Ritorno all’impegno che
mi sono dato e mi ritrovo con una “nota per la stampa” del 17 di
agosto ultimo che il carissimo Nicola Sabatino Ventura - Coordinatore Area
“Questione Meridionale PD” e Consigliere Comunale del gruppo PD al Comune di
Catanzaro - mi ha fatto cortesemente pervenire. Lo ringrazio. Colgo nella Sua “nota”
quelle sensibilità a me tanto care e sulle quali vado da tempo scribacchiando
in forma e contenuti non esaustivi. Del resto le problematiche che Nicola
solleva fanno parte di quel corredo di sensibilità e di interessi che corredano
la formazione di “quellichelasinistra” sentono come quel qualcosa connaturato
alla propria visione della vita nonché dell’essere, in questo mondo ed in questi
tempi travagliati e di passaggio verso approdi che ancor oggi si stenta
d’immaginare, di pensare. D’intravvedere non se ne parla proprio. È per la
congeria di tali motivi che l’approdo a nuove forme sinora impensate ed
inesplorate di organizzazione sociale e politica deve essere posto prontamente
nell’agenda della “Politica” che abbisogna di riprendere urgentemente il Suo
ruolo di esplorazione e di guida del corpo sociale, senza abdicare in nessuna
forma ed in nessuna misura, al ruolo di indirizzo che nella società complessa,
nella quale siamo chiamati a vivere, non può essere demandato ad una soltanto
delle “parti” in campo. Intendo dire che, aver lasciato campo libero
alla economia, espressasi negli ultimi decenni nella forma socialmente pericolosa
della economia esasperatamente finanziarizzata, ha tolto alla “Politica” stessa
il primato che le compete. Scrive infatti Ventura:
Bisogna prendere atto che questa
società del libero mercato, della finanza, del capitalismo senza limiti, che ha
ucciso la politica, si è rivelata fallimentare e pericolosissima sotto ogni
aspetto, per la stragrande maggioranza delle persone, ma anche per gli esseri
viventi tutti, basta guardare cosa si fa dell’ambiente, della natura,
utilizzati anche loro per il profitto. A ben ragione si ha da pensare a
come quei problemi indicati nella “nota” siano scomparsi dall’agenda
politica di quelle forze che a quei problemi hanno da sempre indirizzato le
forze migliori e fornito le elaborazioni scientifiche e di pensiero più interessanti.
C’è del marcio nell’utilizzare la “grande crisi” come specchietto per
le allodole che distolga lo sguardo della collettività da quei problemi che
Ventura giustamente sente come abbandonati. Come se la “grande crisi” non
comportasse anche un aggravamento delle condizioni ambientali nella troposfera,
mentre al contempo le grandi forze speculative continuano ad alterare gli equilibri
nella continua ricerca di un immediato tornaconto economico. Cosa si lascerà
alle generazioni future? Ancor meglio specifica il Suo pensiero Ventura laddove
scrive che “c’è bisogno di un nuovo pensiero di sinistra in Italia ma anche
altrove, che, nel proporre i valori storici, interpreti la contemporaneità e
contrasti l’attuale modello di sviluppo. Non si governa la contemporaneità nel
chiuso di un territorio, se pure nazionale, dunque una sinistra italiana,
europea e internazionale. D’altronde oggi il governo del capitale, delle
banche, della finanza è sostanzialmente globale. Un grande laboratorio politico
e culturale della sinistra è dunque, urgente. Eppure
non sono mancate, negli anni appena trascorsi, le grida d’allarme sugli
inquietanti scenari che il “capitalismo della finanza” andava
costruendo con pervicace determinazione. In “Capitalismo in crisi” il sociologo Richard Sennett – in una intervista
rilasciata a Giuliano Battiston e pubblicata sul quotidiano l’Unità del 7 di
aprile dell’anno 2012 – sosteneva: «Lo sa qual è una delle caratteristiche
peculiari del capitalismo moderno? È quella di isolare le persone, affinché non
si sentano reciprocamente responsabili». (…). Per molti cittadini (…) la crisi
economica, e la difficoltà di trovare qualcuno che se ne assuma almeno in parte
la responsabilità, sembrano dimostrare una tendenza del capitalismo finanziario
(…): l’abdicazione all’autorità da parte del potere. Ci spiega meglio? «Il
divorzio tra potere e autorità funziona come un meccanismo difensivo per non
