Prendiamola alla larga. Le
circostanze straordinarie lo impongono. E mi va di ricordarVi “Lo strano caso del dottor Jekyll e del
signor Hyde” – “Strange Case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde”, lettura giovanile
molto diffusa - che è datata, la lettura intendo dire, all’anno del signore 1886.
È, quel celeberrimo romanzo, di un tale a nome Robert Louis Stevenson nativo
dell’Edimburgo di sempre. Perché prenderla così alla larga? Andiamo con calma.
O, come suol dirsi in altri ambiti, “calma e gesso”, poiché all’esperto giocatore
del biliardo che si appresta ad effettuare un tiro importante o di difficile
esecuzione, abbisogna di valutare con calma la situazione, e per fare ciò,
prendendo in esame la posizione delle biglie e quant’altro occorra, continua a
strofinare con il gesso il girello, ossia la punta della stecca, la quale, impregnandosi
di gesso, aumenta il suo attrito con la biglia permettendo così, all’esperto
giocatore, di controllarne il tiro ed imprimerne gli effetti desiderati. Ed
allora, si voleva dire, che quell’opera divenuta immortale fa a buon merito
parte di quella nutrita pattuglia di grandi classici che gettano uno sguardo
penetrante - ed allarmante al contempo - sul mondo del fantastico e dell’irrazionale,
che esistono e coesistono dacché il mondo è il mondo che si apre ai nostri
occhi, in tutti i tempi dei tempi. Ha rappresentato, quell’opera stevensoniana,
il culmine dell'indagine – non so quanto scientificamente valido ed
apprezzabile - sulla scissione della personalità degli esseri umani. Ed oltre
non mi avventuro nella disamina dell’opera dianzi citata. Ora sentite questa,
giacché siamo nel fantastico e “sentire” Vi sarà certamente
impossibile – ma siamo anzi nel paranormale, diamine! -: (…) …il portavoce della Sala
Stampa Vaticana, (…), ha dichiarato che dalla sera del 28 febbraio prossimo Joseph Ratzinger non sarà più
infallibile. Ora, se è già difficile capire come un essere umano possa giungere a essere infallibile, forse ancora
più difficile è comprendere come possa all’improvviso cessare di esserlo.
(...). Il passo che ho appena trascritto – in grassetto ed in corsivo –
è stato ripreso da una riflessione del teologo Vito Mancuso – “L’infallibilità con la scadenza” –
pubblicata sul quotidiano la Repubblica all’indomani del “grande rifiuto” del
vescovo di Roma. Ne ho già scritto nel post precedente. 128 anni dallo Stevenson
e dal Suo caso di sdoppiamento della personalità non sono bastati affinché si
rendesse chiaro ai più come la ragione e la razionalità non possano coesistere
con la fede. È un’operazione impossibile. Ed in questa operazione si è
cimentato, negli anni, il dimissionario vescovo di Roma, cercando in tutti i
modi di piegare la realtà e le leggi che la governano ai dettami della sua
verità parziale, della sua fede di parte. Un’impresa ostica assai, impossibile
a parer mio. Dacché, forse, ne è derivato il suo stato di stanchezza. E quindi
l’abbandono. Continua l’illustre pensatore – Vito Mancuso, teologo e cattolico
per giunta -: E ha sottolineato che l’infallibilità “è connessa al ministero petrino,
non alla persona che ha rinunciato al Pontificato”. L’attuale pontefice cioè è
infallibile in quanto papa Benedetto XVI, perché, da papa, gode della
particolare grazia legata al suo stato
di Romano Pontefice, che la teologia chiama precisamente “grazia di stato”. Non
è per nulla infallibile invece in quanto
individuo di nome Joseph Ratzinger, il quale, da uomo come noi, può sbagliare
nelle cose ordinarie della vita, per
esempio nei giudizi sulle persone (e non penso ci possano essere dubbi sul
fatto che su qualcuno dei collaboratori
non abbia sempre visto giusto), nei giudizi politici, e persino in quelli
biblici e teologici. Condivido in pieno il titolo che si è voluto dare alla
riflessione: siamo in presenza di una “infallibilità con la scadenza”. E
non mi si dica che, posta in tali termini, la questione non divenga un fatto da
ascrivere al “paranormale”! Che sfida la comune intelligenza! È una tale
forzatura che trascina tutti nell’assoluta irrazionalità. È la fede il luogo per
eccellenza del paranormale e dell’irrazionalità? Urge una risposta. Scrive
Luciano Violante su “la Repubblica” del 14 di luglio dell’anno 2000: Contrappongo
una visione laica ad una visione ideologica (o di fede n.d.r.). La
visione laica esamina il reale per quello che è, ne coglie la complessità,
