Scrive Curzio Maltese sull’ultimo
numero – 22 di febbraio 2013, “La
tangentopoli bis di un paese ipocrita che sa solo assolversi” - del
settimanale “il Venerdì” di Repubblica: (…). Il primo luogo comune è che sia tutta
colpa della casta. Un manipolo di politicanti piovuti da Marte e non eletti da
nessuno che ogni volta, all’insaputa del popolo, s’impadroniscono della cosa
pubblica e la depredano. Questa spiegazione gode di enorme successo presso un
popolo abituato da secoli a elemosinare un ego te absolvo. La verità meno
gloriosa è che in Italia esiste una cultura della legalità debolissima, un
terzo dell’economia in nero, vaste zone controllate dalle mafie e un quaranta
per cento d’italiani che non pagano le tasse alle spalle degli altri. Perché
mai dovremmo esprimere una classe dirigente di rigore calvinista? Il sistema è
corrotto, di conseguenza gli individui. (…).
Scrivo queste poche righe ad urne ancora aperte – sono le 14,50
-. Poi sarà un profluvio di parole, un bla bla bla assordante e debordante che
ci sommergerà per giorni e giorni, con un crescendo di confusione indotta nei
pensieri che solo un inequivocabile risultato elettorale potrebbe evitarci.
Sarà possibile sperare in quest’ultimo scenario auspicato ed invocato? Leggendo
la prosa di Curzio Maltese è vana speranza. Ma una speranza inattesa si è
accesa al ricevimento di una e-mail del carissimo fra’ Nazareno, il contenuto
della quale propongo di seguito dopo aver operato un necessario intervento per
contenerne le inutilità propagandistiche della scrivente. È la cronaca di una
corrispondenza tra una senatrice uscente e riproposta alla carica ed uno dei
tanti “preti giusti” che ancor oggi è possibile rintracciare nelle
sperdute contrade italiche. Un “prete giusto” che oppone anch’egli “un
gran rifiuto” che è cosa ben diversa assai dall’ultimo “gran
rifiuto” avvenuto nei sontuosi palazzi del potere clericale. Un rifiuto
da “uomo
libero”, molto più libero del dimissionario vescovo di Roma, avendo
opposto il “gran rifiuto” a quel potere secolare al quale la congrega di
quel palazzo ha offerto, per lustri e lustri e ad ogni pie’ sospinto,
riconoscimento e comprensione al prezzo di innominabili baratti. La lettera di don
Gianfranco Formenton, prete, illumina come d’incanto – per quanto tempo ancora
prima della disillusione? - un’attesa postelettorale sull’esito della quale il “pessimismo
della ragione” lascia pochissimi spazi per scenari che siano diversi. È
anche con il concorso della “chiesa”
di quei “preti giusti” che un rinnovamento etico potrebbe essere ancor
possibile nel bel paese
Perugia, 8 febbraio 2013
Gentile Parroco, mi sono decisa a
scrivere questa lettera ai pastori del popolo cristiano dell’Umbria perché,
dopo cinque anni trascorsi in Senato, so con certezza che nei primi mesi della
prossima legislatura dovranno essere affrontati in Parlamento parecchi
argomenti che riguardano temi etici importanti e delicatissimi. Mi riferisco,
tra le altre, alle disposizioni sul “fine vita” (chi non ricorda il caso Englaro),
alla legge sul matrimonio per le coppie omosessuali, all’adozione di bambini
nelle stesse coppie omosessuali, alle problematiche sull’uso degli embrioni,
all’apertura all’aborto eugenetico (che, di fatto, si va già diffondendo).
Sui
temi etici (…), a differenza di altri partiti, il PdL è stato sempre unito e
coerente, perché composto da molti cattolici e da altri che si definiscono
‘laici adulti’, la cui formazione culturale e politica è in ogni caso
improntata al rispetto di tutti i valori non negoziabili. (…). È
necessario che nel futuro Parlamento ci sia un numero di persone sufficienti a
non far passare leggi contro la famiglia, l’uomo e la sua vita. Io mi sono
impegnata e mi impegnerò in questo senso. Per questo chiedo anche il Suo
sostegno e ringrazio per tutto quello che riterrà di fare. Devotamente saluto,
A** U***** candidata PdL al senato.