dover rendere conto agli altri delle proprie decisioni, e riflette la
caratteristica peculiare del capitalismo moderno: isolare le persone, affinché
non si sentano reciprocamente responsabili. Questa abdicazione viene praticata
con la scusa che sia il sistema a operare in quel modo e che quello che
ciascuno fa non sia moralmente imputabile. Tuttavia, nel corso dei miei studi
su Wall Street mi sono reso conto che persino lì esistono altre forme di
capitalismo, che definirei patrimoniali, laddove i “capi” rivendicano il
diritto di essere obbediti proprio perché si assumono la responsabilità di
prendersi cura dei dipendenti. In Germania questo modello alternativo di
capitalismo è molto diffuso, e forse lo è anche nel nord Italia, dove il patron
rivendica la sua autorità e il dovere dell’obbedienza in virtù di un rapporto
diverso da quello meramente contrattualizzato e monetario». (…) «…diversamente
da altri teorici del capitalismo moderno credo che oggi si assista a una
crescente rigidità e burocratizzazione delle relazioni sociali, che le rende
“povere”. La capacità “artigianale” di collaborare, di cooperare, dovrebbe
essere modellata sul principio dialogico, ma oggi è impedita dal capitalismo
moderno. (…).». Una anticipazione di Richard Sennett della intuizione
che Ventura esplicita nella “nota” nella forma seguente: Una
società che fa dell’uomo un oggetto funzionale solo alla realizzazione del
profitto (per pochi contro tutti gli altri) e da eliminare, senza scrupoli,
quando non serve più allo scopo, è una società disumana, la cui organizzazione
deve essere rivista profondamente. C’è bisogno di sinistra. (…). Per
inoltrarsi in una analisi che non fa una piega: Gli strumenti di governo
mondiale, europeo e nazionale sono abbondantemente superati e inadeguati. Non
ha più importanza se il Pil aumenta di poco, se la borsa tiene o avanza, se lo spread
scende, perché ogni loro variazione nulla modifica di sostanziale in meglio i
livelli di qualità della vita per la gran parte degli esseri umani, compreso
gli europei e gli italiani. È un mondo “governato” con paradigmi superati e
cattivi. Gran parte delle persone, oramai, vive male e senza speranza: molti sono
tornati indietro nella qualità della vita e hanno una grande paura, in
particolare le nuove generazioni, del futuro. Così, dobbiamo dirlo, non è
possibile andare avanti; nessun pannicello caldo potrà risolvere problematiche
di portata storica. Le disuguaglianze profonde, che l’attuale sistema “obbliga”,
caccia nella povertà o nella bassa qualità di vita anche chi aveva conquistato
un relativo benessere. Se è vero che viviamo una crisi di sistema, bisogna pur
pensare, nell’interesse di tutti, alle necessarie modifiche strutturali. Bisogna
definitivamente prendere atto che questa è sempre più una società ingiusta.
C’è, allora bisogno di un nuovo grande pensiero, capace di rimettere al centro
dell’attenzione e del fare della politica, il governo delle persone. L’uomo
deve recuperare la titolarità dei diritti sanciti nella Costituzione italiana,
ma anche nelle risoluzioni dell’ONU e dell’Europa. Il mercato, la finanza, i
grandi monopoli, l’attuale organizzazione degli Stati e del mondo ha relegato
la politica a un ruolo secondario e subalterno; si pone all’ordine del giorno l’urgenza
di ridare piena e particolare titolarità alle istituzioni dei cittadini. (…). C’è
bisogno di recuperare i suoi valori, quelli laici e progressisti, quelli che
fanno della persona il centro dell’interesse e dell’impegno politico, sociale e
culturale; è necessario recuperare, attraverso il governo dei cittadini e per i
cittadini, tutte le iniziative utili per un sostanziale cambiamento al fine di
soddisfare, il più possibile, i bisogni vecchi e nuovi dell’umanità. Questa
contemporaneità di alta tecnologia e possibilità inimmaginabili, anche
opulenta, deve essere diversamente governata, perché possa assicurare una vita
migliore a tutti. (…). È troppo tutto ciò per il rientro dalle vacanze?
Non è difficile pensare che tra breve saremo “nel bel mezzo di un gelido
inverno”.
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