“Era d’estate” – canta quel
magistrale menestrello che fa nome Franco Battiato – “tanto tempo fa”. L’estate
della “grande crisi” che i “pinocchietti” ciabattanti per le assolate
contrade del bel paese non dimenticheranno facilmente. L’estate che, nella
lungimiranza dell’arrembante primo ministro, avrebbe dovuto verificare il
rilancio dei consumi a tutto spiano dei tanti “pinocchietti” sereni ed
abbronzati. Tutt’altro. Ché le gelide, ridicole secchiate stupidamente riversate
pro nobile causa sono di già divenute un pallido se non osceno ricordo. Per non
dire del gelato golosamente leccato a mo’ di sberleffo all’intero mondo di “gufi”
e “rosiconi”.
Di un’estate che volge ineluttabilmente al suo termine. “Era d’estate” che i
tronfi proclami inondavano l’immoto aere nel mentre i “pinocchietti” migravano
sconsolati verso le assolate spiagge. È che passata l’estate della “grande
crisi” e senza ancora i freschi refoli di un autunno prossimo i tantissimi
“pinocchietti” interpellati sembrano aver voglia di voltare pagina. Scrive
infatti il professor Ilvo Diamanti sul quotidiano la Repubblica del 12 di
settembre - “Il PD resta al 41% Renzi perde
15 punti” -:
Il PD di Renzi, il PdR, cioè, oggi appare, in parte, “normalizzato”.
Non è più in grado di attingere consensi da tutti i principali settori dello
spazio elettorale, ma è divenuto un soggetto politico di centrosinistra, più di
centro che di sinistra. Come il suo leader. Come il premier. Che, per questo,
non piace più, come prima, a centrodestra, ma neppure agli elettori
maggiormente spostati a sinistra. Né, a maggior ragione, agli elettori del M5s.
Chiariamo: la posizione del premier e del governo appare ancora solida. Il
consenso per il governo, infatti, tocca il 54%. Mentre la fiducia nei confronti
di Renzi è intorno al 60%. Tantissimo, non c’è dubbio. Soprattutto in confronto
agli altri leader, molto lontani, per grado di confidenza. E quasi tutti in
declino. Segno di una certa stanchezza politica che pervade la società. La
differenza, rispetto agli ultimi sei mesi, è che neppure Renzi e il suo governo
“personale” riescono a sottrarsi a questa tendenza. Anzi. La fiducia nei loro
confronti, infatti, subisce un calo di circa 15 punti rispetto a giugno. Ché
tutti i “pinocchietti” nel dopo estate si siano iscritti d’ufficio ed in massa al
partito dei “gufi” e dei “rosiconi”? A presto il “Rodomonte”
de’ noantri li accuserà di tradimento e di non capite un bel nulla. Ma tant’è. È
che è ben facile montare e spargere a piene mani illusioni e promesse. Da ben
venti anni hanno governato illusionisti e prestidigitatori. Ma i nodi vengono
ben presto al pettine, come suol dirsi, facilitati dalla pochezza del presente.
È che misurarsi con il reale è prova improba per i facilitatori di speranze che
poggiano sul nulla. Scrive ancora Ilvo Diamanti nel Suo puntuale commento al
primo sondaggio Demos&Pi post-feriale: Le ragioni di questo sensibile calo sono diverse
e prevedibili. Anzitutto, la crisi, che non riduce la pressione sul reddito
personale e familiare. Poi, la delusione. D’altra parte, c’è un’evidente
distanza fra le attese dei cittadini e le priorità del governo. Che, fin qui,
ha privilegiato le riforme istituzionali. La fine del bicameralismo perfetto (e
del Senato), la legge elettorale. Ora: la giustizia. Che, tuttavia, come emerge
dal sondaggio dell’Atlante Politico, non suscitano grande passione, fra gli
elettori. Molto più interessati, invece, alle riforme che riguardano il mercato
del lavoro, il rilancio dell’occupazione, l’adeguamento delle pensioni più
basse, il sistema scolastico, il fisco. Naturalmente, Renzi ha scelto la via
delle riforme istituzionali e del sistema elettorale per poter, comunque,
rivendicare dei risultati, dopo pochi mesi di governo. Ma anche per creare le
condizioni favorevoli per “governare”, in futuro. E per andare a elezioni, in
tempi non troppo lontani, con regole che permettano la formazione, in
Parlamento, di maggioranze stabili. Il calo della popolarità del premier e del
governo, (…), sottolinea come l’apertura di credito degli elettori non sia
infinita. È appunto sul cosiddetto “credito”, accordato dagli elettori
non direttamente all’arrembante primo ministro in una contesa politica
nazionale ma accordato in tutt’altro scenario quale è stata l’elezione del
Parlamento Europeo, che bisognerebbe spendere due parole. A partire da quel
perfetto tocco da imbonitore o venditore di piatti: cioè, dopo aver
furbescamente giocato la carta risultata vincente degli 80 € da destinare allo
scialo ferragostano. Un “credito” che è inficiato dai numeri
stessi di quella elezione europea, laddove quel 40,8% rappresenta, per
l’appunto, il 40,8% di una sola metà del corpo elettorale che si sia premurata
d’andare nei seggi elettorali. Ma il Rodomonte di turno non ne ha voluto tenere
conto e brandisce ed agita quel risultato al pari di una invincibile
durlindana. “Era d’estate tanto tempo fa”. Che poi era solamente l’altro
ieri. E poi ancora quel “credito”. Donde viene? Si è detto
dell’abbaglio artatamente creato con gli 80 dobloni. Un ben diverso maestro
dell’arrembante c’era riuscito tanti lustri addietro. Ma anche questa volta il
tintinnio di quegli 80 dobloni ha dato la spinta giusta. Ma quel tintinnio si è
spento da un pezzo. Ed un greve silenzio è calato sulle assolate contrade del
bel paese. Scrive ancora Ilvo Diamanti: (…). …come si è detto, la fiducia personale
nel premier e nel governo ha subito una brusca discesa. La spiegazione
“politica” di questo ridimensionamento è comprensibile osservando le tendenze
del consenso nei diversi elettorati di partito. Lo scorso giugno, dopo le
elezioni europee, il gradimento per Renzi e il governo risultava, infatti,
trasversale. Solo fra gli elettori del M5s, infatti, era molto sotto alla
maggioranza. Ora, invece, resta larghissimo nella base del PD – prossimo al 90%
- e fra gli elettori centristi e del NCD. Ma crolla in tutti gli altri settori.