Spoleto 12 febbraio 2013
Gentile Senatrice, ho ricevuto la
sua lettera “ai pastori del popolo cristiano dell’Umbria” e ho deciso di
risponderle in quanto “pastore” di una parte di questo popolo al quale
recentemente il Card. Bagnasco ha raccomandato, dopo alcune eclatanti ed
astrali promesse elettorali, di non farsi “abbindolare”. Vedo che nella sua
lettera lei parla in gran parte dei cosiddetti “temi etici” che lei riferisce
unicamente ai luoghi comuni che tutti i politici in cerca di voti e consensi
toccano quando si rivolgono ai cattolici: il fine vita, le unioni omosessuali,
gli embrioni, l’aborto… (…). Ma rivolgendosi ai “pastori del popolo cristiano”
lei dovrebbe ricordare che tra i valori non negoziabili nella vita, nella vita
cristiana e soprattutto in politica entrano tutta una serie di comportamenti di
vita, di etica pubblica e di testimonianza sui quali non mi sembra che il
partito di cui lei fa parte né gli alleati che si è scelto siano pienamente
consapevoli. Sarebbe bello stendere un velo pietoso su tutto ciò che riguarda
il capo del suo partito sul quale non credo ci siano parole sufficienti per
stigmatizzarne i comportamenti, le esternazioni, le attitudini pruriginose, le
cafonerie, le volgarità verbali che costituiscono tutto il panorama di
disvalori che tutti i pastori del popolo cristiano cercano di indicare come
immorali agli adulti cristiani e dai quali cercano di preservare le nuove generazioni.
Sarebbe bello ma i pastori non possono farlo perché lo spettacolo indecoroso
del suo capo è stato anche una vera e propria “modificazione dei valori di
fondo della nostra società” (come lei dice) operata anche grazie allo
strapotere mediatico che ha realizzato una vera e propria rivoluzione (questa
sì che gli è riuscita) secondo la quale oramai il relativismo morale, tanto
condannato dalla Chiesa, è diventato realtà. (…). Un’idea di vita irreale ha
devastato le coscienze e i comportamenti dei nostri giovani che hanno smesso di
sognare sogni nobili e si sono adagiati sugli sculettamenti delle veline, sui
discorsi vacui nei pomeriggi televisivi, sui giochi idioti del fine pomeriggio
e su una visione rampante e furbesca
della politica fatta di igieniste dentali, di figli di boss nordisti, e
pregiudicati che dobbiamo chiamare onorevoli. Oltre a questo lei siederà nel
Senato della Repubblica insieme a tutta una serie di personaggi che coltivano
ideologie razziste, populiste, fasciste che sono assolutamente anti cristiane,
anti evangeliche, anti umane. Mi consenta di dirle francamente che il Vangelo
che i pastori annunciano al popolo cristiano non ha nulla a che vedere con
ideologie che contrappongono gli uomini in base alle razze, alle etnie, alle
latitudini, ai soldi… e, mi creda, mentre nel Vangelo non c’è una sola parola
sulle unioni omosessuali, sul fine vita e sull’aborto… sulle discriminazioni,
sul rifiuto della violenza e su una visione degli altri come fratelli e non
come nemici ci sono monumenti innalzati alla tolleranza, alla non
violenza, all’accoglienza dello
straniero, al rifiuto delle logiche della furbizia e del potere. Mi dispiace,
gentile senatrice, ma non riterrò di fare qualcosa né per lei, né per il suo
partito, né per i vostri alleati, anzi. Se qualcosa farò anche in queste
elezioni questo non sarà certo di suggerire alle pecorelle del mio gregge di
votare per quelli che mi scrivono lettere esibendo presunte credenziali di
cattolicità. Mi sforzerò, come raccomanda il cardinale, di mettere in guardia
tutti e di non farsi abbindolare da certi ex-leoni diventati candidi agnelli.
Se le posso dare un consiglio, desista da questa vecchia pratica democristiana
di scrivere ai preti solo in campagna elettorale e consigli il suo capo di
seguire l’esempio fulgido del Papa. Sarebbe una vera opera di misericordia nei
confronti di questo popolo. don Gianfranco Formenton
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