) nel Suo celeberrimo “Sulle rive dello Jonio” (1901): Tutte le colpe degli italiani sono perdonate appena la loro musica risuona sotto il loro cielo. E poi, dopo aver dismessa la pietistica benevolenza aggiungere una annotazione sociologica che ha resistito al tempo: È un paese stanco e pieno di rimpianti, che guarda sempre indietro, verso le cose del passato; banale nella vita presente e incapace di sperare sinceramente nel futuro.(…). È legittimo condannare i dirigenti dell’Italia, quelli che s’incaricano di plasmare la sua vita politica e sconsideratamente la caricano di pesi insopportabili.

giovedì 3 aprile 2014

Cosecosì. 74 Se si vuol far morire il sapere critico.



Scrive Tomaso Montanari su “il Fatto Quotidiano” di ieri 2 di aprile – “Il consenso che odia la cultura” -: Al sapere Renzi oppone il plebiscito: i professori avranno studiato, ma lui ha il consenso. Poco importa se il consenso è quello delle primarie (consultazioni private a cui ha partecipato una quota minuscola di elettori), se è al governo senza essere stato eletto, se questo Parlamento è legalmente eletto, ma forse non proprio legittimato a cambiare la Costituzione. E poco importa se si sta facendo di tutto per far passare la riforma con i due terzi delle Camere, e dunque per evitare di consultare, con un referendum, il popolo sovrano del quale ci si riempie la bocca. Invece di discutere, Renzi preferisce scagliarsi contro Rodotà e Zagrebelski con un tono che ricorda queste parole del primo discorso alla Camera di Mussolini capo del governo (16 novembre 1922): “Lascio ai melanconici zelatori del supercostituzionalismo il compito di dissertare più o meno lamentosamente”.