E poi c’è, come la definisce Ezio
Mauro – sul quotidiano la Repubblica -, “l’irruzione della modernità”, che
leva alta la voce e vede, forse, nell’atto del vescovo di Roma, “…la
tentazione superba di ribellarsi alla volontà di Dio, che per la Chiesa porta
attraverso lo Spirito Santo i cardinali in conclave a scegliere il Papa
realizzando un disegno celeste. La razionalità e la fragilità, combinandosi
insieme nella ragione che prende atto della debolezza, possono scombinare ciò
che Dio ha disposto attraverso l’illuminazione dello Spirito? (…). Può
un uomo, nella sua fragilità, opporsi ad un “disposto” di Dio? È la
domanda che i tanti si pongono – ci poniamo - in queste ore. Ché non sia la
teutonica arroganza di un fine intellettuale prestato ad una missione pastorale
che sente non più sua? E poi ci sono i turiferari “de’ noantri”,
soprattutto tra quelli dell’antipolitica al potere, che mai si sognerebbero di
abbandonare gli scranni conquistati, anche quando la decenza lo richiederebbe a
furor di popolo, che agitano i turiboli fumanti d’incenso parlando di scelta
coraggiosa, di grandezza dell’uomo, alcuni, sfrontatamente, di rivoluzione,
parlando a sproposito di quel vescovo di Roma che si era fatto conoscere da subito
in quel di Ratisbona, che aveva corteggiato i seguaci di Marcel
François Lefebvre che annoverano tra le proprie schiere scalmanate dichiarati
antisemiti, negatori della Shoah, che aveva osteggiato subdolamente il Concilio
Vaticano Secondo prescrivendo ed incoraggiando il ritorno alle pratiche
celebrative preconciliari. C’è tutto questo che si diffonde nell’aria
carnascialesca quasi a fare da controcanto a tutto quanto avviene in questi
giorni, nelle piazze di Bengodi, piene di baldoria sciocca e senza fine. Da
domani è quaresima. Per nostra salvezza. Alcuni diranno della stanchezza
dell’uomo. Troverei invece più giusto, e per rendere l’onore con le armi della
verità, di parlare semmai di gesto di “responsabilità”.
Grossa cosa la “responsabilità”, ché da queste parti non trova dimora accogliente. Ha scritto Tobias Jones, nel Suo più
volte citato “Il cuore oscuro
dell’Italia”: “… il cattolicesimo ha a che fare, nel bene
e nel male, con l’obbedienza; il protestantesimo, nel bene e nel male, con la
responsabilità. Nell’uno, il risultato maggiore è la sottomissione a un capo
cristiano; nell’altro, la sottomissione a una coscienza cristiana individuale. Per
l’Italia questo implica una continua delega: facciamo parte di una gerarchia e
guardiamo all’insù verso i nostri superiori. È una catena alimentare verticale.
L’Italia è un Paese che fa assegnamento sull’intervento di intermediari. Ci liberiamo
dalla necessità di prendere decisioni perché qualcuno, più in alto di noi, le
ha prese al nostro posto”. L’obbedienza non ha bisogno della “responsabilità”.
E così avviene che, un gesto responsabile, divenga grande, rivoluzionario,
straordinario. È che questo paese disastrato non ha metro alcuno per misurare
la “responsabilità”
grande che necessita agli uomini del potere, di qualsivoglia potere. E poi ci
sarebbe l’uomo del quale parlare. E mi viene di farlo ripensando al bellissimo
film di Nanni Moretti “Habemus papam”.