riflette sulle cause degli accadimenti, lo valuta sulla base del principio di
responsabilità e del primato della dignità umana. La visione laica non è meccanicistica
e non si risolve nella seminagione del dubbio. La visione laica si sforza di
capire le cause dei fenomeni e di incidere su di esse. La visione laica ha
fiducia nell’uomo e crede che la pedagogia valga più della coercizione. La
visione laica non crede nella punizione come medicina del mondo, ma la connette al principio di responsabilità
individuale come fondamento della convivenza civile. Queste semplici,
incontrovertibili “verità” – senza l’orpello dell’assolutezza, della superiorità
e della unicità - sono state il “credo” con il quale ho identificato
il mio essere e con il quale ho costruito ed indirizzato la mia vita. Ogni
tanto ritorno a rifletterci su. Ha continuato a scrivere Luciano Violante: La
visione ideologica (o di fede n.d.r.) parte invece da parametri
precostituiti per costringere tutto il reale dentro quei modelli. La visione
ideologica demonizza o angelizza, reprime o perdona. Sono facce della stessa
medaglia che si fondano su una interpretazione del reale che prescinde da esso
perché se ne disinteressa, essendo interessata ad altro (…). E
spostando allora – si era nell’anno 2000 – il Suo sguardo nell’ambito della
vita politica, concludeva: La politica, nelle sue fasi di debolezza,
sposa l’interpretazione ideologica del reale. Creando così una
commistione tra l’agire nell’ambito della laicità e la sfera
confessional-religiosa che determina i guasti più profondi e laceranti nelle
comunità degli umani. Ritorno alla riflessione del teologo Vito Mancuso, che ne
traccia un profilo storico. Scrive infatti: L’infallibilità che spetta al
Romano pontefice è il penultimo dei dogmi dichiarati dalla Chiesa cattolica.
Venne proclamato dal Concilio Vaticano I con la Costituzione dogmatica Pastor
aeternus del 18 luglio 1870,
in un’Europa che il giorno dopo avrebbe visto lo scoppio
della Guerra francoprussiana tra il Secondo Impero francese e il Regno di
Prussia e in una Roma che quasi già preavvertiva l’arrivo delle truppe
piemontesi pronte a dare l’assalto alla capitale dello Stato pontificio. Il papa
regnante era Pio IX, che sei anni prima aveva pubblicato una vera e propria
dichiarazione di guerra al mondo moderno, il famoso Sillabo ossia raccolta di
errori proscritti. Ad essere assediata quindi, prima ancora che lo fosse la
capitale dello Stato pontificio, era la mente cattolica, che assisteva
all’inarrestabile processo che l’andava privando di quel primato morale e
spirituale che deteneva da secoli. Si spiega così il desiderio di accentramento
attorno alla figura del papa e del suo primato da cui scaturì il dogma
dell’infallibilità pontificia. È pensabile che alla luce di quegli
scenari politico-sociali che hanno determinato le scelte di allora e
l’affermazione di “verità” dichiarate indiscutibili, nell’ambito di una sola fede
religiosa, possano trovare rispondenza ed ascolto, quelle “verità”, nell’uomo del
secolo ventunesimo? Come è possibile invocare una stevensoniana “verità”
in un mondo sempre più disincantato? A meno che la credulità della cosiddetta
gente sia da ascrivere “di natura” quale elemento pregnante
della psiche della maggior parte degli umanoidi. La qualcosa lascerebbe ben
poco da sperare nel futuro del genere umano. Conclude la Sua riflessione il
teologo Vito Mancuso: E che per la fede cattolica non si tratti di
un semplice optional, ci ha pensato il Vaticano I a renderlo chiaro: “Se poi
qualcuno, Dio non voglia!, osasse contraddire questa nostra definizione: sia
anatema”. Anatema, per chi non lo sapesse, è sinonimo di scomunica. (…). È
credibile oggi un dogma come quello dell’infallibilità papale? A mio avviso
esso finisce piuttosto per allontanare dal sentimento religioso. Io penso
infatti che per la coscienza sia la stessa nozione di infallibilità a risultare
oggi improponibile, quando le stesse scienze esatte si dichiarano consapevoli
di presentare dati sempre sottoposti a possibile revisione e come tali
dichiarabili solo “non falsificati” e mai assolutamente veri. Viviamo in
un’epoca in cui la stessa nozione teoretica di verità risulta poco credibile,
tanto più se si tratta di verità assoluta, dogmatica, indiscutibile. (…). Ed
è quanto giunge a conforto di un sano sentire laico.
Nessun commento:
Posta un commento