Soprattutto a destra: nella base di FI e degli altri partiti di centrodestra.
Oltre che del M5s (dal 36% a 20%). Oggi, dunque, Renzi appare ed è un leader di
centrosinistra, alla guida di un governo di centro-sinistra. E ciò significa
che il PDR non può più prescindere dal PD. Il leader ha bisogno del partito,
per governare e per imporsi, in caso di elezioni. Anche se il partito – il PD –
ha bisogno di Renzi per affermarsi. Per non scivolare di nuovo al 25%. E
qui vien fuori la cecità degli arrampicatori e degli illusionisti. Spentosi il tintinnio
dei dobloni i “pinocchietti” votanti hanno ripreso la via del non ritorno
approdando, in un veloce batter di ciglia, verso le sponde politiche amiche di
provenienza. Il risultato? Che senza altri dobloni da far scintillare sotto il
sole natio quel “credito” andrà ritenuto già perso. Per non dire di quelli che
hanno costituito lo “zoccolo duro” del Partito Democratico, schifati dalla
avventuristica politica del Rodomonte ed irrimediabilmente persi alla
discoverta avvenuta della reale natura del Rodomonte al governo. Cosa ne
rimarrà di quel partito? Boh! Ha scritto Marina Valcarenghi su “il Fatto
Quotidiano” del 25 di agosto ultimo – “Noi
che cerchiamo i salvatori” -: Da noi arrivano uno dopo l’altro, qualche
volta insieme, i salvatori della patria. Negli altri paesi governano, rubano,
amministrano e litigano come fanno di solito quelli che prendono il potere, ma
non si convincono di salvare la gente, così almeno la gente si salva. Da noi
no, piovono i redentori, quelli che "arrivo io e...miraaacoloo!" e
chi lo diceva facendoci fare le guerre, chi inciuciando con la mafia, chi
rapinando il bottino, chi adesso ridendo e scherzando, dandoci una mancia e
scippandoci il Senato, chi urlando come Tarzan e inneggiando al fiorino con la
bava alla bocca. Ma che cos’è, la maledizione di Montezuma? No, credo che sia
colpa nostra, di noi come popolo. Loro la smetteranno di fare finta di salvarci
quando noi la smetteremo di volerci fare salvare. Perché indignarsi se li
cerchiamo fra i peggiori venditori di pentole? Poi, quando stiamo andando a
picco, mandiamo via il vecchio imbonitore e ne accettiamo uno nuovo
(quest’ultimo non l’abbiamo nemmeno scelto noi). Forse è ora di capire che i
salvatori non esistono. Noi Italiani dovremmo fare una rivoluzione nel nostro
cranio per trasformarci da sudditi in cittadini, per capire che questo paese è
nostro e nostra la responsabilità nei suoi confronti e che lo possiamo amare e
difendere come amiamo e difendiamo la nostra casa. È vero: 100 anni fra
fascismo, Dc e Berlusconi non aiutano, ma io non vedo altra via che insegnare
alla giovani generazioni a prendersi la responsabilità della politica, a
conoscerla, a saperla maneggiare, a distinguere chi sa e vuole lavorare da chi
fa il gioco delle tre carte. E a ricordare che la società è divisa in classi,
anche oggi. E intanto? Bonino, Spinelli, Flores, Rodotà, Viale, Ovadia, per
esempio... e se noi volessimo votare loro e non questi pericolosissimi puffi?
Ma ci siamo proprio dimenticati delle piazze? Nella nostra storia ogni volta che
ci siamo andati qualche cosa è cambiato. Ecco, per l’appunto.
Aspettando sempre un “salvatore” di turno. Un bluff. Chiude il Suo commento
Ilvo Diamanti così: (…). …dopo sei mesi di corsa, Renzi deve fare più attenzione. Al
partito, agli elettori, alle parole, ai risultati. Senza riassumere e
sovrapporre governo e comunicazione. Già, ma non è alla sua portata. So
già che questo post non piacerà alla mia cara amica M.B.; anche questa volta so
già che non aprirà la mia e-mail. Si deprimerebbe. Ha atteso con ansia il nostro nuovo “salvatore”. Pazienza!
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