È che ho trovato sempre, nelle opere cinematografiche di Nanni Moretti, come
delle profezie. Nanni ha sempre anticipato la realtà. Lo ha fatto in quella
interminabile partita di pallanuoto - “Palombella
rossa” (1989) - quando, con lo struggersi di Michele Apicella precorre i
tempi dello sgretolamento del muro di Berlino e delle rovine che quello
sgretolamento comporterà nella coscienza di ogni militante di quel tempo. Lo ha
fatto quando con “Caro diario” –
1993 – ed ancor più in “Aprile” -1998
– riflette sulle condizioni del bel paese che si avviava alla estenuante
esperienza dei governi dell’egoarca di Arcore. Per non dire del “Caimano” – 2006 – con il quale
precorre gli anni raffigurando lo “sfiguramento” sociale e l’involuzione
politica e dei costumi che subirà il disastrato paese. Ma, per tornare al
vescovo di Roma ed al suo gran rifiuto d’oggi, mi sento di riproporre - in parte - quanto ebbi a scrivere
all’uscita del film in un post che è del 21 di aprile dell’anno 2011. (…). Giganteggia
la figura di Michel Piccoli, che riesce ad umanizzare straordinariamente il
ruolo che gli è stato affidato. È Michel Piccoli e la Sua figura di papa ad
avere fatto vibrare il “registro”
delle mie emozioni e ad avermi fatto pensare a quello straordinario lavoro
letterario che è “L’avventura di un
povero cristiano” di Ignazio Silone. Un accostamento inevitabile. L’appena eletto
papa di Nanni ha l’aspetto bonario di un padre, anzi del “padre” tout-court,
così come anche un non credente si augurerebbe d’incontrare. È, il papa di
Nanni Moretti, l’uomo moderno che avverte la complessità del mondo odierno; è,
il papa di Nanni Moretti, l’uomo moderno con le sue contraddizioni e le sue
ansie per un messaggio religioso, del quale è portatore, che stenta ad entrare
in sintonia con la vita vissuta, messaggio che crea spesso una cesura tra la
propria appartenenza confessionale ed il proprio stare nel mondo complesso qual
è divenuto oggigiorno. Ed avviene che, al manifestarsi del suo tentennamento a
divenire il successore di Pietro sull’alto soglio, nell’imbarazzo dei potenti
porporati del palazzo, nello sconforto che il suo tentennamento induce negli
animi più semplici che lo circondano, egli si accordi un tempo per una
necessaria “scansione” del suo animo
e, contrariamente a quanto il palazzo ingenuamente pensa, riesce a sfuggire ai
preposti alla sua sorveglianza ed invece di rinchiudersi a pregare, come lo si
vuole immaginare, si avventura nella città vissuta, nelle sue caotiche strade,
ne scruta le pieghe più riposte e solo così trova, alla fine, una risposta,
anzi la risposta convinta che gli spiana il passo al grande “rifiuto”. È nel mondo che vive,
anziché in un “pregare” solitario e lontano dal mondo che vive, che il papa di
Nanni trova la forza per sostenere coscientemente l’inadeguatezza della sua
persona. Un messaggio forte, che chiama in causa e rende “relative” e più in
sintonia col tempo tesi e prassi di un “credo” che resiste affannosamente allo
scorrere impietoso del tempo. Straordinario. (…). Ecco, il papa di Nanni
Moretti trova la “sua” verità andando in giro tra gli uomini, per le strade del
mondo, come fece anche l’uomo di Nazareth che non creò chiesa alcuna. È
forse questa la “verità” più che umana che sta dietro a questo inaspettato,
moderno “gran rifiuto”? O che forse esso, il “gran rifiuto”, vuole
essere una pubblica denuncia dell’inadeguatezza della istituzione chiesa? Sono
convinto che si continuerà a parlare di “stanchezza” dell’uomo venuto dal
nord, dalla terra di Lutero, dalla terra nella quale padroneggia la “responsabilità”
personale e collettiva. Fa comodo a tutti parlare della “stanchezza”
dell’uomo. Intanto ha squinternato gli assetti, ha scombinato i giochi di
potere. I corvi rientrano nei pertugi. Non volano più. E forse, da questo punto
di vista, bisognerebbe essergliene grati. Assai. Da non credenti.
Ciao, Ticomunico il mio voto: Ingroia
RispondiElimina